ANTIGONE ONLUS

per i diritti e le garanzie nel sistema penale


La newsletter di Antigone è a cura di Nunzia Bossa e Patrizio Gonnella - Numero 9 (Aprile 2004)

 

                                          In questo numero:                                          

 


 

In questo numero manca le sezione
'Brevi' a causa di un
inconveniente tecnico.
Ce ne scusiamo con i lettori.

 


 

L’EDITORIALE: Europa e diritti

di Arturo Salerni

La vittoria della sinistra spagnola alle elezioni politiche di marzo rilancia con forza le possibilità di approvazione entro il semestre in corso (sotto la presidenza irlandese) del trattato costituzionale europeo, sulla base del testo predisposto dalla Convenzione presieduta da Giscard d’Estaing. Si tratta di un salto in avanti del percorso di costruzione dell’Unione, che a partire dal primo maggio vede il suo allargamento a dieci nuovi membri, dopo lo stop imposto da Spagna e Polonia nel corso della conferenza intergovernativa dello scorso dicembre. L’Europa dei venticinque, un’Europa a più velocità, nel suo faticoso e spesso contraddittorio percorso costituente – percorso che probabilmente non si concluderà con la firma del trattato – si afferma comunque come un soggetto non eliminabile dalla scena politica, come fonte di regole e norme che sempre di più incidono negli ordinamenti dei singoli Stati membri. Per la prima volta (per la concomitanza della vicenda dell’allargamento, del fattore euro, del processo di costituzionalizzazione in atto e del dibattito che ha attraversato il continente in ordine alla collocazione internazionale dell’Unione in occasione della vicenda irakena) le elezioni del Parlamento europeo che si terranno a giugno acquistano un forte significato politico, che va ben al di là delle vicende politiche dei singoli paesi.

Certo è che da parte delle forze sociali e democratiche, dei movimenti, non si è avviato ancora un percorso comune per giungere ad una visione nuova dell’Europa, ad un punto di vista avanzato sul suo processo di costituzionalizzazione, né vi sono state ancora vere riflessioni e mobilitazioni comuni dei diversi attori sindacali, associativi, politici nella direzione di una sfida per un’Europa della pace, dei diritti sociali, delle libertà, per una spinta in senso autenticamente democratico del grande e decisivo processo storico in atto. Ancora una volta questo grande ed inedito percorso storico è stato (ed è, con le sue contraddizioni, i suoi limiti, le incertezze che esso determina) prodotto da gruppi ristretti, da circoli limitati ed elitari. E’ ancora una volta un trattato a definire competenze ed ambito di azione dell’Unione, saranno ancora dei trattati (nell’impostazione del testo redatto dalla Convenzione) a regolare la revisione costituzionale, in un percorso in cui gli Stati (signori dei trattati) restano l’elemento determinante dei processi decisionali, legislativi, politici e costituzionali. L’Unione dotata di un sistema di norme  che ha il primato, con diverse modalità, sul diritto statale, non è più un’associazione di Stati ma non è ancora una federazione, con un Parlamento dotato di poteri in ordine alle procedure di revisione costituzionale. Ma, nonostante ciò, il vero valore aggiunto del percorso costituzionale avviato sta nel fatto che il documento comune associa la nascita di un nuovo soggetto ad una tavola di valori fondamentali e grandissimo può essere l’influenza della nuova Unione se essa riuscirà ad impersonare principi e valori sui quali fondare un ordine internazionale nel quale possano trovare riconoscimento i diritti individuali e collettivi.

Non si è affermato a livello continentale un movimento di lotta per la democrazia costituzionale europea, per limitare attraverso la fissazione di principi, valori, competenze il primato del mercato, per un pieno sviluppo democratico dell’Unione. Né ancora si è espressa con forza una critica alla parte III del trattato costituzionale: essa non fa che recepire, con semplici adattamenti lessicali, a volte peggiorativi, l’intero testo dell’attuale Trattato CE. Né ancora si è mosso un movimento per rivendicare la democratizzazione della procedura legislativa con la conseguente affermazione della centralità del Parlamento europeo, per la fine del monopolio di iniziativa legislativa da parte della Commissione europea, per introdurre forme di iniziativa legislativa popolare; per superare la commistione tra potere esecutivo e legislativo che caratterizza attualmente il Consiglio europeo. Insomma non si è ancora aperta una battaglia democratica europea per rivendicare la costruzione vera di istituzioni democratiche, pur essendo ormai evidenti (nonostante il fallimento della Conferenza intergovernativa dello scorso dicembre) che molte delle decisioni che condizionano la vita dei singoli stati membri dell’Unione sono adottate in sede europea. La vita democratica interna dei singoli stati è cioè fortemente condizionata in tutti i campi dalle scelte adottate da organismi la cui legittimazione democratica appare insufficiente.

La democrazia non è solo metodo decisionale (ovvero non si tratta soltanto di individuare chi decide e come decide), è anche affermazione di valori validi per tutti, che siano vincolo e limite per l’azione di tutte le istituzioni e gli organismi politici. Si tratta cioè di assumere valori che siano sottratti alla disponibilità della maggioranza,  a garanzia dei diritti e delle libertà delle persone, le quali devono essere poste nelle condizioni di esercitare la propria autonomia e di sviluppare il proprio progetto di vita senza intrusioni arbitrarie. La questione della determinazione di questi valori, e la loro declinazione anche nel senso dei diritti sociali, è quindi questione essenziale nel processo di determinazione di un nuovo ordinamento costituzionale.

Il primo comma dell’art.1 della prima parte della proposta di trattato costituzionale lega ancora la cittadinanza dell’Unione alla cittadinanza di uno Stato nazionale membro, e nella parte III della proposta si delineano le politiche securitarie nei confronti dell’immigrazione. Si concepisce in tal modo una “democrazia europea” dimezzata ed in fondo anche razzista, che definisce chi è cittadino e chi no: non può essere considerata democratica una società che attribuisce uno status inferiore a milioni di persone che vivono e lavorano in Europa.  A tutti i migranti dovrebbero essere garantiti i diritti civili e sociali fondamentali. Il diritto di asilo andrebbe garantito ampliando la tipologia dei casi in cui esso va riconosciuto (dall’oppressione politica alle situazioni di guerra, di calamità e di disastri ambientali, alle persecuzioni causate dalle scelte sessuali, alle violazioni dei diritti della persone). E quindi l’obiettivo di una Europa multietnica e multiculturale, rispettosa dei diritti delle minoranze, passa attraverso una attenta lettura del testo in discussione ed è attraverso la battaglia sul contenuto del trattato costituzionale che può concretizzarsi ed avanzare il percorso verso un’Europa quale laboratorio della nuova cittadinanza.

La riflessione sul ruolo e i limiti del diritto penale nel nostro ordinamento, sulle garanzie processuali e sui limiti che l’ordinamento può porre alla sfera delle libertà individuali, sugli standards e sulle finalità dell’esecuzione penale e della limitazione della libertà personale in questa chiave e nello scenario che sempre più va delineandosi, debbono essere necessariamente affrontate con riferimento al quadro normativo (costituzionale ed ordinario) europeo. Il diritto penale minimo, le garanzie nel processo e nell’esecuzione della pena, la riduzione del peso del carcere nella vita sociale, sono temi ed obiettivi che vanno declinati sul piano della complessa costruzione dell’ordinamento dell’Unione.

E’ per queste ragioni che Antigone dedica al rapporto tra costruzione europea e diritto penale l’assemblea del 2004. E’ ora di superare un approccio tutto basato sulle contingenze ed il piccolo cabotaggio, nel parlare di spazio giuridico europeo, di mandato di cattura, di introduzione di disposizioni aventi natura penale varate a livello europeo.

 

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OSSERVATORIO PARLAMENTARE

a cura di Francesca D’Elia

La Commissione lavoro dà parere negativo sulla proposta che istituisce il difensore civico delle persone private della libertà personale

“La XI Commissione, esaminato il testo unificato della proposte di legge C. 411 ed abbinate, recante “Istituzione del difensore civico delle persone private della libertà personale”; rilevando che l'ordinamento già prevede, a garanzia delle condizioni di detenzione nelle carceri, l'istituto del magistrato di sorveglianza cui si aggiunge il potere di visita di cui dispongono i parlamentari; ritenendo eccessivo che le indennità dei componenti del difensore civico siano equiparate al trattamento economico stabilito per il Presidente e i giudici della Corte costituzionale; considerando l'impatto amministrativo e di personale del testo unificato, cui si fa fronte con del personale fuori ruolo, senza farsi carico delle esigenze delle amministrazioni di provenienza, esprime parere contrario”.   

Questo, il parere espresso il 20 aprile dalla Commissione Lavoro sul testo che prevede l’istituzione del difensore civico per le persone private della liberta personale. Il relatore (on. Barbieri –UDC) ha sollevato il fatto che la vigente normativa già prevede, a garanzia delle condizioni di detenzioni nelle carceri, l'istituto del magistrato di sorveglianza, ed ha quindi sostenuto che l'istituzione del difensore civico in oggetto comporterebbe un inutile aggravio di costi per il bilancio dello Stato. Barbieri ha conseguentemente proposto un parere negativo, poi approvato dalla Commissione. Indubbiamente, questo “no” inciderà, purtroppo, sulla ripresa dell'iter del provvedimento in Commissione Affari Costituzionali.

Approvato a Montecitorio un emendamento della Lega che stravolge il  testo sul reato di tortura: le violenze e le minacce devono essere reiterate per essere considerate tortura!

In data 22 aprile, la proposta di legge che introduce il reato di tortura nel nostro ordinamento è stata stravolta nel corso dell’esame in Aula: al buon testo, che era assolutamente conforme alle indicazioni delle Nazioni Unite, e sul quale era stato trovato finalmente l'accordo in Commissione Giustizia (dopo circa due anni), è stata infatti apportata una modifica che indicherebbe nella reiterazione la “conditio sine qua non” per considerare tortura le minacce e le violenze. Solo “ un po’ ” di tortura non sarebbe propriamente tortura! Impunità, dunque, per il pubblico ufficiale se le violenze o le minacce usate nei confronti di soggetti sottoposti alla sua autorità non vengono reiterate; impunità destinata peraltro a diventare assoluta, in quanto il P.U. non sarebbe punibile neppure per i reati di percosse e di lesioni volontarie gravi o gravissime, pure previsti agli artt. 581, 582 e 583 del codice penale, ponendosi il reato di tortura come “norma speciale”, rispetto ai reati sopra menzionati.

 Il nostro Paese, dopo venti anni, aveva finalmente l’occasione di rendersi adempiente rispetto ai dettami degli organismi internazionali, proibendo la tortura nelle forme prescritte dall'Onu, ma neanche queste doverose norme sono state sottratte alle diatribe sulla giustizia che inquinano il dibattito nel nostro paese: una vergogna che fa seguito alla proposta di modifica della normativa sulla legittima difesa. In considerazione della “rivolta” delle opposizioni, dopo l’approvazione dell’emendamento, è stata avanzata la richiesta di rinviare il testo al Comitato dei 9 della Commissione Giustizia per un’auspicabile revisione del testo; ancora non è chiaro, però, quando la proposta di legge -speriamo modificata in tempi brevi- sarà reinserita nell’affollatissimo calendario dei lavori dell'Assemblea.

 

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La recensione: La pena di morte, una questione di principio di Antonio Marchesi - (Laterza, 2004)

di Patrizio Gonnella

L’abolizione della pena di morte è una questione di diritti umani. Nelle scorse settimane Amnesty International ha presentato i dati relativi alle esecuzioni registrate nel 2003. Nel rapporto si legge che nel 2003 Cina, Iran, Usa e Vietnam hanno totalizzato l’84% delle 1.146 esecuzioni accertate in 28 paesi. E i dati sulla Cina sono quanto meno in difetto visto che un parlamentare cinese ha recentemente affermato che nel paese vi sarebbero all’incirca 10.000 esecuzioni all’anno. Almeno 108 esecuzioni hanno avuto luogo in Iran, almeno 64 in Vietnam e 65 negli Usa. Nei restanti 63 Paesi, che ancora mantengono la pena capitale, vi sarebbero state  circa 2.756 condanne a morte.

Antonio Marchesi nel volume da poco in libreria La pena di morte, una questione di principio (Laterza, 2004) ricorda appunto sin dal primo capitolo come la pena di morte sia una questione di diritti umani, e in particolare attenga al diritto alla vita. Nonostante le timidezze internazionali e l’assenza di una presa di posizione abolizionista vincolante, il numero dei Paesi mantenitori è progressivamente diminuito. Oggi ben 77 Stati hanno abolito la pena di morte anche nei casi di crimini di guerra. Antonio Marchesi ricorda le ragioni di diritto, di fatto e di principio a sostegno delle tesi abolizioniste. Gli accordi internazionali abolizionisti sono al momento quattro stipulati sia a livello universale che a livello regionale (due in ambito europeo). Gli Stati Uniti, alleati in questa battaglia di retroguardia con Cina, Cuba, Iran e Singapore, sostengono che la previsione nell’ordinamento giuridico interno della pena di morte sia una questione che non riguarda il diritto internazionale. Si legge nella quarta di copertina che “la pena di morte non divide solo le coscienze ma anche gli Stati: Europa e Stati Uniti, i due volti del mondo occidentale, rappresentano le ali estreme di questo conflitto”. E proprio gli Stati Uniti continuano a fare giurisprudenza in negativo. Jens Soering, cittadino tedesco residente in Virginia, uccide in combutta con la sua fidanzata i genitori di quest’ultima. Vengono arrestati in Inghilterra. La Corte europea dei diritti umani di Strasburgo nega l’estradizione sostenendo che la detenzione nel braccio della morte in condizioni estreme, con l’angoscia sempre presente e crescente dell’esecuzione capitale, lo esponga a rischio inaccettabile di tortura. Pietro Venezia uccide in Florida l’agente delle tasse, fugge e torna nella sua Puglia. Qui viene arrestato. La Corte Costituzionale nega l’estradizione negli Usa in quanto vi sarebbe il rischio, seppur potenziale, della condanna a morte.

Il libro di Marchesi, che ricostruisce tutte le posizioni intorno alla pena di morte con uno sguardo prevalentemente internazionale, costituisce un’occasione importante per ridiscutere di diritti umani e sovranità nazionale. L’ingerenza umanitaria, la cui retorica ha pervaso le ultime guerre immorali e illegali, non tocca ancora i codici penali nazionali, che possono permettersi senza controlli sovranazionali di prevedere sanzioni e pene violative dei diritti fondamentali della persona.

 

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Intervista di Matteo Bartocci a Mauro Palma: La Camera decide se proibire la tortura *

a cura della Redazione

Parla Mauro Palma, del comitato per la prevenzione del Consiglio d’Europa: “Legge che va approvata al più presto”

Da lunedì 19 aprile la camera discuterà l'introduzione del reato di tortura (593-bis) nel nostro codice penale. Un provvedimento che molte associazioni, come Antigone e Amnesty International, giudicano necessario. Ne parliamo con Mauro Palma, membro italiano del Cpt, Comitato per la prevenzione della tortura del Consiglio d’Europa.

Come giudica questa legge?

Il provvedimento in discussione alla camera è un buon testo che riprende la definizione di tortura della convenzione Onu di 20 anni fa. E’ quindi positivo che dopo molte attese si adempia a quello che era uno degli impegni che la stessa Convenzione prevedeva. Data l’assoluta unicità di questo genere di maltrattamenti è necessaria una loro precisa definizione e una adeguata sanzione. E’ ora auspicabile che il parlamento si pronunci in tempi rapidi.

Non è una legge qualsiasi, il parlamento ha una grande responsabilità...

A livello internazionale l’Italia è stata spesso in prima fila su questi temi. Alla fine del 2002 ha approvato un protocollo aggiuntivo alla convenzione Onu del 1984 che permette al comitato anti-tortura delle Nazioni unite di visitare i luoghi di detenzione. E’ un potere decisivo che finora non era consentito. L’Italia lo ha firmato tra i primi paesi del mondo e ora lavora alla ratifica. Si tratta di un percorso importante perché il protocollo entrerà in vigore solo quando venti paesi l’avranno ratificato. E’ positivo che l’Italia intenda mantenere un ruolo di alto profilo.

Cosa prevede il protocollo Onu?

Si chiede che ogni stato istituisca un meccanismo interno di controllo affidato a un’autorità indipendente che abbia accesso a ogni luogo di privazione della libertà: non solo carceri, ma anche stazioni di polizia, centri di detenzione per immigrati, ospedali psichiatrici e così via. Il comitato Onu sarà un organismo che interagisce con quelli nazionali. Il trattato avrà quindi un riflesso immediato nella legislazione interna di ogni paese e si salda alla discussione avviata in parlamento sul difensore civico nazionale delle persone private della libertà.

Nel mondo la tortura è ancora praticata. Qual è la situazione?

Molti stati non hanno ancora ratificato le convenzioni internazionali che bandiscono la tortura. E le associazioni che si occupano della riabilitazione delle vittime segnalano che essa è praticata anche in paesi che vi hanno aderito. Questi maltrattamenti odiosi avvengono in molti paesi, nel nord come nel sud del mondo. E anche in stati di lungo corso democratico.

La “guerra permanente al terrorismo” rischia di rendere organismi come questo sempre più necessari...

Le scarse notizie sulle condizioni di detenzione in campi come Guantanamo lasciano sconcertati. Nel campo Delta le persone sono detenute in base all’ordinanza del presidente degli Stati uniti dal titolo “Detenzione, trattamento e procedimento nei confronti di alcuni ‘non cittadini’ nella guerra al terrorismo”. L’espressione “non cittadini” conduce direttamente a un tipo di diritto diverso tra chi è e chi non è cittadino di uno stato. In casi come questo l’ottimismo è del tutto fuori luogo, perché gli Usa, al pari di altre grandi nazioni come Cina e India, non hanno votato a favore del protocollo Onu contro la tortura e non l’adotteranno. Credo però che l’adozione a livello internazionale di un organo di questo tipo, basato su standard verificati sul campo e non solo enunciati in via di principio, sia un terreno di pressione sulle nazioni non firmatarie.

Guantanamo come il “buco nero” del diritto moderno?

Su Guantanamo la collettività deve riflettere fino in fondo. Per capire fino a che punto può spingersi la doverosa difesa che ogni stato deve attuare di fronte alle aggressioni e dove invece questa difesa collide con l’altrettanto assoluta tutela delle garanzie.

Che ruolo può giocare l'Europa in questo nuovo contesto?

Il nostro continente conserva un patrimonio da salvaguardare e da diffondere. Il Consiglio d’Europa ha creato fin dal 1987 un organismo specifico, il Cpt, comitato di cui faccio parte, che ha accesso ai luoghi di privazione della libertà in 45 paesi: dalla Federazione russa al Portogallo e dalla Turchia all’Islanda. Il Cpt è tenuto alla riservatezza su quanto rileva nelle proprie indagini, che può diventare pubblico solo con il dialogo con il governo interessato. E’ solo nella potestà del governo rendere pubblici i rilievi del comitato con le relative risposte. Ma a questo vincolo di segretezza si accompagnano poteri ispettivi quanto mai ampi: visite senza comunicazione preventiva alle autorità, colloqui in privato con le persone detenute, l’accesso ai fascicoli.

Ma se uno stato non vuole collaborare il Cpt non rischia di essere inefficace?

Di fronte uno stato che non esegue le raccomandazioni ricevute, il Cpt può rompere la riservatezza ed esprimere una dichiarazione pubblica. Recentemente è successo solo rispetto alla Federazione russa sulla Cecenia.

Quali erano i rilievi del Comitato sulla questione cecena?

Il Cpt ha denunciato il ritrovamento di una struttura di detenzione a Chernokozovo apparentemente informale, ma gestita sotto la responsabilità del governo dove, secondo accurate verifiche, alcune persone sono state sottoposte a gravi maltrattamenti e torture. Inoltre, in una fossa comune vicino Khankala sono stati ritrovati i corpi di alcune persone scomparse dopo l’arresto.

C’è il rischio che l’opinione pubblica approvi un atteggiamento più ‘lassista’ verso le garanzie individuali?

E’ purtroppo diffusa la tendenza a pensare che una qualche pressione fisica o un ‘agile’ superamento di garanzie fondamentali possano essere introdotte di fronte a particolari situazioni drammatiche. Sul piano internazionale lascia sconcertati l’apertura di un simile dibattito negli Stati Uniti. Ma anche in Germania, per esempio, si è concluso un mese fa il rinvio a giudizio del vice capo della polizia di Francoforte che aveva dato ordine di sottoporre a “pressioni fisiche” una persona accusata di aver rapito un bambino per sapere il luogo dov’era segregato. Il funzionario aveva anche richiesto l’ausilio di un istruttore di arti marziali e una supervisione medica durante gli interrogatori. Il caso, anche se avrebbe potuto registrare il consenso dell’opinione pubblica, rappresenta una rottura del divieto assoluto della tortura. Dopo l’11 settembre, moltissimi paesi hanno introdotto nuove norme anti-terrorismo molto restrittive.

In quali paesi, per esempio?

Il Regno Unito attua una legge approvata alla fine del 2001 che prevede la detenzione di stranieri sospettati di mettere a rischio la sicurezza o di essere terroristi internazionali, per un periodo indefinito e senza conferme del magistrato. Anche l’Europa, quindi, richiede un’attenta vigilanza.

Che può fare il Cpt?

Intanto conduciamo visite regolari nei luoghi di detenzione, che è già una differenza fondamentale con Guantanamo. In più chiediamo al governo di restringere il provvedimento a una situazione eccezionale. Altrimenti può intervenire l’alta corte di Strasburgo.

L’Europa lavora a una gestione comune dei “migranti”. Che ne pensa?

Spesso nei luoghi di detenzione per immigrati si osservano condizioni peggiori che nelle carceri. Anche per i richiedenti asilo, non tutti gli ordinamenti prevedono un limite temporale e garanzie definite per la permanenza, né il controllo dell’autorità giudiziaria. A volte la mancata possibilità di rimpatrio determina il passaggio di interi nuclei familiari da un centro all’altro. O perfino da un paese ad un altro.

 

*Tratto da Il Manifesto del 17/4/04

 

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Per una volta si può torturare (di Matteo Bartocci)*

a cura della Redazione

La Lega affonda alla camera il bando contro la tortura: “E’ proibita solo se reiterata”

Torturare una volta sola non è reato. E’ l’incredibile posizione su cui la Lega è riuscita a portare con un voto granitico tutta la maggioranza di centrodestra e, di fatto, ad affossare l’introduzione nel nostro codice penale di un reato che l’Italia, governo Berlusconi compreso, condanna a livello internazionale. E’ stata una seduta di fuoco quella di ieri a Montecitorio, che doveva decidere se mettere al bando la tortura. Una norma che era approdata in aula con un testo compiutamente ‘bipartisan’ che ricalcava alla lettera i trattati internazionali firmati e sottoscritti dal nostro paese in sede Onu. Ultimo dei quali un protocollo che amplia i poteri ispettivi delle Nazioni Unite firmato in pompa magna dal governo del Cavaliere alla fine del 2002. Nel clima forcaiolo degli ultimi mesi, la Lega è riuscita a far approvare (201 sì, 176 no e due astensioni) un emendamento con cui si stabilisce che le violenze e le minacce devono essere ‘reiterate’ per essere qualificate come tortura. Una definizione del tutto aliena dal diritto internazionale. L’opposizione è insorta e ha abbandonato l’aula. Il presidente della commissione giustizia di Montecitorio, il forzista Gaetano Pecorella, dopo il voto non ha nascosto il suo imbarazzo: “Devo dare atto - ha spiegato in aula Pecorella - che la scelta della commissione andava esattamente nel senso opposto e cioè di un parere contrario all’emendamento della Lega”. E quindi? “Poi c’è stata una decisione politica all’interno della maggioranza, che purtroppo è intervenuta tardivamente, ma di cui non abbiamo potuto non prendere atto perché una coalizione deve avere, o dovrebbe avere, caratteristiche di compattezza...”. Compattezza che dovrebbe far riflettere gli ex democristiani e gli sparuti ‘liberal’ azzurri, docilmente naufragati nelle pulsioni leghiste.

Dalle associazioni parole di fuoco: “Neanche queste norme di civiltà - commenta il presidente di Antigone Stefano Anastasia - sono state sottratte alle diatribe sulla giustizia che inquinano il dibattito nel nostro paese”. Anche Amnesty International, ovunque in prima fila in questa battaglia, si chiede con amarezza: “Quante volte occorrerà ‘torturare’ prima che si possa parlare di ‘tortura’?”. “Iniziamo male”, dice il presidente di Amnesty Italia Marco Bertotto. Mentre Sergio Marelli, presidente dell’Associazione delle Ong italiane non si trattiene: “Provo un senso di orrore e di vergogna. E’ un bell’esempio dell’Italia che vuole esportare la democrazia - dice Marelli - dopo aver tradito l’Onu con la missione in Iraq, il nostro paese tradisce quei valori che si basano sul rispetto della dignità umana, della libertà e del diritto internazionale”. Claudio Ciardullo, segretario del sindacato di polizia Silp-Cgil non esita a smarcarsi dalla propaganda leghista: “Respingiamo con sdegno l’idea che un qualsiasi atto di tortura, commesso anche solo una volta, possa aiutare le forze di polizia nell’esercizio delle loro funzioni. Chi intende fare passi indietro sul terreno della civiltà giuridica abbia almeno il buon gusto di non nascondersi dietro la polizia”. E l’Unione camere penali parla di “offensiva sconsiderata e illiberale contro i diritti umani e i principi costituzionali”.

Sconcerto, perfino genuina rabbia, dai banchi dell’opposizione. La diessina Anna Finocchiaro esplode di fronte a un’aula muta: “Dovreste vergognarvi. Non tanto perché avete mancato di rispetto agli accordi politici presi non solo tra di voi, ma anche con l’opposizione. Questo lo fate sempre. Ma dovreste vergognarvi perché con il voto di oggi mancate di rispetto alle migliaia di persone che ogni giorno vengono torturate. Vergognatevi per quello che siete e per quello che fate”. “State con i torturatori - urla il Verde Paolo Cento - oggi la maggioranza di centrodestra ha imposto a questa camera una delle pagine più vergognose della sua storia”. Cento attacca senza risparmio: “Non potevamo aspettarci di meglio dai leghisti che esprimono il ministro Castelli, che era a Bolzaneto e ha coperto le torture del G8”. Secondo Giuliano Pisapia di Rifondazione se il testo diventasse legge, “si creerebbe addirittura un inaccettabile arretramento rispetto alle norme attuali”. Parole che testimoniano che la misura è colma, che al giustizialismo leghista bisogna mettere un argine. Che non tutto è sacrificabile per la propaganda di un partito allo sbando.

Secoli di diritto inceneriti da un emendamento dell’onorevole Carolina Lussana. La camera approva.

 

* Tratto da Il Manifesto del 23/4/04

 

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Le Iniziative di Antigone

a cura della Redazione

Domenica 2 maggio 2004 - Antigone aderisce alla 'Million Marijuana March'. Il prossimo 2 maggio manifestazioni in centinaia di piazze in tutto il mondo, in Italia si scende in piazza a Roma; nella scorsa edizione oltre 200 città hanno partecipato all’evento. La M. M. M. si basa su tre semplici rivendicazioni uguali in tutto il pianeta: fine delle persecuzioni e scarcerazione immediata dei consumatori e coltivatori di marijuana; riconoscimento del diritto e accesso immediato all’uso terapeutico; diritto a coltivare liberamente una pianta che cresce in natura. L’Italia è nella M. M. M. dal 5 maggio 2001 con la campagna di auto denuncia di massa ‘Signor Giudice ho piantato un seme’. Per adesioni gica@inventati.org -  Infoline 339.3393589.

Martedì 4 maggio 2004 - Presentazione del Rapporto di ricerca del progetto Hippokrates II : Sviluppo urbano e criminalità a Roma - “Space urban development/expansion and crime”, coordinato dal Centro per il Diritto Costituzionale Europeo di Atene. L’appuntamento è fissato per le ore 17,30 presso la sala blu dell’ Assessorato alle Politiche per le Periferie, per  lo Sviluppo Locale, per il Lavoro del Comune di Roma, in Lungotevere de’ Cenci 5, II piano. Introduce e coordina Patrizio Gonnella. Intervengono Francesco Maria Battisti, Docente di Sociologia presso l’Università degli studi di Cassino; Giuseppe Cascini, Magistrato; Luigi Nieri, Assessore Politiche per le Periferie, per  lo Sviluppo Locale, per il Lavoro del Comune di Roma; Antonino Terranova, Docente di Progettazione urbana e architettonica - Prima facoltà di Architettura de “La Sapienza” di Roma. Conclude Massimiliano Bagaglini, curatore della ricerca e membro dell’Associazione Antigone.

Venerdì 7 maggio 2004 - A Padova presso il Palazzo del Bo - aula Nievo, si terrà il convegno internazionale intitolato “Quali politiche per la sicurezza?  Teorie, progetti e pratiche”. Ore 9.00-13.30 Giuseppe Mosconi, Università di Padova, introduce e coordina gli interventi di: Philippe Robert, CNRS di Parigi; Iñaki Rivera Beiras, Università di Barcellona; Vincenzo Ruggiero, Università di Middlesex, UK; Salvatore Palidda, Università di Genova; René van Swaaningen, Università di Rotterdam. Ore 15.00-16.00 presentazione di ricerche: introduce Francesca Vianello, Università di Padova, con relazioni di Dario Padovan, Università di Torino; Alvise Sbraccia, Università di Padova. Ore 16.00-19.00 tavola rotonda, coordina Giuseppe Mosconi, con interventi di: Sebastiano Arcoraci (Provincia di Padova), Cosimo Braccesi (Regione Emilia Romagna), Giuseppe Caccia (Comune di Venezia), Patrizio Gonnella (Associazione Antigone), Ivo Rossi (Comune di Padova), Piero Ruzzante (Deputato), Raffaele Zanon (Regione Veneto).

Venerdì 14 maggio 2004 - Assemblea Nazionale 2004 dell’Associazione Antigone: “L’Europa dei diritti. L’Europa delle pene”. Introduce Stefano Anastasia. Prima sessione (ore 9.30 – 11.30) ‘Sarà l’Europa la patria del diritto penale minimo?’, introduce e coordina Arturo Salerni, ne discutono: Anna Finocchiaro (Commissione Giustizia - Camera dei Deputati) e Adelmo Manna (Università di Foggia). Seconda sessione (11.30 – 13.30) ‘Diritti di chi? Diritti umani, politiche dell’immigrazione e controllo penale in Europa’, introduce e coordina Mauro Palma, ne discutono Alessandro battisti (Commissione Affari Costituzionali - Senato della Repubblica) e Eligio Resta (Università Roma Tre). Terza sessione (ore 15.00 – 17.00) ‘C’è un giudice in Europa? Verso quale giustizia nell’Europa dei 25?’, introduce e coordina Patrizio Gonnella, ne discutono Giancarlo Caselli (Procuratore Generale - Corte di Appello di Torino) e Giuliano Pisapia (Commissione Giustizia - Camera dei Deputati). Conclude Luigi Ferrajoli. L’assemblea si terrà a Roma presso la Sala del Refettorio della Camera dei Deputati, in Via del Seminario, 76.

 

Per adesioni e informazioni rivolgersi a: Associazione Antigone Onlus, Via Gustavo Modena, 95 - 00186 Roma. Tel./Fax: 065810299

 

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Brevi

a cura di Nunzia Bossa

- Tour guidato a L'Avana, dove per la prima volta da 18 anni a questa parte Cuba ha permesso a giornalisti stranieri di entrare in due carceri per visitare l'ospedale interno, viste le numerose critiche internazionali ricevute circa le condizioni dei detenuti ospitati nelle carceri cubane: pare che nell’ospedale in questione, quello del carcere maschile Combinado del Este alla periferia della capitale, ci fosse un forte un odore di vernice fresca…La Commissione diritti umani dell'Onu, intanto, si prepara a discutere a Ginevra la situazione cubana.

- Appello dell'Organizzazione sindacale autonoma di polizia penitenziaria (Osapp) rivolto al presidente del Consiglio Berlusconi e al ministro dell'Interno Pisanu, per istituire un commissario straordinario per la polizia penitenziaria, ed “aumentare il livello di sicurezza nelle carceri”. L’appello conteneva altresì un invito a un impiego operativo immediato dei 65 nuovi commissari che a breve finiranno il corso di formazione.

- Trovati due pacchi bomba nell'ufficio postale di via Arcelli a Roma indirizzati rispettivamente a Giovanni Tinebra, direttore del Dipartimento degli Affari Penitenziari (Dap) e a Sebastiano Ardita, direttore dell’ufficio detenuti e trattamento del Dap stesso. Entrambi gli ordigni sono stati disinnescati senza causare danni. Su uno dei due pacchi bomba come mittente veniva indicato un indirizzo inesistente, via Edoardo Massari. Gli inquirenti ne hanno dedotto un esplicito riferimento all’anarchico Massari, detto ‘Baleno’, suicidatosi in carcere a Torino il 28 marzo 1998.

- Il presidente del Senato, Marcello Pera, in apertura della cerimonia di inaugurazione dell'anno accademico dell'Istituto superiore di studi penitenziari, ha sottolineato che “Amministrare la giustizia non vuol dire solo accusare, difendere e giudicare, ma anche rieducare”. Pera ha aggiunto, inoltre, che alla polizia penitenziaria spetta il delicato compito della rieducazione, in quanto “Un detenuto non è solo un custodito da chi è solo un guardiano. Un custodito è una persona che ha piena dignità, che deve scontare la pena e va rispettato”. A tale proposito ha poi sottolineato l'importanza della ‘cultura della libertà’, perché “Si può e si deve essere liberi indipendentemente dal luogo in cui ci si trova, come ad esempio un carcere”. Immaginiamo che tutti i detenuti saranno ben lieti di assimilare questo concetto.

- Cinque albanesi, due detenuti per omicidio e tre per una rapina stile Arancia Meccanica sulle colline di Firenze, sono evasi dal carcere di Sollicciano (Fi) avendo a disposizione almeno 20 minuti per farlo. 20 minuti, infatti, è il tempo che impiega l' unica jeep della polizia penitenziaria in servizio di pattugliamento esterno per compiere un giro completo del muro di cinta del carcere. I cinque hanno scalato il muro senza troppi affanni e si sono dileguati verso la superstrada Firenze-Pisa-Livorno, dove probabilmente li attendeva un complice. Tra le altre cose il punto del muro esterno da cui si sono calati annodando alcune lenzuola -come da classica e romantica immagine- era completamente ‘buio’, in quanto le relative garitte di sorveglianze non erano presidiate. La scoperta dell' evasione è avvenuta quando l' equipaggio della vettura di sorveglianza esterna ha visto pendere dal muro le romantiche lenzuola. Come se non bastassero quelli già citati, un ulteriore evento favorevole ha assistito gli evasi: il guasto che da alcuni giorni aveva messo fuori uso il sistema di allarme antiscavalcamento, circostanza che fatto sorgere il sospetto che i cinque potessero aver avuto qualche soffiata dall' interno. Le ricerche degli evasi intanto continuano a ritmo serrato, al momento senza successo. I controlli effettuati dai carabinieri, in compenso, in poche ore hanno portato all’arresto di ben 28 persone e alla denuncia di altre 49.

- Il ministro della Giustizia Roberto Castelli in occasione dell’inaugurazione del nuovo carcere di Sant'Angelo dei Lombardi (Av) ha ribadito che il suo ministero si è attivato per sveltire gli iter burocratici e che sono state già avviate le gare d’appalto per la costruzione di 23 nuovi penitenziari in Italia, per cui è previsto un investimento di 1,2 miliardi di euro. Castelli ha ricordato, in maniera vagamente polemica, che per ricostruire il carcere di Sant'Angelo dei Lombardi dopo il terremoto dell'80, ci sono voluti 19 anni (…ah se sapesse che ci sono ancora tante persone che aspettano una casa,  piuttosto che un carcere, da quelle parti…). La chiosa finale del nostro ministro è stata: “Entro 10 anni il panorama dell'edilizia penitenziaria sarà completamente rivoluzionato”.

- A sua volta la vice di Castelli, il sottosegretario alla Giustizia Iole Santelli, a margine dell’ intitolazione del carcere minorile di Potenza al giurista lucano dell' Ottocento Emanuele Granturco ha affermato che “Nel campo della giustizia minorile siamo in una fase di completo rinnovamento. Il concetto è che l’ amministrazione centrale non sia più sentita dagli operatori come un passacarte, ma possa essere motore propulsore e possa utilizzare risorse non solo economiche, ma anche umane. Lo sforzo che stiamo facendo è rivoluzionario”.

- Donato Capece, segretario generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria (Sappe), teme l’approvazione da parte del Senato del ddl 1184 dell’on. Renato Meduri (AN) sulla  delega al Governo per la disciplina della carriera dirigenziale penitenziaria. Afferma Capece: “Il provvedimento garantirebbe a poche decine di persone uno sviluppo di carriera eccessivo e assurdo. I direttori di carcere hanno già fruito di notevoli benefici economici (un aumento di stipendio di 800 euro a testa) nell'ultima Finanziaria, mentre alle decine di migliaia di poliziotti penitenziari sono rimaste solo le briciole e le promesse”

- Un trentatreenne torinese invalido al 100%, qualche mese fa placidamente adagiato nel salotto del Maurizio Costanzo Show, aveva raccontato la sua tormentata storia fatta di crisi di narcolessia e indigenza, senza menzionare, giustamente, le sue travagliate vicende giudiziarie. L'uomo non aveva conosciuto il carcere, ma soltanto perchè la sua condizione non è compatibile con la vita carceraria, era stato sempre ai domiciliari. E fin lì. Il fatto è che quando si trova in libertà pare che la patologia non si manifesti e allora si dedica ai furti d’auto, senza neanche un colpo di sonno al volante! Certo però tanto sveglio non doveva essere quando non ha notato, mentre stava rubando un’auto ferma in un parcheggio di Aosta, una camionetta dei carabinieri che casualmente si trovavano nelle vicinanze...Prima del furto in questione pare ne avesse compiuto, nel pomeriggio, altri due. Nessun dorma.

- Un appello del Sindacato dei direttori e dirigenti penitanziari (Sidipe) all’ Unione Europea, affinché la qualità del regime carcerario punti ai modelli più avanzati e non ai meri ‘principi minimi’ fissati nella carta fondamentale, durante un convegno a Trieste. Il segretario nazionale del Sidipe, Enrico Sbriglia ha spiegato che “L’ ingresso di dieci nuovi Paesi, molti dei quali ex totalitari, nell’ambito europeo a partire dal primo maggio prossimo, nonché la crescente insicurezza indotta dal terrorismo internazionale fa temere un’involuzione verso regimi meramente coercitivi, un passo indietro rispetto ai progressi fatti finora verso un regime carcerario che sia al tempo stesso sicuro, ma anche umano, equilibrato e ragionevole”.

- “La proposta del ministro Castelli di modificare le norme sulla legittima difesa rischia di introdurre in Italia un modello di sicurezza sceriffesco”. Parola di Patrizio Gonnella coordinatore nazionale di Antigone. Gonnella  in una dichiarazione resa all’Ansa, ha così continuato: “Il diritto penale è una cosa seria non può rincorrere gli episodi di cronaca; non può essere influenzato dagli umori dell’opinione pubblica, altrimenti non vi sarebbero più certezze. Il rischio che si intravede è l’adesione ad un modello di sicurezza sceriffesco, dove tutti si potrebbero sentire legittimati a comprare e usare armi. In passato di episodi tragici nei confronti di innocenti proprio a Roma ce sono stati, uno per tutti il caso Re Cecconi. Tutti dovrebbero ricordare che la vita è un bene di valore gerarchico superiore alla proprietà privata”. Gonnella ha concluso affermando che “Nel caso del reato a Giardinetti, comunque, l’omicida sarebbe uscito 5 mesi più tardi. Prima o poi ci si sarebbe dovuto occupare di lui fuori dal carcere. E’ quindi ora di trattare la questione delle tossicodipendenze come un problema sociale e non penale, altrimenti continueremo a delegare impropriamente al carcere un ruolo che non gli spetta e che non riesce a ricoprire”

Infine per il ciclo ‘Professione pericolo’, questo mese proponiamo la rubrica ‘Gli incorreggibili’:

- Un detenuto di 22 anni alla sua prima licenza premio per buona condotta, è stato arrestato dai carabinieri a Potenza un paio d’ore dopo essere uscito. Il giovane, condannato a sette anni per tentato omicidio e in carcere da tre, appena fuori se n’è andato in centro a festeggiare in con alcuni amici; i problemi sono cominciati quando ha notato una ragazza di 17 anni che passeggiava con il fidanzato di 20, e ha cominciato a rivolgerle frasi oscene, quindi l'ha aggredita, palpeggiata, baciata; il fidanzato ha cercato di difenderla, e con lui il giovane detenuto è stato meno tenero, l’ha picchiato. I due fidanzatini sono poi riusciti a fuggire e a raggiungere il vicino comando provinciale dei carabinieri, dove hanno denunciato il fatto, fornendo una descrizione dell'aggressore. I militari hanno subito identificato il detenuto in permesso e lo hanno arrestato.

- Un altro campione di equilibrio ha resistito agli arresti domiciliari per soli due giorni, dopodichè è uscito di casa, tecnicamente è evaso, ha rubato un pullman di linea e ha imboccato all'impazzata la superstrada del Liri, procedendo pericolosamente a zig-zag e sfiorando più volte incidenti con altre auto, terrorizzando per una ventina di chilometri gli automobilisti in transito. L’uomo era stato arrestato solo due giorni prima, appunto, per detenzione di sostanze stupefacenti a fini di spaccio. Diversi sono stati i tentativi dei carabinieri di interrompere la sua folle corsa, ci sono riusciti con un posto di blocco. Questa volta il genio è finito dritto in carcere.

- Un palermitano di 46 anni con alle spalle una lunga serie di guai con la giustizia, in regime di liberazione anticipata con l'obbligo quotidiano di firma in Questura dopo aver scontato diversi anni di carcere per una serie di reati commessi in Sicilia, ha deciso di farla finita con la sua terra natia (magari pensava gli portasse male perché lo beccavano sempre) e si è trasferito a Bologna, dove abitano alcuni parenti. Era determinato a ricominciare tutto da capo da un’altra parte, letteralmente: pochi giorni dopo il trasloco, infatti, con il volto semicoperto da un berretto, è entrato nell'agenzia Carisbo a Piazza Maggiore e dopo avere piazzato sul bancone un sacchetto nero, ha intimato alla cassiera di consegnargli il denaro disponibile. E’uscito dalla banca con un bottino di 15.000 euro, un modo appena appena discreto di ricominciare. L'arrugginito ladro, però, salendo di corsa su un taxi per scappare, ha perso per strada circa 7.000 euro, poi è stato ricncorso dalla polizia, che dopo un breve inseguimento è riuscita a bloccarlo.

- A Campobasso un detenuto in licenza premio per trascorrere la Pasqua coi parenti, ha pensato bene di approfittare dell’occasione per  tentare un'estorsione ai danni di due fratelli commercianti ai quali si era presentato con una pistola alla cintola (scarica, mentre aveva sei proiettili per un’altra pistola, non si è capito perchè). I due fratelli lo avevano denunciato, e lui da quel momento aveva fatto perdere le sue tracce. E’ stato poi tratto in arresto per il possesso dell’arma, oltre che denunciato per la tentata estorsione. Nel frattempo, dal giudice di sorveglianza di Campobasso, gli era stato anche revocato il permesso: magari avrà qualche difficoltà in più ad ottenerne un altro in futuro.

- Laudovino De Sanctis, detto ‘Lallo lo zoppo’, la cui carriera criminale, che comprende furti, sequestri, omicidi ed evasioni spettacolari da Regina Coeli, ebbe inizio nei primi anni ’60, era stato condannato in via definitiva ben 11 volte. Tra le condanne anche un paio di ergastoli,  tutte sentenze poi cumulate in un unico corposo ergastolo. ‘Lo zoppo’ è rimasto in carcere finché il Tribunale di Sorveglianza di Firenze non gli ha concesso la detenzione domiciliare per motivi di salute, con un permesso giornaliero di due ore per potersi curare. Secondo quanto accertato dagli investigatori, invece, anziché curarsi, fuori spacciava insieme al fratello. Inossidabile, o per dirla alla romana -viste le origini laziali del Lallo- ‘de coccio’.

 

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