Stranieri

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1024 541 Un anno in carcere - XIV rapporto sulle condizioni di detenzione a cura di Associazione Antigone

Patrizio Gonnella

Stranieri in carcere: il grande bluff populista

Non c’è un'emergenza stranieri, non c’è correlazione tra i flussi di migranti – in vario modo e a vario titolo - in arrivo in Italia e i flussi di migranti che fanno ingresso in carcere.

Uno sguardo diacronico nel tempo aiuta la riflessione. Vediamo, dunque, cosa è accaduto negli ultimi quindici anni.

“Come si evince dai dati, man mano che passa il tempo dal suo insediamento in Italia, una comunità esprime un minor numero di detenuti al proprio interno”

Il patto di inclusione paga

A partire dal 2003, alla più che triplicazione degli stranieri residenti in Italia è seguita, in termini percentuali, una quasi riduzione di tre volte del loro tasso di detenzione.

Tasso di detenzione degli stranieri residenti

Fonte: nostra elaborazione su dati ISTAT e DAP

Tabella numero 1. Rapporto tra stranieri residenti e stranieri detenuti

AnnoNumero immigrati residenti in ItaliaNumero detenuti stranieriTasso di detenzione
20031464663170071,16%
20083023317215620,71%
20134387721218540,49%
2018 5047028198110,39%

Se nel 2003 su ogni cento stranieri residenti in Italia 1,16% finiva in carcere, oggi lo 0,39%. Un dato straordinario in termini di sicurezza collettiva che mostra come ogni allarme, artificiosamente alimentato durante la campagna elettorale recente, sia ingiustificato.

Negli ultimi dieci anni addirittura gli stranieri detenuti sono diminuiti in termini assoluti di circa due mila unità. Ciò è accaduto nonostante gli stranieri residenti siano invece due milioni in più rispetto a dieci anni addietro.

In sintesi il patto di inclusione paga. Esso assicura sicurezza. Ciò è particolarmente evidente guardando ad alcune comunità straniere insediatesi in Italia da più di dieci anni. Quanto avvenuto nella comunità romena è paradigmatico.

Tasso di detenzione dei cittadini romeni residenti

Fonte: nostra elaborazione su dati ISTAT e DAP

Tabella numero 2. Rapporto tra cittadini romeni residenti e cittadini romeni detenuti.

AnnoCittadini romeni residenti in ItaliaNumero detenuti romeni in ItaliaTasso di detenzione
200988776329660,33%
2013108140036610,33%
2018116855225890,22%

Il patto di legalità ha pienamente funzionato per la comunità romena. All’aumentare della presenza quantitativa di cittadini romeni in Italia, è diminuita nettamente sia in termini assoluti che percentuali la presenza di detenuti romeni nelle nostre prigioni. La percentuale di detenuti romeni è addirittura più bassa rispetto alla media dei cittadini stranieri. Il dato è verosimile in quanto i cittadini romeni censiti corrispondono a quelli realmente presenti nel territorio nazionale essendo cittadini comunitari aventi titolo alla permanenza nel nostro Paese.

I cittadini italiani residenti in Italia sono invece 55.551.000. I detenuti italiani ristretti nelle carceri italiane sono 38.412. Il tasso di detenzione è dello 0,06%. Un tasso superiore a quello di alcune comunità straniere.

Tasso di detenzione rispetto alla nazionalità

Fonte: nostra elaborazione su dati ISTAT e DAP

Tabella numero 3. Tasso di detenzione comunità straniere e italiana

Nazionalità Cittadini residenti in ItaliaNumero detenuti presenti in ItaliaTasso di detenzione per cento abitanti
Tunisia9406421352,26%
Marocco42065036761,54%
Nigeria8852712211,37%
Siria4992681,36%
Afghanistan 11224760,67%
Albania44840725910,57%
Senegal1012074930,48%
Ghana481381740,36%
Etiopia7772210,27%
Romania116855225890,22%
Moldova1356611790,13%
Polonia970621190,12%
Germania36660460,12%
Ucraina 2343542590,11%
Cina2819722470,08%
Filippine166459840,05%

Chiunque sia straniero in una nazione lontana ha più difficoltà a integrarsi per oggettive condizioni di vita, per lo sradicamento dai propri affetti, per la mancanza di lavoro, per l’assenza di opportunità formative, educative o sociali, per il gap linguistico.

Come si evince dai dati, man mano che passa il tempo dal suo insediamento in Italia, una comunità esprime un minor numero di detenuti al proprio interno. Ciò accade in quanto quella comunità diventa parte integrante dell’economia e della società italiana. Di conseguenza diminuisce il rischio per i suoi membri di finire in carcere. Cinesi, filippini e ucraini hanno un tasso di detenzione più o meno identico a quello degli italiani. Poco superiore è il tasso di detenzione di moldavi, romeni, etiopi. La regolarizzazione è anche funzionale alla sicurezza del paese, alla riduzione dei crimini. Una maxi regolarizzazione degli attuali irregolari determinerebbe, alla luce dei dati statistici, un’ulteriore riduzione della presenza di detenuti stranieri.

Molto oggi si parla a caso di cittadini africani tendenti alla devianza. I cittadini dell’Africa nera, in termini assoluti, affollano poco le galere italiane. I reati da loro commessi sono usualmente a basso indice di offensività criminale. Dall’osservazione empirica si evince che vi sono cittadini senegalesi reclusi in carcere per fatti riguardanti la loro consueta attività di commercio abusivo e la violazione delle norme in materia di contraffazione.

Non preoccupano neanche i numeri, molto bassi in termini assoluti, di coloro i quali arrivano da luoghi di guerra o da regimi totalitari, ossia tutti i cittadini potenziali richiedenti asilo. Sono solo 144 complessivamente i detenuti di origine siriana o afghana. È incredibile come il loro tasso di detenzione non esploda nonostante la vita durissima a cui sono stati soggetti. Anche qui il patto di inclusione paga, se mai è stato negoziato e sottoscritto.

Infine veniamo alle percentuali, più alte, di detenuti maghrebini. Esse, più elevate della media, non possono minimamente destare allarme, in quanto il tasso di detenzione di cittadini tunisini e marocchini è in realtà più basso rispetto a quello indicato nel grafico, infatti il numero dei detenuti andrebbe parametrato non al numero sopra-indicato dei cittadini regolari ma a quello dei tantissimi cittadini maghrebini irregolari non regolarmente censiti in quanto non censibili. Dunque le percentuali indicate, se tenessimo conto degli irregolari non residenti, vanno necessariamente ad abbassarsi.

La condizione dello straniero detenuto non deve mai essere analizzata sganciandola dalla situazione politica nel suo Paese di provenienza.

“Dunque man mano che si arriva a condanna diminuisce la percentuale degli stranieri. Nei confronti degli stranieri si usa in misura ben più ponderosa la custodia cautelare”

Gli ostacoli all’inclusione

Lo sguardo alle nazionalità include anche uno sguardo ai paesi di provenienza e agli obblighi interni e internazionali del nostro Paese, qualora ambisca ad essere un Paese rispettoso dei diritti fondamentali. La legge n.110 del 14 luglio 2017 che criminalizza la tortura include il divieto di respingimento, espulsione o estradizione di una persona verso uno Stato, quando vi siano fondati motivi di ritenere che essa rischi di essere sottoposta a tortura; a tal fine si deve tenere conto anche dell’esistenza, in tale Stato, di violazioni sistematiche e gravi di diritti umani.

In base ai rapporti delle organizzazioni internazionali, inter-governative e non-governative almeno 806 detenuti non dovrebbero essere trasferiti nei loro paesi di origine e hanno diritto a restare in Italia. 217 vengono dalla Libia, 37 dal Sudan e 642 dall’Egitto. Nel paese dove è stato ammazzato e torturato Giulio Regeni non si possono rimandare persone che potrebbero essere sottoposte a rischio analogo.

La presenza dei detenuti stranieri non è uniforme all’interno delle prigioni italiane. Vi sono regioni dove la rappresentanza è elevata, più della media, e regioni dove è molto bassa, ricordando le percentuali bassissime degli anni settanta.

Detenuti stranieri presenti

Fonte: nostra elaborazione su dati DAP

Detenuti presenti e capienza regolamentare degli istituti penitenziari per regione di detenzione
Situazione al 31 marzo 2018

Regione di detenzione Detenuti presenti di cui stranieri stranieri
Totale Donne
ABRUZZO 1903 80 356 18,70%
BASILICATA 506 24 75 14,80%
CALABRIA 2659 56 544 20,50%
CAMPANIA 7347 343 990 13,50%
EMILIA ROMAGNA 3435 139 1754 51,10%
FRIULI VENEZIA GIULIA 675 29 283 41,90%
LAZIO 6303 369 2612 41,40%
LIGURIA 1433 67 751 52,40%
LOMBARDIA 8574 459 3834 44,70%
MARCHE 911 23 314 34,50%
MOLISE 421 0 127 30,20%
PIEMONTE 4250 155 1888 44,40%
PUGLIA 3470 147 488 14,10%
SARDEGNA 2337 36 754 32,30%
SICILIA 6321 155 1197 18,90%
TOSCANA 3311 124 1640 49,50%
TRENTINO ALTO ADIGE 410 22 285 69,50%
UMBRIA 1414 60 524 37,10%
VALLE D’AOSTA 201 0 112 55,70%
VENETO 2342 149 1283 54,80%
Totale nazionale 58223 2437 19811 34,00%

La percentuale degli stranieri non è quindi uniforme sul territorio italiano e nel nostro sistema delle prigioni. Come si vede nelle quattro regioni meridionali la presenza degli stranieri ci riporta ai dati degli anni ottanta del secolo scorso. Allo stesso tempo in alcune regioni del nord la percentuale di presenza di detenuti stranieri supera il 50%.

La presenza di stranieri è principalmente dovuta a una loro sovra-rappresentazione tra i detenuti in stato di custodia cautelare.

I detenuti stranieri costituiscono il 37,7% del totale dei detenuti in attesa del primo giudizio. Mentre i condannati in via definitiva stranieri sono il 31,4% del totale dei detenuti condannati. Dunque man mano che si arriva a condanna diminuisce la percentuale degli stranieri. Nei confronti degli stranieri si usa in misura ben più ponderosa la custodia cautelare.

Ugualmente gli stranieri usufruiscono meno di misure alternative a causa di meno risorse economiche, linguistiche, tecniche, sociali. Ogniqualvolta il legislatore prevede opportunità di misure detentive a più basso indice di custodialità gli stranieri hanno inevitabilmente meno chance.

La discriminazione è nei numeri. Vediamo due esempi. 1) Il legislatore ha cercato di portare fuori dalle prigioni intese in senso stretto le detenute madri. Ne restano in carcere oggi comunque 58 di cui 31, ossia il 53,4%, sono straniere. E su 70 bimbi sotto i tre anni di età in galera con le loro mamme, 36, ossia poco più del 50%, sono stranieri. Dunque è del tutto evidente la sovra-rappresentazione di mamme e bimbi stranieri ben di più rispetto al 34% che avrebbe dovuto essere. Così non  accedono al pari delle italiane e dei loro figli alle case di accoglienza o agli istituti a custodia attenuate per detenute madri. Come detto ciò accade in quanto esse hanno meno risorse per una difesa tecnica adeguata o perché non hanno o non possono avere, in quanto irregolarmente presenti nel territorio italiano, un domicilio. 2) Ugualmente guardando ai 23.352 detenuti che hanno finora usufruito della detenzione domiciliare in base alla legge 199 del 2010 solo il 31,16% è straniero, nonostante i non italiani usualmente commettano reati con pene ben più basse.

Infatti gli stranieri sono l’1,1% dei detenuti in carcere per associazione a delinquere di stampo mafioso. In percentuale commettono meno delitti contro la persona rispetto alla loro rappresentanza generale della popolazione detenuta. Gli stranieri compongono il 31% del totale dei detenuti che hanno commesso delitti contro la persona.

Di converso gli stranieri costituiscono il 38,9% dei detenuti in carcere per violazione della legge sugli stupefacenti. È evidente che un provvedimento concreto e pragmatico di depenalizzazione e/o legalizzazione ridurrebbe di tantissimo la presenza degli stranieri in carcere.

Di certo l’assenza di un numero adeguato di interpreti, traduttori e mediatori culturali induce all’isolamento, alla non conoscenza, alla non attivazione di percorsi verso l’esterno.

I mediatori culturali nelle carceri italiane sono 223, ossia pari all’1,13% ogni cento detenuti stranieri. Nel caso di detenuti maghrebini la percentuale scende allo 0,88%. Si tratta in molti casi di figure che non lavorano a tempo pieno, sotto-pagate e non dipendenti ministeriali.