“Al 3 gennaio 2019 i detenuti in 41bis erano 748, 19 in più del gennaio 2018 e 161 in più del 31 dicembre 2008”
Il regime ex art. 41bis O.P.
La riflessione su questo particolare regime è vastissima a causa della sua storia, del suo sviluppo e delle sue criticità. In questo contesto si tralascerà, nonostante non sia di minore importanza, la questione della legittimità costituzionale di questo regime, per concentrarsi su alcune novità recenti.
Una di queste è stata l’ultima circolare del 2017 firmata dall’allora Capo DAP Santi Consolo (n. 3676/6126 del 2/10/2017), che aveva l’intenzione di “ottenere una regolamentazione omogenea” del regime in tutti gli istituti in cui sono presenti detenuti in 41bis. Tuttavia, come la precedente del 2009, anche la novella del 2017 contiene alcune disposizioni poco chiare che hanno spinto la Casa Circondariale di Sassari a richiedere l’interpretazione di tali norme. Come riferito dal Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale, il DAP ha risposto a questa richiesta con un’interpretazione delle disposizioni in senso restrittivo e ha inviato i chiarimenti tramite una comunicazione non ufficiale a tutti gli istituti in cui viene applicato il regime. Di fatto, l’ultima circolare non ha modificato in maniera sostanziale la precedente e ha deluso le aspettative di quanti avevano chiesto di modificare tutte quelle disposizioni che non sono legate allo scopo del regime stesso.
Al 3 gennaio 2019 i detenuti in 41bis erano 748, 19 in più del gennaio 2018 e 161 in più del 31 dicembre 2008.
“Una delle maggiori criticità relative a questo regime è la presenza delle cosiddette “aree riservate””
lo scopo di questo regime è quello di recidere i contatti fra le organizzazioni criminali e i detenuti. A tal fine numerose limitazioni vengono imposte alla corrispondenza, ai colloqui, alle telefonate e alla comunicazione con altri detenuti. Tuttavia vengono imposte ulteriori limitazioni ai detenuti sottoposti al 41bis benché queste non abbiano alcuna attinenza con lo scopo del regime stesso.
Richiamiamo in queste poche righe alcune delle criticità.
I detenuti sono a volte sottoposti al regime speciale fino alla fine della loro pena. Ciò significa che queste persone sono etichettate come pericolose per la società (perché ritenute capaci di mantenere legami con l’organizzazione criminale di appartenenza) fino al giorno in cui riacquistano la loro libertà. Questa prassi, oltre a essere paradossale, impedisce di intraprendere un percorso di graduale reinserimento del detenuto nella società libera.
Una delle maggiori criticità relative a questo regime è la presenza delle cosiddette “aree riservate”, zone in cui sono rinchiusi i detenuti al 41bis che hanno delle posizioni particolarmente importanti all’interno delle organizzazioni criminali di appartenenza. In queste aree degli istituti penitenziari (14, in cui al 3 gennaio 2019 risultavano ristrette 51 persone) i detenuti sono soggetti a un regime ancora più rigido e il loro “gruppo di socialità” è composto da solo due persone. Di conseguenza, quando uno di loro deve scontare una sanzione disciplinare, l’altro la subisce automaticamente.
I circuiti Alta Sicurezza
I circuiti di Alta Sicurezza sono stati riorganizzati in una circolare, la n. 3619/6069 del 21 aprile 2009, che ha diviso l’Alta Sicurezza in tre sottocircuiti: Alta Sicurezza 1 (A.S. 1) in cui sono collocati i detenuti per cui non è stato rinnovato il decreto di applicazione del regime 41bis; l’Alta Sicurezza 2 (A.S. 2), in cui sono custoditi “soggetti imputati o condannati per delitti commessi con finalità di terrorismo, anche internazionale, o di eversione dell’ordine democratico mediante il compimento di atti di violenza”; infine, Alta Sicurezza 3 (A.S. 3), in cui si trovano i detenuti che hanno rivestito un ruolo di vertice nelle organizzazioni criminali dedite allo spaccio di stupefacenti (ex art. 4-bis co. 1°, fatte salve le deroghe fissate nella circ. Dap n. 20 del 19 gennaio 2007).
Tipologia Circuito | Capienza | Presenti |
ALTA SICUREZZA 1 | 287 | 297 |
ALTA SICUREZZA 2 | 77 | 94 |
ALTA SICUREZZA 3 | 6650 | 8795 |
TOTALE | 7014 | 9186 |
Fonte: nostra elaborazione su dati Inaugurazione dell’Anno Giudiziario 2019
“La classificazione in gran parte dei casi avviene, secondo le parole della circolare, automaticamente, ovvero in base al titolo di reato di un detenuto”
Anche la circuitazione Alta Sicurezza pone diverse problematiche, fra cui la classificazione, la declassificazione e il mancato controllo giurisdizionale.
La classificazione in gran parte dei casi avviene, secondo le parole della circolare, automaticamente, ovvero in base al titolo di reato di un detenuto senza effettuare alcuna valutazione sulla pericolosità individuale. Vi sono poi altri detenuti individuati dall’Amministrazione che non vengono inseriti sulla base del delitto, ma sulla base “di altri elementi a suo carico” per cui possa “essere ritenuto organicamente appartenente all’associazione mafiosa”1) lett. d) della circolare DAP n. 20 del 9/01/2007.
La problematica principale della declassificazione riguarda, come nel caso del 41bis, il dover provare l’assenza di contatti con l’organizzazione criminale di appartenenza. Essendo formulata al negativo, la difficoltà sta nel dimostrare che qualcosa non esiste. Chiaramente le unità investigative dimostrano molto più semplicemente la presenza di legami con tali organizzazioni mentre i detenuti si trovano a corto di mezzi per dimostrarne l’assenza. Per procedere con la declassificazione, l’istituto penitenziario in cui è ristretto il detenuto deve inoltrare alla Direzione Generale Detenuti e Trattamento la proposta di declassificazione con allegate alcune informazioni fornite dalla Direzione Distrettuale Antimafia e volte a indicare la persistenza di contatti con l’organizzazione criminale.
Il mancato controllo giurisdizionale è legato alla fonte legale che istituisce il circuito: essendo infatti un provvedimento amministrativo, non è possibile impugnarlo di fronte ad alcun tribunale.
Il regime ex 14bis: sorveglianza particolare
La sorveglianza particolare è un regime introdotto con l’articolo 14bis O.P. e regolato dagli articoli 14bis, ter e quarter O.P.. Possono essere sottoposti a questo regime i detenuti “a) che con i loro comportamenti compromettono la sicurezza ovvero turbano l’ordine negli istituti; b) che con la violenza o minaccia impediscono le attività degli altri detenuti o internati; c) che nella vita penitenziaria si avvalgono dello stato di soggezione degli altri detenuti nei loro confronti”. Il regime ha una durata di sei mesi la prima volta e può essere rinnovato per non più di tre mesi. Nonostante il regime non sia per sua natura punitivo, ma preventivo, una circolare DAP del 2011 suggerisce che il regime venga utilizzato per punire anche “isolati illeciti disciplinari” poiché ricorda alle amministrazioni di applicare le sanzioni disciplinari adeguate.
Una delle problematiche del regime riguarda il cumulo delle restrizioni che possono essere imposte ai detenuti: l’esclusione dalle attività in comune, la partecipazione alle attività educative, ricreative, culturali e sportive. L’articolo 20 O.P. inoltre proibisce ai detenuti sottoposti alla sorveglianza particolare di partecipare alle attività lavorative. L’imposizione di tutte queste restrizioni può portare il detenuto a essere sottoposto a un isolamento continuo che la legge tenderebbe ad escludere. A volte i detenuti al 41bis vengono anche sottoposti al regime 14bis, restringendo ulteriormente le loro già limitate possibilità.
References
1. | ↑ | lett. d) della circolare DAP n. 20 del 9/01/2007 |