“Negli ultimi tre lustri, al quasi quadruplicarsi del numero degli stranieri che vivono regolarmente in Italia, è diminuito drasticamente, ossia di circa tre volte, il loro tasso di detenzione”
Le statistiche criminali e penitenziarie, così come le indagini demografiche, dovrebbero servire a orientare le decisioni e a interpretare i fenomeni sociali, culturali, penali. Un’accurata analisi dei dati serve a superare gli stereotipi e i pregiudizi. Il razzismo, viceversa, si fonda proprio sugli stereotipi e sui pregiudizi.
La nostra Costituzione afferma che la responsabilità penale è personale; non è mai una responsabilità etnica o nazionale. L’articolo 27 della Costituzione non riguarda i soli detenuti italiani, ma tutti i prigionieri ristretti nelle carceri italiane.
Primo stereotipo: al crescere degli stranieri in Italia cresce il numero dei criminali e dunque di quelli che fanno ingresso in carcere. Non è vero. Negli ultimi tre lustri, al quasi quadruplicarsi del numero degli stranieri che vivono regolarmente in Italia, è diminuito drasticamente, ossia di circa tre volte, il loro tasso di detenzione. Se nel 2003 su ogni cento stranieri residenti regolarmente in Italia l’1,16% degli stessi finiva in carcere, oggi la percentuale è scesa allo 0,39%. Un dato che diventa ancora più eclatante se si pensa che oltre agli stranieri regolarmente soggiornanti vi sono quelli irregolarmente presenti, stimati intorno ai 500 mila. Dunque, considerando anche questi ultimi nel totale degli stranieri in Italia, la percentuale dei detenuti non italiani rispetto alla totalità degli stranieri liberi scende addirittura allo 0,36%. L’amministrazione penitenziaria, nei suoi rilievi statistici, non distingue tra detenuti extra-comunitari regolarmente soggiornanti in Italia ed extra-comunitari irregolarmente presenti. Da un’analisi empirica su base locale si evidenzia che i detenuti extracomunitari con regolare permesso di soggiorno sono meno di un terzo del totale.
“Il primo esempio è dato dalla comunità rumena, la più numerosa in Italia, che più cresce nei numeri e meno delinque sia in termini assoluti che percentuali”
Rapporto tra stranieri residenti e stranieri detenuti. I dati del 2018 sono riferiti a marzo 2018
Anno | Numero immigrati residenti regolarmente in Italia | Numero detenuti stranieri | Tasso di detenzione |
2003 | 1.464.663 | 17.007 | 1,16% |
2008 | 3.023.317 | 21.562 | 0,71% |
2013 | 4.387.721 | 21.854 | 0,49% |
2018 | 5.144.440 (5.600.000 se si includono gli irregolari) | 20.412 (marzo 2019) | 0,39% |
Fonte: nostra elaborazione su dati ISTAT e DAP
Secondo stereotipo: gli stranieri costituiscono, ontologicamente, un pericolo per la sicurezza. Non è vero, in quanto nonostante la tendenza pubblica alla criminalizzazione della figura dello straniero, nonostante molti stranieri di punto in bianco abbiano perso certezze anagrafiche e titolo di permanenza nel nostro Paese a causa del decreto Salvini, nonostante l’ethnic profiling e le discriminazioni nell’accesso alle misure cautelari e alle misure alternative non detentive, il numero di detenuti stranieri è rimasto più o meno stabile negli ultimi dodici mesi. L’affollamento delle carceri nell’ultimo anno è principalmente dovuto agli italiani. Al 31 marzo 2019 gli stranieri in carcere sono diminuiti dello 0,42%. rispetto al marzo del 2018. Ogni allarme è dunque fondato sul pregiudizio.
La sicurezza dal crimine non è garantita dalla identità nazionale. Il primo esempio è dato dalla comunità rumena, la più numerosa in Italia, che più cresce nei numeri e meno delinque sia in termini assoluti che percentuali. In dieci anni il tasso di detenzione dei rumeni è calato di oltre un terzo.
Tasso di detenzione della comunità rumena
Anno | Cittadini rumeni residenti in Italia | Numero detenuti rumeni in Italia | Tasso di detenzione comunità rumena |
2009 | 887.763 | 2.966 | 0,33% |
2013 | 1.081.400 | 3.661 | 0,33% |
2018 | 1.190.091 | 2.539 (marzo 2019) | 0,21% |
Fonte: nostra elaborazione su dati ISTAT e DAP
Il secondo esempio è dato dalla comunità albanese. Anche qui vi è una riduzione del tasso di detenzione (pari allo 0,05% in dieci anni), nonostante la ben più difficile integrazione data dall’assenza di visto comunitario.
“Nei confronti degli stranieri si usa in misura ben più ponderosa la custodia cautelare, soprattutto nella prima fase del procedimento. E si offre meno loro la possibilità di accedere alle misure alternative alla detenzione. “
Tasso di detenzione della comunità albanese
Anno | Cittadini albanesi residenti in Italia | Numero detenuti albanesi in Italia | Tasso di detenzione comunità albanese |
2009 | 441.396 | 2.819 | 0,63% |
2018/2019 | 440.465 | 2.587 (31 marzo 2019) | 0,58% |
Fonte: nostra elaborazione su dati ISTAT e DAP
Il terzo esempio è dato dalla comunità filippina che ha un tasso di detenzione (0.05%) addirittura inferiore a quello degli italiani in Italia (0.06%). In questo caso molto conta il tipo di immigrazione filippina, in maggioranza femminile. Una ragionevole politica delle migrazioni, diretta a favorire la presenza di donne e a ricongiungere i nuclei familiari, diminuirebbe sicuramente il tasso di criminalità e di detenzione.
Terzo stereotipo: i cittadini africani, sotto gruppo di detenuti stranieri, sono tra i più pericolosi e tra i più tendenti alla devianza. Non è vero. Analoga considerazione fu fatta per i rumeni e gli albanesi. Solo un quinto del totale dei detenuti stranieri proviene dall’Africa sub-sahariana. I cittadini dell’Africa nera, in termini assoluti, non sono pertanto molti nelle prigioni italiane e commettono i reati in percentuale meno gravi, anche se provengono da luoghi tragici di guerra o di fame.
La nazionalità più rappresentata nelle carceri italiane è quella marocchina con 3.808 detenuti al 31 marzo 2019, un numero quasi corrispondente al totale dei detenuti provenienti dall’Africa nera.
Quarto stereotipo: i detenuti stranieri commettono i reati più gravi. Non è vero. Guardando alla posizione giuridica dei detenuti stranieri, ai loro reati e alle pene si comprende quanta cattiva sia la rappresentazione pubblica.
Al 31 marzo 2019 i detenuti stranieri costituiscono il 37,79% del totale dei detenuti in attesa del primo giudizio. Mentre i condannati in via definitiva stranieri sono il 31,38% del totale dei detenuti condannati.
Fonte: nostra elaborazione su dati DAP
Detenuti in attesa di primo giudizio | Detenuti condannati in via definitiva | |
Italiani | 62,21% | 68,62% |
Stranieri | 37,79% | 31,38% |
Nei confronti degli stranieri si usa in misura ben più ponderosa la custodia cautelare, soprattutto nella prima fase del procedimento.
E si offre meno loro la possibilità di accedere alle misure alternative alla detenzione. Paradigmaticamente si può prendere a riferimento la detenzione domiciliare ex lege 199 del 2010. C’è un gap di circa il 5% tra la percentuale degli stranieri dentro e quella di chi sconta la pena in detenzione domiciliare.
“I detenuti stranieri sono condannati a pene significativamente più basse rispetto agli italiani, segno di una dimensione criminale minore e di una difesa tecnica che non ha consentito loro di ottenere altri vantaggi processuali “
Fonte: nostra elaborazione su dati DAP
Persone detenute | Persone in detenzione domiciliare | Persone in semi-libertà | |
Italiani | 66,4% | 68,4% | 86,5% |
Stranieri | 33,6% | 31,6% | 13,5% |
Un gap che cresce a dismisura nel caso di detenuti in semilibertà. La misura viene scarsamente concessa agli stranieri. Sicuramente conta il timore da parte della magistratura di una fuga dello straniero verso i paesi di origine o l’assenza di domicilio, essendo molti di loro privi di permesso regolare di soggiorno e di residenza formalizzata. L’illegalità è un circolo vizioso penalizzante e discriminatorio. Gli stranieri hanno meno risorse economiche, linguistiche, culturali e sociali e ciò li penalizza nell’accesso alle misure alternative alla detenzione.
Lo stereotipo è altresì smentito dai dati sui reati commessi e sulle pene da scontare. Al 31 marzo 2019 gli stranieri sono l’1,4% del totale dei detenuti in carcere per associazione a delinquere di stampo mafioso. Ma soprattutto costituiscono l’8,59 dei detenuti che sono in carcere per violazione della legge sulle armi. È questo un dato importante che ci fa comprendere come compiano reati meno a rischio per l’incolumità fisica delle vittime.
Sono inoltre il 31,1% del totale dei detenuti che hanno commesso delitti contro la persona. Viceversa costituiscono il 37,4% dei detenuti in carcere per violazione della legge sugli stupefacenti. È evidente che un provvedimento concreto e pragmatico di depenalizzazione e/o legalizzazione delle droghe, a partire da quelle leggere, inciderebbe notevolmente sulla loro presenza nelle prigioni italiane.
“In carcere è facile riscontrare discriminazioni di fatto nei confronti degli stranieri: tra le più evidenti vi è quella di telefonare ai propri cari.”
Fonte: nostra elaborazione su dati DAP
Associazione a delinquere di stampo mafioso (Art. 416bis) | Violazione legge sulle armi | Violazione legge sulledroghe | |
Italiani | 98,6% | 91,4% | 62,6% |
Stranieri | 1,4% | 8,6% | 37,4% |
I detenuti stranieri sono condannati a pene significativamente più basse rispetto agli italiani, segno di una dimensione criminale minore e di una difesa tecnica che non ha consentito loro di ottenere altri vantaggi processuali (come la sospensione condizionale della pena o misure alternative alla detenzione da conseguire in fase di cognizione o di esecuzione). I dati sulle pene residue segnano come discriminatorio sia l’accesso alle misure alternative. Viceversa è molto basso (6,23%) il numero degli stranieri ergastolani, inferiore di sette volte a chi deve scontare una pena inferiore a un anno e che potrebbe tendenzialmente accedere a misure esterne al carcere.
Fonte: nostra elaborazione su dati DAP
Detenuti con pena residua inferiore a un anno | Detenuti che scontano la pena dell’ergastolo | |
Italiani | 57,8% | 93,8% |
Stranieri | 42,2% | 6,2% |
Non è infrequente nella comunicazione pubblica e politica enfatizzare la possibilità di espellere i detenuti stranieri verso i paesi di origine. Possibilità condizionata dall’esistenza di trattati bilaterali e dal rispetto del principio di uguaglianza. A tal proposito va detto che alcuni paesi potrebbero opporre una condizione di reciprocità di trattamento. Per questo merita uno sguardo il numero dei detenuti italiani all’estero. L’ultimo dato ufficiale (2017) dice che sono 2.924, di cui 2.314 reclusi in paesi Ue. Ogni ragionamento intorno all’espulsione di detenuti stranieri in Italia deve tenere conto anche di questo dato.
In conclusione, uno sguardo va rivolto alla vita dentro le carceri e alla presenza di interpreti, traduttori e mediatori culturali. I mediatori culturali operativi nel 2018 nelle carceri italiane sono stati 165, in diminuzione rispetto ai 223 dell’anno precedente e ai 208 del 2008. Un calo, quello del 2018, segno dei tempi bui e della disattenzione generale e pubblica ai bisogni dei migranti. Ovviamente è una follia dal punto di vista della politica criminale e sociale isolare linguisticamente e culturalmente gli stranieri, destinandoli alla ghettizzazione.
La distribuzione geografica e regionale degli stranieri detenuti evidenzia un modello penitenziario italocentrico di separatezza anziché di integrazione; le offerte trattamentali sono spesso pensate per un detenuto tipo che è italiano.
In carcere è facile riscontrare discriminazioni di fatto nei confronti degli stranieri: tra le più evidenti vi è quella di telefonare ai propri cari. La corrispondenza telefonica è spesso condizionata da problemi tecnici o dalla negligenza delle rappresentanze diplomatiche o consolari. Il problema potrebbe essere parzialmente risolto con la comunicazione via skype.