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Il manifesto, 8 luglio 2012
Accountability è parola inglese di non semplice traduzione in italiano: per lo meno in tutte le modulazioni di significato che essa originariamente esprime. Indica la responsabilità di ciò che si è fatto, il risponderne, il darne compiuta spiegazione, l’assumere le conseguenze dei propri comportamenti. La mancanza di questa traduzione indica metaforicamente le mancanze che registriamo dopo la benvenuta sentenza della Corte di Cassazione sui fatti della Diaz. La responsabilità di chi agisce in funzione pubblica non si limita, infatti, alla sfera penale, include anche altri ambiti: amministrativo, politico, culturale. Sul piano della responsabilità amministrativa, le tardive decisioni del capo della polizia non sanano la ferita inferta dalla promozione – discrezionale, non certo automatica – di coloro su cui gravava il sospetto di responsabilità per un’azione così grave da definirsi come tortura...leggi tutto
Nei giorni scorsi avevamo
lanciato da Il Manifesto un appello al ministro della Giustizia Paola
Severino perché dicesse parole chiare contro la tortura. Purtroppo la ministra
ha proposto alcune modifiche al testo di legge che rischiano di rendere
evanescente il contenuto del reato e non perseguibile chi lo ha commesso.
Modifiche che hanno sollevato forti obiezioni da Amnesty International oltre che
da Antigone.
Non è facile spiegare perché le istituzioni italiane facciano resistenza
ogniqualvolta si tenti di criminalizzare la tortura.
Non è facile spiegare in termini giuridici perché non si copi fedelmente una definizione presente in un Trattato dell'Onu firmato e ratificato da mezzo mondo ma si tenti di cambiarne parole, contenuti e senso.