La recensione: La pena di morte, una questione di
principio di Antonio Marchesi - (Laterza, 2004)
di Patrizio Gonnella
L’abolizione della pena di morte è una
questione di diritti umani. Nelle scorse settimane Amnesty International ha
presentato i dati relativi alle esecuzioni registrate nel 2003. Nel rapporto si
legge che nel 2003 Cina, Iran, Usa e Vietnam hanno totalizzato l’84% delle 1.146
esecuzioni accertate in 28 paesi. E i dati sulla Cina sono quanto meno in
difetto visto che un parlamentare cinese ha recentemente affermato che nel paese
vi sarebbero all’incirca 10.000 esecuzioni all’anno. Almeno 108 esecuzioni hanno
avuto luogo in Iran, almeno 64 in Vietnam e 65 negli Usa. Nei restanti 63 Paesi,
che ancora mantengono la pena capitale, vi sarebbero state circa 2.756 condanne
a morte.
Antonio Marchesi nel volume da poco in libreria
La pena di morte, una questione di principio (Laterza, 2004) ricorda appunto sin
dal primo capitolo come la pena di morte sia una questione di diritti umani, e
in particolare attenga al diritto alla vita. Nonostante le timidezze
internazionali e l’assenza di una presa di posizione abolizionista vincolante,
il numero dei Paesi mantenitori è progressivamente diminuito. Oggi ben 77 Stati
hanno abolito la pena di morte anche nei casi di crimini di guerra. Antonio
Marchesi ricorda le ragioni di diritto, di fatto e di principio a sostegno delle
tesi abolizioniste. Gli accordi internazionali abolizionisti sono al momento
quattro stipulati sia a livello universale che a livello regionale (due in
ambito europeo). Gli Stati Uniti, alleati in questa battaglia di retroguardia
con Cina, Cuba, Iran e Singapore, sostengono che la previsione nell’ordinamento
giuridico interno della pena di morte sia una questione che non riguarda il
diritto internazionale. Si legge nella quarta di copertina che “la pena di morte
non divide solo le coscienze ma anche gli Stati: Europa e Stati Uniti, i due
volti del mondo occidentale, rappresentano le ali estreme di questo conflitto”.
E proprio gli Stati Uniti continuano a fare giurisprudenza in negativo. Jens
Soering, cittadino tedesco residente in Virginia, uccide in combutta con la sua
fidanzata i genitori di quest’ultima. Vengono arrestati in Inghilterra. La Corte
europea dei diritti umani di Strasburgo nega l’estradizione sostenendo che la
detenzione nel braccio della morte in condizioni estreme, con l’angoscia sempre
presente e crescente dell’esecuzione capitale, lo esponga a rischio
inaccettabile di tortura. Pietro Venezia uccide in Florida l’agente delle tasse,
fugge e torna nella sua Puglia. Qui viene arrestato. La Corte Costituzionale
nega l’estradizione negli Usa in quanto vi sarebbe il rischio, seppur
potenziale, della condanna a morte.
Il libro di Marchesi, che ricostruisce tutte le
posizioni intorno alla pena di morte con uno sguardo prevalentemente
internazionale, costituisce un’occasione importante per ridiscutere di diritti
umani e sovranità nazionale. L’ingerenza umanitaria, la cui retorica ha pervaso
le ultime guerre immorali e illegali, non tocca ancora i codici penali
nazionali, che possono permettersi senza controlli sovranazionali di prevedere
sanzioni e pene violative dei diritti fondamentali della persona. |