“Secondo quanto stabilito dalle norme l’istruzione dovrebbe essere agevolata, a ogni livello e nei limiti del possibile tenendo presente la peculiare realtà del sistema prigione”
Il trattamento penitenziario e il ruolo dell’istruzione
La scuola in carcere è stata e viene ancora utilizzata con lo scopo di alfabetizzare; se nel 1958, al momento dell’istituzione delle Scuole Carcerarie erano quasi esclusivamente gli italiani a dover imparare a leggere e scrivere seguendo quanto indicato da una circolare ministeriale del 19481) Ministero della Pubblica Istruzione di concerto con il Ministero di Grazia e Giustizia, oggi i corsi di alfabetizzazione sono per lo più destinati a detenuti non italiani. La scuola è anche strumento di educazione ed emancipazione sociale. La Costituzione sancisce principi importanti in materia di istruzione e, in modo particolare, è l’articolo 34 che riconosce quello all’istruzione come un diritto fondamentale.
La riforma dell’ordinamento penitenziario, varata con legge n. 354 nel 1975, all’articolo 15 ha riconosciuto come elementi essenziali del trattamento penitenziario il lavoro, la religione e l’istruzione, a fianco delle attività culturali, ricreative e sportive. Venne anche sancito il principio della individualità del trattamento che doveva essere quindi modellato sulla base delle esigenze del singolo detenuto. L’articolo 19 stabilì che negli istituti penitenziari l’istruzione e la formazione professionale dovessero essere in conformità con l’organizzazione e con i metodi previsti dal ministero dell’istruzione. Lo stesso articolo, ai commi terzo e quarto, inseriva la possibilità di istituire scuole di istruzione secondaria di secondo grado, nonché l’accesso agli studi universitari.
In generale secondo quanto stabilito dalle norme l’istruzione dovrebbe essere agevolata, a ogni livello e nei limiti del possibile tenendo presente la peculiare realtà del sistema prigione.
“Su 87 istituti visitati, 4 sono completamente privi di spazi esclusivamente dedicati alla scuola e alla formazione”
I numeri dell’istruzione per adulti in carcere, vediamoci chiaro
A realizzare questi corsi sono i Centri Provinciali per l’Istruzione degli Adulti (di seguito CPIA), ed hanno la medesima autonomia attribuita alle istituzioni scolastiche, un proprio organico, i medesimi organi collegiali e intrattengono uno stretto raccordo con le autonomie locali, il mondo del lavoro e le professioni.
I corsi di Secondo Livello (scuola media superiore) sono quelli previsti dagli istituti tecnici, istituti professionali e licei artistici e . sono realizzati dalle istituzioni scolastiche presso le quali questi percorsi funzionano.
Nelle statistiche del DAP al 31 dicembre 2016 leggiamo diverse sigle che indicano la tipologia di corso di riferimento. Con la sigla CILS (ex Alfabetizzazione), ci si riferisce ai Corsi per l’Integrazione Linguistica e Sociale. Troviamo poi la sigla CA (ex Scuola Primaria) che attiene invece ai Corsi di Alfabetizzazione Culturale di Scuola Primaria; con CSI si intendono i Corsi di Scuola Secondaria di Primo Grado e con CS i Corsi di Scuola Secondaria di Secondo Grado.
Diamo uno sguardo alle informazioni e ai dati raccolti dall’Osservatorio di Antigone nel 2017. Su 87 istituti visitati, 4 sono completamente privi di spazi esclusivamente dedicati alla scuola e alla formazione. A Fermo la carenza di spazi rende difficile la realizzazione di corsi completi di scolarizzazione o istruzione media o superiore. Per questa ragione vengono predisposti corsi per l’acquisizione di crediti per il biennio di scuola media superiore, corsi che però non rilasciano alcun diploma.
La CC di Bologna “Dozza” in Emilia Romagna, che conta attualmente 769 reclusi, nell’anno scolastico 2014/2015 è stato avviato il progetto “Competenze e crediti per l’istruzione in carcere” destinato a detenuti con permanenza breve in istituto al fine di assicurargli l’acquisizione di competenze spendibili in successivi percorsi professionali o formativi.
L’elaborazione dei dati raccolti dall’Osservatorio di Antigone permette di sottolineare alcune circostanze interessanti. Anzitutto le prime 5 Regioni a livello percentuale con più iscritti ai corsi scolastici sono nell’ordine la Lombardia (36,7% dei detenuti iscritti sul totale dei presenti), la Calabria (35%), il Lazio (25,7%), l’Umbria (24,1%) e il Piemonte (23,1%). Mentre le peggiori 5 sono in ordine decrescente l’Abruzzo (13,0%), la Sicilia (11,9%), la Valle d’Aosta (9,4%), la Campania (5,5%) e da ultimo il Molise (4,3%). Questi dati ci permettono di rilevare come secondo l’osservazione di Antigone la situazione dell’istruzione sembra peggiorare scendendo lungo la penisola (Marche, Sardegna, Basilicata e Puglia non raggiungono il 20% degli iscritti), deduzione confermata anche dalla media tra le percentuali per accorpamenti geografici che vede il nord attestarsi al 21,5% e il centro e il sud al 18%.
Le statistiche del DAP rendono possibile un’analisi sui risultati. Possiamo intanto notare come la percentuale dei promossi aumenti proporzionalmente all’aumentare del livello di istruzione cui il corso si riferisce. Trend esattamente opposto è quello che riguarda la presenza straniera nelle classi: se rappresentano l’88,5% degli iscritti nei 387 corsi di alfabetizzazione, e il 90,8% dei promossi, scendono al 50,6% nella scuola elementare (il 59% dei promossi), al 26,8% nella scuola media (27,5% dei promossi). Nella scuola media superiore le percentuali scendono ancora: 20,1% del primo periodo (19,3% dei promossi), 18,6% nel secondo(20,1% dei promossi) e 17,9% al momento della licenza superiore (15,1% i promossi). Gli stranieri sul totale rappresentano il 48,8% degli iscritti e il 44,1% dei promossi.
Fonte: Elaborazione a cura della Sezione Statistica dell’Ufficio del Capo del Dipartimento – Segreteria Generale
Tipologia del corso | Numero corsi | Iscritti totale | di cui stranieri | Promossi totale | di cui stranieri |
CILS (Ex. Alfabetizzazione) | 213 | 3044 | 2963 | 1309 | 1274 |
CA (Ex. Scuola primaria) | 230 | 2938 | 2346 | 1455 | 1209 |
CSI (Ex. Scuola secondaria di 1º grado) | 319 | 4136 | 2137 | 1409 | 775 |
CS (Ex. Scuola secondaria di 2º grado) | 714 | 8043 | 1961 | 4554 | 1044 |
Totale | 1476 | 18161 | 9407 | 8727 | 4302 |
Fonte: nostra elaborazione su dati DAP
L’alta formazione - L’università in carcere2) Su questo nel 2017 è stato pubblicato l’accurato studio di Gerardo Pastore, Pratiche di conoscenza in carcere. Uno studio sui Poli Universitari Penitenziari, in The Lab’s Quarterly, 3, 2017, pp. 81-102, cui si rimanda per l’approfondimento della materia.
Sebbene l’alta formazione universitaria finisca nei fatti per coinvolgere un numero esiguo di detenuti fin dagli anni ‘70 è parso evidente come fosse necessario cercare di rendere possibile questa scelta per quei detenuti che riuscivano ad essere in possesso dei requisiti utili all’ammissione ai corsi di laurea.
Lo studio universitario in carcere incontra alcuni limiti: il primo limite soggettivo è senza dubbio la più che frequente mancanza tra i detenuti dei prerequisiti. Vi sono poi limiti oggettivi che riguardano le strutture dall’assenza di sale a quella delle biblioteche; e ancora spesso i detenuti-universitari si ritrovano in cella con detenuti che non studiando hanno altre esigenze nel tempo non occupato dal lavoro o trascorso fuori dalla cella. Sono pochi gli istituti che riescono a mettere insieme tutte queste possibilità e permettere al detenuto interessato di trovarsi il più a suo agio possibile durante il compimento degli studi.
Sono solo 15 le donne recluse che studiano all’Università, e sono solo 3 gli istituti di pena meridionali, di cui uno esclusivamente femminile (Pozzuoli), a garantire l’accesso all’Alta formazione Universitaria.
Nell’economia di questo articolo è impossibile ripercorrere tutte le esperienze dei PUP. Tuttavia alcune meritano menzione. Il PUP della CC di Torino è il primo in Italia risalendo la sua fondazione al 1998. E’ ancora esclusivamente maschile, infatti il progetto che aveva in cantiere l’idea di aprire una sezione anche nel femminile (dove le recluse sono 136) non ha mai preso forma. Attualmente gli iscritti sono 25 (1,8%), mentre 4 detenuti si sono laureati in carcere.
In Toscana è attivo un altro PUP sorto nel 2010 grazie al Protocollo di Intesa tra la Regione, il PRAP e le Università di Firenze, Pisa e Siena. Nella Relazione finale del Tavolo 9 degli SGEP si legge di come sia considerato l’esperienza più rilevante perché si tenta di permettere una piena applicazione sia dell’articolo 3 che dell’articolo 34 della Costituzione, garantendo fattivamente una eguale accessibilità al diritto allo studio. Il PUP toscano è attivo nelle CC di Prato (37 iscritti) e Pisa (7 iscritti) e nella CR di San Gimignano, tra queste solo Pisa ospita anche donne. Il PUP da sostegno anche ai detenuti degli istituti di Arezzo, Livorno, Montelupo Fiorentino, Sollicciano e Volterra.
Nel Sud, presso la CC femminile di Pozzuoli (NA), 160 detenute, il DAP rende nota la possibilità di iscriversi all’università nel settore politico-sociale.
Detenuti laureati distinti per gruppo disciplinare - Anno 2017
Detenuti laureati distinti per gruppo disciplinare – Anno 2017 | |||
Gruppo disciplinare | Sesso | ||
Donne | Uomini | Totale | |
Economico – Statistico | 1 | 1 | |
Giuridico | 6 | 6 | |
Ingegneria | 1 | 1 | |
Letterario | 5 | 5 | |
Politico – Sociale | 15 | 15 | |
Psicologico | 1 | 1 | |
Altro | 2 | 2 | |
Totale | – | 31 | 31 |
Fonte: Elaborazione a cura della Sezione Statistica dell’Ufficio del Capo del Dipartimento – Segreteria Generale |
Fonte: nostra elaborazione su dati DAP
Andando a leggere i dati sulle iscrizioni ai corsi di laurea, sia presso i poli universitari che al di fuori di questi, la maggioranza dei detenuti iscritti (499 di cui 15 donne e 74 stranieri) sceglie il settore politico sociale che, nel 2017, ha rappresentato il 26,7% delle iscrizioni, in leggero calo rispetto al 2016 dove rappresentava il 31,3% sul totale. Al secondo posto il settore letterario con il 22,6%, in crescita di quasi 5 punti percentuali rispetto all’anno precedente. Vi è poi il settore giuridico al 17,4% (-2,6% dal 2016). Mentre cifre basse hanno riguardato nel 2017 i settori agrario con il 9,6% (con valori assoluti stabili rispetto al 2016), economico statistico al 6,4% (nel 2016 al 4,7%). I settori le cui percentuali si aggirano intorno all’1% e che rimangono abbastanza stabili fra 2016 e 2017 rispetto al numero degli iscritti sono: l’informatico, l’ingegneristico, il linguistico, il matematico-scientifico, lo psicologico e il geo-biologico. Meno dello 0,5% invece per i settori chimico-farmaceutico, medico e architettura. Fuori da questi settori risulta essere iscritto il 9,2% dei detenuti studenti universitari. Appena il 3% degli studenti sono donne (nel 2016 erano il 2,6%), mentre il 14,8% sono stranieri.
Nessuna donna invece tra le laureate del 2016 e del 2017; mentre sono stati 46 gli uomini ad ottenere il titolo nel 2016 e 31 nel 2017 che ottengono il titolo, il 41,3% si era laureato nel settore giuridico nel 2016, mentre nel 2017 sono 15 i laureati nel settore socio-politologico con il 48,4% sul totale. il 24% in quello politico-sociale e il 17,4% in quello letterario. Al 4,4% dei detenuti laureati troviamo in condivisione due settori disciplinari, l’agrario e il matematico scientifico, mentre al 2,2% informatica e ingegneria. La percentuale restante, il 4,4% è suddivisa tra gli altri settori disciplinari.
In conclusione, da quest’analisi sui dati degli iscritti a un corso universitario e dei laureati si evince da un punto di vista soggettivo anzitutto l’esiguità nel numero dei partecipanti all’alta formazione nelle carceri. Ancora più bassi i numeri che riguardano le donne; quest’ultimo dato si spiega con la grande sproporzione che esiste tra la popolazione detenuta maschile e quella femminile, ma anche con altri elementi probabilmente tra loro interconnessi: da un lato la percentuale maggiore di detenute appartenenti alle classi sociali più svantaggiate e di conseguenza con un grado di alfabetizzazione generalmente inferiore rispetto al totale degli uomini e dall’altro le pene più brevi (Pastore 2017, p. 92). Tuttavia anche tra la popolazione maschile il tasso di alfabetizzazione basso, solitamente accompagnato dall’appartenenza alle classi più svantaggiate rende difficile il possesso di quei requisiti minimi (la licenza di scuola media superiore) richiesti per l’iscrizione all’Università. Dalla sezione statistica del DAP sappiamo infatti che nel 2017 su un totale di 57.608 detenuti3) Non sono stati rilevati dati per 28.261 detenuti nel 2017 relativamente al titolo di studio., solo 550 sono laureati, 4.011 sono in possesso di un diploma di scuola superiore, 569 di un diploma di scuola professionale. Mentre la stragrande maggioranza dei detenuti per cui è stato rilevato il dato, ovvero 16.964 hanno solo un licenza media inferiore. Ben 5.567 sono in possesso esclusivamente della licenza elementare, mentre 993 neanche di quella. 693 detenuti sono completamente analfabeti.
La grande presenza straniera nelle carceri italiane inoltre spiega ancora questo dato di scarsa partecipazione agli studi di Alta formazione dovuta forse anche alla scarsa conoscenza della lingua. La Sezione Statistica del DAP fornisce altri dati, suddivisi per presenza regionale, dai quali sappiamo che sul totale dei detenuti stranieri (non suddivisi per genere) 165 sono laureati (30% sul totale dei detenuti laureati), 1.039 hanno un diploma di scuola superiore (il 26% sul totale dei possessori di licenza superiore), 156 di scuola professionale (27,4% sul totale dei diplomati in istituto professionale), 3.235 hanno la licenza media (19% sul totale dei detenuti con licenza media), mentre 925 la licenza elementare (16,6%). Sono 729 ad essere privi di titolo di studio (dunque il 73,4% sul totale dei detenuti privi di licenza, dato che fa supporre che questa privazione possa essere generata anche da un mancato riconoscimento da parte dello Stato italiano del titolo di studio posseduto) e 378 sono completamente analfabeti (il 54,5% sul totale degli analfabeti in stato di detenzione). Sono 13.118 detenuti stranieri per cui non è stato rilevato il titolo.
Su un piano oggettivo e organizzativo non può non balzare all’occhio quanti pochi siano gli istituti di esecuzione penale, rispetto al totale, ad offrire la possibilità della partecipazione a un corso universitario. Potrebbe essere sufficiente vedere come in tutto il Sud siano solo tre istituti (Taranto, Catanzaro e Pozzuoli femminile) a permettere l’iscrizione a un corso di laurea. C’è quindi anzitutto una grandissima sperequazione in favore del centro nord, con l’anomalia Sardegna in cui 4 istituti su 10 permettono l’accesso all’Università. Questo limite è stato indicato anche nella relazione del nono tavolo degli Stati Generali sull’Esecuzione Penale, che proprio di istruzione si occupava, e che è stato lì definito “disomogeneità territoriale dei Pup”.
@ Maggio 2018 | foto NextNM
References
1. | ↑ | Ministero della Pubblica Istruzione di concerto con il Ministero di Grazia e Giustizia |
2. | ↑ | Su questo nel 2017 è stato pubblicato l’accurato studio di Gerardo Pastore, Pratiche di conoscenza in carcere. Uno studio sui Poli Universitari Penitenziari, in The Lab’s Quarterly, 3, 2017, pp. 81-102, cui si rimanda per l’approfondimento della materia. |
3. | ↑ | Non sono stati rilevati dati per 28.261 detenuti nel 2017 relativamente al titolo di studio. |