Lo stato fisico delle carceri in Italia non migliora nel tempo. Dall’osservazione di Antigone degli ultimi anni si possono notare alcune caratteristiche che restano, nei grandi numeri, essenzialmente invariate: anche nel 2018 in 4 istituti che abbiamo visitato c’erano celle con il wc a vista, e non chiuso dietro una porta in un ambiente separato, in più della metà delle carceri visitate c’erano celle senza doccia e in più di un terzo c’erano celle senza acqua calda. Il riscaldamento non c’è o non funziona ovunque nel 7% delle carceri.
Fonte: Osservatorio Antigone 2018
WC in ambiente separato in tutte le celle | Riscaldamento funzionante in tutte le celle | Acqua calda in tutte le celle |
Doccia in tutte le celle
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SI | 80 | 61 | 45 | 35 |
NO | 4 | 6 | 30 | 46 |
ND | 1 | 18 | 10 | 4 |
“Altro aspetto degno di nota è poi il forte accento posto sulla possibilità di ristrutturazione di fabbricati o di riconversione a carceri di edifici nella disponibilità dello Stato, e ciò costituisce senza dubbio una novità rispetto al passato”
Sono dati che non variano sensibilmente da diversi anni, e questo significa che la popolazione detenuta continua a soffrire di mancanze basilari, che si traducono in lesione di diritti fondamentali, come abbiamo sottolineato l’anno scorso in questa sede.
Eppure sono diversi gli istituti nei quali sono in corso interventi di ammodernamento o ristrutturazione: ancora secondo i nostri dati, almeno nel 37% dei casi vi sono spazi non in uso per lavori o per inagibilità. Ciò che spesso accade, però, è che gli osservatori riferiscano da un anno all’altro che vi sono gli stessi spazi degli stessi istituti ancora chiusi, per lavori interrotti o mai iniziati.
Lo stato delle carceri è certamente un ambito in cui i fondi ordinari per la manutenzione non bastano mai, ed è questo un dato piuttosto evidente che i politici di diverso colore riconoscono costantemente, seppur con accenti diversi, tanto che la costruzione di nuove carceri è uno dei cavalli di battaglia di tutti i governi. Anche negli ultimi mesi, il governo ha dichiarato in diverse occasioni la necessità di intervenire sul sistema carcerario, e la conversione in legge del Decreto Semplificazioni è stata riportata da molti media come “la firma del nuovo Piano per l’edilizia penitenziaria” da parte dei ministri Toninelli e Bonafede. In effetti, il Decreto Semplificazioni contiene un articolo specifico sull’edilizia penitenziaria; l’articolo è il 7, il quale dispone che, ferme restando le competenze del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti in termini di infrastrutture carcerarie, il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria concorra attivamente alle attività relative alla ristrutturazione e/o alla costruzione di nuovi istituti nei prossimi due anni (termine 31 dicembre 2020). In particolare, i compiti assegnati al DAP dall’art. 7 (comma 1) sono:
- “effettuazione di progetti e perizie per la ristrutturazione e la manutenzione, anche straordinaria, degli immobili in uso governativo all’amministrazione penitenziaria, nonché per la realizzazione di nuove strutture carcerarie […] ovvero per l’aumento della capienza delle strutture esistenti;
- gestione delle procedure di affidamento degli interventi […], delle procedure di formazione dei contratti e di esecuzione degli stessi […];
- individuazione di immobili, nella disponibilità dello Stato o di enti pubblici territoriali e non territoriali, dismessi e idonei alla riconversione, alla permuta, alla costituzione di diritti reali sugli immobili in favore di terzi al fine della loro valorizzazione per la realizzazione di strutture carcerarie”.
Seppure non ci sembra che il solo art. 7 delinei un nuovo “piano”, che è invece un insieme ordinato e ragionato di interventi che concorrano a un obiettivo specifico, alcuni fatti sono però interessanti.
Diversi osservatori riportano come la relazione illustrativa del Decreto evidenzi che la collaborazione tra DAP e MIT costituisca un’alternativa all’intervento del Commissario Straordinario che ha rappresentato in questi anni una delle criticità dell’attuazione del Piano Carceri del 2010: in particolare, diversi aspetti problematici erano legati alla eccessiva lunghezza dei tempi intercorrenti tra la progettazione e la realizzazione e alla sostanziale estraneità dell’amministrazione penitenziaria rispetto agli interventi edili. Probabilmente un maggiore coinvolgimento del DAP potrebbe (o dovrebbe nell’ottica del legislatore) portare a un’accelerazione dei tempi in questo senso.
Altro aspetto degno di nota è poi il forte accento posto sulla possibilità di ristrutturazione di fabbricati o di riconversione a carceri di edifici nella disponibilità dello Stato, e ciò costituisce senza dubbio una novità rispetto al passato. Anche dal punto di vista retorico, l’enfasi era sempre stata posta sulla costruzione di nuovi edifici, lontani dai centri abitati e tecnologicamente infallibili, che rappresentassero anche simbolicamente una nuova sicurezza per i cittadini liberi. L’ipotesi che invece edifici dismessi possano essere riconvertiti ci sembra certamente più interessante almeno per due ragioni: una diminuzione del consumo di suolo e una più probabile vicinanza degli edifici ai centri urbani (cosa che generalmente consente un rapporto più aperto con la città, una comodità per i parenti delle persone detenute, e una semplificazione dei percorsi per gli operatori ed i detenuti che svolgono lavori esterni).
Tuttavia, alcune note di criticità sono invece legate alla questione finanziaria. Il comma 4 dell’art. 7 dispone che “All’attuazione delle disposizioni di cui al presente articolo si provvede nel limite delle risorse finanziarie disponibili a legislazione vigente destinate all’edilizia penitenziaria” e questo apre a diverse considerazioni.
Da una parte vi sono gli stanziamenti ordinari della Legge di Bilancio 2019 che riportano due voci relative all’edilizia penitenziaria: una, afferente al MIT, è “Infrastrutture carcerarie” con uno stanziamento pari a circa 95 milioni di euro per il 2019 e 30 milioni per il 2020; l’altra, afferente al Ministero della Giustizia (DAP), è “Realizzazione di nuove infrastrutture, potenziamento e ristrutturazione nell’ambito dell’edilizia carceraria” con uno stanziamento di circa 43 milioni per il 2019, 52 milioni per il 2020 e 58 per il 2021. Per il 2019 quindi sarebbero complessivamente a disposizione circa 138 milioni di euro. Queste somme risultano in effetti maggiori rispetto alle stesse stanziate nella Legge di Bilancio 2018 (rispettivamente per il MIT, 80 milioni (2018), 85 (2019), 30 (2020); per il Ministero della Giustizia 32 milioni (2018), 33 (2019), 33 (2020)), con una maggiorazione di circa 20 milioni complessivi per il 2019. Tuttavia, va considerato che questi sono i fondi ordinari stanziati per l’edilizia penitenziaria, e che dunque sono da intendere ai fini delle disposizioni dell’art. 7 del Decreto Semplificazione solo i 20 milioni “in più”, rispetto allo stanziamento previsto nella Legge di Bilancio 2018.
Un’altra fonte dalla quale potrebbero provenire dei fondi deriva da un altro provvedimento contenuto nella Legge di Bilancio 2019: in particolare l’art. 1 comma 591 dispone che le risorse non utilizzate del Fondo per l’attuazione della riforma dell’ordinamento penitenziario, possano essere destinate ad “interventi urgenti di edilizia penitenziaria e manutenzione ordinaria e straordinaria sugli immobili dell’amministrazione penitenziaria e minorile”. Il provvedimento fa riferimento al “Fondo per l’attuazione della riforma del processo penale e dell’ordinamento penitenziario”, istituito dalla legge di Bilancio 2018, il quale disponeva lo stanziamento di 10 milioni di euro per l’anno 2018, 20 milioni per il 2019, 30 milioni annui a decorrere dall’anno 2020. Il comma 591 della nuova legge di Bilancio 2019 ne autorizza l’impiego, se non utilizzati per i fini specifici della riforma, anche per edilizia carceraria. Tuttavia un intervento nella Sezione II della stessa legge ha contestualmente ridotto della metà questo stanziamento per il 2019 (10 milioni).
“Essenzialmente dunque, una parte dei fondi stanziati per l’attuazione della riforma, già esigui, già decurtati, vengono messi a disposizione anche per l’edilizia”
Essenzialmente dunque, una parte dei fondi stanziati per l’attuazione della riforma, già esigui, già decurtati, vengono messi a disposizione anche per l’edilizia.
Ciò che emerge da questo complesso quadro economico sarebbe dunque che, a copertura delle disposizioni dell’art. 7 del Decreto Semplificazione, ci sarebbero circa 20 milioni derivanti dalla legge di Bilancio del 2019 e una quota non specificata di 10 milioni derivanti dal Fondo per l’attuazione della riforma dell’ordinamento penitenziario. Ciò che chiediamo a questo punto è se queste cifre siano commisurate allo scopo. Infatti, se si considera che il Piano Carceri del 2010 aveva uno stanziamento di circa 460 milioni di euro e che alla fine del 2014 ne sono stati spesi circa 52, con il risultato, sotto gli occhi di tutti e documentato dall’osservazione di Antigone, che lo stato delle carceri italiane non risulta strutturalmente migliorato, basteranno meno di 30 milioni di euro in due anni per dar corso alle ipotesi delineate dall’art. 7?
Queste considerazioni sull’edilizia penitenziaria viaggiano in parallelo rispetto alla battaglia che Antigone ha sempre portato avanti rispetto alla necessità o meno degli interventi di costruzione di nuove carceri, specialmente in un panorama di risorse economiche sempre più esigue, e di rinnovato aumento delle presenze in carcere. Ci sembra infatti che la risposta all’aumento della popolazione detenuta non sia univocamente determinato nella costruzione di nuovi istituiti: una maggiore apertura delle maglie del carcere verso l’utilizzo delle pene alternative contribuirebbe non solo a “svuotare” le prigioni, e quindi favorire il miglioramento dell’atmosfera detentiva, ma anche e soprattutto a realizzare in maniera più coerente il dettato costituzionale che impone che la pena non sia afflittiva e sia tesa al reinserimento sociale della persona condannata.
Ci auguriamo dunque che il discorso e il confronto politico siano più incentrati sulla garanzia della dignità delle persone condannate e detenute, e che nei prossimi anni i nostri rapporti registrino nuovi numeri, nuove percentuali e nuovi spazi.