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Pena di morte, il rapporto annuale di “Nessuno tocchi Caino”

 

In almeno uno dei 34 Paesi del pianeta non passa giorno che qualcuno non finisca con una corda al collo, con una pallottola in testa o una siringa letale nel braccio. La scelta del modo di eseguire una condanna a morte è solo uno dei gradi di barbarie con cui la società umana si distingue da quella animale, che di solito uccide a morsi e molto spesso per fame. Nel mondo civile si uccide per far espiare una colpa e pensando che un'esecuzione capitale sia un deterrente a non commettere altri reati. Un errore grave (i reati diminuiscono per altri fattori) e che continua ad essere vincolato alla forma più estrema e inumana di punizione. Che ha fatto totalizzare al pianeta 4700 esecuzioni capitali nel corso del 2001. Tra i tanti dossier, rapporti, indagini che ogni giorno affollano la vetrina mediatica, il rapporto annuale di «Nessuno Tocchi Caino», anche quest'anno curato da Elisabetta Zamparutti, non si può mancare. Senza tanti orpelli e con una minima concessione alla società dello spettacolo, «La pena di morte nel mondo» è l'agenda più cruda e spietata che l'editoria italiana  pubblica da alcuni anni a questa parte. La sua utilità è non solo quella di fare il punto sulla situazione dei vari Caino in attesa dell'estremo giudizio o già giustiziati, ma anche di ricordare la battaglia per la moratoria. Una battaglia che, ha assicurato il sottosegretario agli Esteri Mario Baccini, tornerà all'Onu nel 2003.

Il rapporto di «Nessuno Tocchi Caino» racconta quest'anno di 34 Paesi e 4.700 esecuzioni. La palma d'oro spetta alla Cina che, da sola, ne avrebbe praticate (il condizionale è d'obbligo perché i dati sono ufficiosi) almeno 3500. Primato conteso - a forte distanza - da una decina di altri Stati tra cui l'Iran (almeno 198), l'Iraq (almeno 179), il Kenya, il Tagikistan, il Vietnam (almeno un centinaio per ciascuno), la monarchia saudita del petrodollaro (82), lo Yemen (almeno 80). E bisogna dunque arrivare agli Stati Uniti, Paese con certezza del diritto, per sapere dati sicuri: 66 omicidi di stato tra cui 3 donne e un minore. Seguono in ordine decrescente il Pakistan del generale Musharraf (45 ma solo fino al novembre 2001) il Kazakistan (35 nei primi sei mesi del 2001), la Repubblica Democratica del Congo (35) e la Cecenia (21). Più confortante la lista dei Paesi abolizionisti divenuti 77 e quelli abolizionisti de facto (28) mentre i Paesi del Consiglio d'Europa che attuano la moratoria delle esecuzioni e aboliranno la pena di morte sono 2, l'Armenia e la Russia. Sei sono i Paesi che attuano una moratoria legale delle esecuzioni, 14 sono gli abolizionisti per crimini ordinari. I paesi mantenitori restano 69. Tra questi 13 «democrazie liberali», secondo i criteri usati dalla Freedom House nel rapporto 2001-2002. Quadro, nonostante i miglioramenti, a tinte fosche. La pattuglia però non demorde. Sergio d'Elia, che dei difensori di Caino è il segretario, è ottimista: «Dal punto di vista dei numeri la cosa non può che migliorare. L'anno prossimo a votare la moratoria ci saranno Jugoslavia, Turchia, Mali che nel '99 (quando la mozione fu ritirata ndr) non c'erano. Paradossalmente, continuando così, finirà che i Paesi aboliranno la pena di morte prima ancora che la moratoria passi alle Nazioni Unite».

 

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