10 aprile 2025 - "Oggi il Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria (DAP) ha emanato una circolare per assicurare, finalmente, il diritto alla affettività e alla sessualità nelle carceri. Un diritto sancito dalla Corte Costituzionale nel gennaio 2024 e ribadito nelle settimane scorse da ben tre tribunali di sorveglianza, che avevano accolto i ricorsi presentati da altrettante persone detenute i quali denunciavano l'impossibilità di svolgere rapporti intimi con i propri partner". A dirlo è Patrizio Gonnella, presidente di Antigone.
In particolare la circolare del DAP fornisce indirizzi operativi per garantire il diritto all’affettività delle persone detenute. Sottolineando come questa sia un diritto fondamentale, da esercitare anche durante la detenzione, demanda ai direttori degli istituti penitenziari di attrezzarsi per mettere a disposizione spazi dedicati ai colloqui privati tra detenuti e persone con cui abbiano relazioni affettive stabili. Inoltre viene sottolineato come le richieste di colloqui intimi vadano valutate caso per caso, considerando la stabilità della relazione, la condotta del detenuto e le esigenze di sicurezza, prevedendo anche una dichiarazione congiunta delle parti e documentazione a supporto della relazione. Si prevede infine che gli istituti dovranno individuare e, se necessario, adeguare locali per garantire privacy e sicurezza e che le visite intime non avranno una frequenza prestabilita uguale per tutti, ma saranno valutate individualmente, anche in base alla capienza e alle risorse dell’istituto.
"La circolare disciplina le modalità di svolgimento dei colloqui intimi, demandando ai provveditori e ai direttori il compito di garantire questo diritto. Molto è rinviato a loro e ora il diritto dovrà essere pienamente assicurato a livello territoriale. Ci auguriamo che tutte le carceri si adeguino per tempo. Le sentenze della Consulta vanno rispettate. Non ci sono più giustificazioni per ulteriori ritardi. Abbiamo bisogno di promuovere un modello detentivo che sia più umano e che guardi alla Costituzione per costruire reali percorsi di reinserimento sociale". Queste le dichiarazioni di Patrizio Gonnella.
"Oggi il Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria (DAP) ha emanato una circolare per assicurare, finalmente, il diritto alla affettività e alla sessualità nelle carceri. Un diritto sancito dalla Corte Costituzionale nel gennaio 2024 e ribadito nelle settimane scorse da ben tre tribunali di sorveglianza, che avevano accolto i ricorsi presentati da altrettante persone detenute i quali denunciavano l'impossibilità di svolgere rapporti intimi con i propri partner". A dirlo è Patrizio Gonnella, presidente di Antigone.
In particolare la circolare del DAP fornisce indirizzi operativi per garantire il diritto all’affettività delle persone detenute. Sottolineando come questa sia un diritto fondamentale, da esercitare anche durante la detenzione, demanda ai direttori degli istituti penitenziari di attrezzarsi per mettere a disposizione spazi dedicati ai colloqui privati tra detenuti e persone con cui abbiano relazioni affettive stabili. Inoltre viene sottolineato come le richieste di colloqui intimi vadano valutate caso per caso, considerando la stabilità della relazione, la condotta del detenuto e le esigenze di sicurezza, prevedendo anche una dichiarazione congiunta delle parti e documentazione a supporto della relazione. Si prevede infine che gli istituti dovranno individuare e, se necessario, adeguare locali per garantire privacy e sicurezza e che le visite intime non avranno una frequenza prestabilita uguale per tutti, ma saranno valutate individualmente, anche in base alla capienza e alle risorse dell’istituto.
"La circolare disciplina le modalità di svolgimento dei colloqui intimi, demandando ai provveditori e ai direttori il compito di garantire questo diritto. Molto è rinviato a loro e ora il diritto dovrà essere pienamente assicurato a livello territoriale. Ci auguriamo che tutte le carceri si adeguino per tempo. Le sentenze della Consulta vanno rispettate. Non ci sono più giustificazioni per ulteriori ritardi. Abbiamo bisogno di promuovere un modello detentivo che sia più umano e che guardi alla Costituzione per costruire reali percorsi di reinserimento sociale". Queste le dichiarazioni di Patrizio Gonnella.
Il Ministro della Giustizia Nordio ci dice che il sovraffollamento è prodotto dai giudici e non invece dalle leggi approvate dal governo. Ovviamente ciò non è vero. Ma con questa affermazione Nordio ammette dunque che le leggi introdotte sono pensate per costruire consenso e non servono a reprimere comportamenti effettivamente meritevoli di pena. Ossia ammette che il governo sta facendo semplice propaganda penale e ha usato tutte le tecniche del populismo penale fin dalla norma che introdusse il reato legato ai rave party.
Il sovraffollamento carcerario - che oggi è arrivato anche nelle carceri minorili, cosa mai accaduta prima - è indubbiamente colpa di alcune leggi del governo, come l'inasprimento delle pene per i reati di lieve entità legati alle droghe e le altre norme del decreto Caivano. E quando sarà in vigore il decreto sicurezza, con il delitto di rivolta penitenziaria che punirà chi protesta senza uso della violenza, le carceri esploderanno.
Il discorso pubblico del governo, inoltre, spinge le forze di polizia a effettuare più arresti, come sottolineano anche i dati relativi a Milano, diffusi ieri dal Questore, il quale ha riportato come negli ultimi mesi ci sia stato un aumento degli arresti a fronte di un calo dei reati. La questione della sicurezza è usata come anestetico sociale, per impaurire.
Di fronte alla catastrofe penitenziaria, alle morti, alle tragedie, alla vita resa impossibile a detenuti e operatori, non si possono proporre le solite ricette edilizie e qualche posto in più in container improvvisati. Oggi ci sono 15.000 detenuti in più rispetto alla capienza regolamentare. Il sistema è illegale. Lo Stato così perde credibilità.
La Corte di appello di Firenze ha confermato le condanne per tortura a carico di alcuni agenti penitenziari per le violenze inferte ad una persona detenuta nel carcere di San Gimignano. Le pene inflitte vanno dai 4 anni e 2 mesi ai 3 anni e 8 mesi, con l'interdizione dai pubblici uffici per 5 anni.
"Si tratta della prima condanna in appello per il reato di tortura di cui con forza abbiamo chiesto l'introduzione nel codice penale, ottenuta nel 2017. In un paese democratico non deve esserci spazio per la tortura di Stato e crediamo che questa sentenza sia una vittoria innanzitutto per lo stato di diritto, le istituzioni e i cittadini", ha dichiarato Patrizio Gonnella, presidente di Antigone.
Antigone, fin dall'inizio, era costituita parte civile nel processo.
"Sebbene non vi sia un obbligo generale di liberare una persona detenuta per motivi di salute, in certe situazioni il rispetto dell’articolo 3 della Convenzione Europea dei diritti dell'uomo, che vieta i trattamenti inumani e degradanti, può imporne la liberazione o il trasferimento in una struttura di cura. Ciò si verifica, in particolare, quando lo stato di salute del detenuto è talmente grave da rendere necessarie misure di carattere umanitario, oppure quando la presa in carico non è possibile in un contesto penitenziario ordinario, rendendo necessario il trasferimento del detenuto in un servizio specializzato o in una struttura esterna". Queste le dichiarazioni di Patrizio Gonnella, presidente di Antigone, a seguito della sentenza emessa dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo nel caso "Niort c. Italia". Una decisione con cui la Corte ha riconosciuto la responsabilità dello Stato italiano per la violazione del diritto alla salute e alle cure mediche di questa persona detenuta.
In particolare il ricorrente era una persona affetta da importanti disturbi psichiatrici, appurati da una relazione compilata da un tecnico nominato d'ufficio che, dopo un periodo di osservazione psichiatrica aveva accertato che la malattia di Simone si era aggravata ulteriormente in carcere dove il giovane aveva sviluppato una “sindrome reattiva al carcere”, come racconterà uno degli avvocati che ha curato il ricorso alla Cedu. Una relazione che rimane tuttavia riservata e che il ricorrente e il suo difensore non riusciranno a vedere.
Il sistema carcerario dell’Emilia-Romagna si trova ad affrontare una fase critica, segnata da sovraffollamento, condizioni strutturali precarie e un drammatico aumento dei suicidi.
Lo evidenzia il report della nostra sede regionale dell'Emilia-Romagna che ha raccolto un anno di visite nei dieci istituti di pena della regione e nell’IPM di Bologna.
Le carceri regionali, si spiega, rispecchiano il quadro nazionale: in alcuni istituti, come Bologna e Ferrara, il tasso di sovraffollamento supera il 160%, rendendo difficile garantire condizioni di vita dignitose. Le strutture sono spesso fatiscenti, con carenza di acqua calda e spazi per la socialità. L’offerta trattamentale è disomogenea: se in istituti come Forlì e Castelfranco si registrano buone pratiche di reinserimento, in altri le opportunità di studio e lavoro restano insufficienti.
Particolarmente allarmante è poi il dato sui suicidi: nel 2024, ben 9 detenuti si sono tolti la vita. A ciò si aggiungono le difficoltà nell’IPM di Bologna, dove il sovraffollamento e la carenza di personale educativo rendono complicata la gestione dei giovani detenuti.
Una condizione che richiede un netto cambio di passo, con investimenti strutturali, più personale e un reale impegno per il reinserimento sociale.
Oggi alla Camera dei Deputati si terrà un dibattito straordinario sulla situazione del sistema penitenziario italiano. Erano ormai mesi che chiedevamo che il Parlamento rimettesse al centro del dibattito politico e pubblico il tema del carcere.
La condizione odierna è a dir poco drammatica. Con gli ultimi due suicidi delle scorse ore sono già 20 le persone che si sono tolte la vita in questa prima parte del 2025 in un istituto di pena. Il sovraffollamento è sempre più grave nelle carceri per adulti, con circa 16.000 persone che non hanno un posto regolamentare, ed è diventato ormai strutturale anche negli Istituti Penali per Minorenni dove non si era mai registrato. Molte strutture versano in condizioni fatiscenti e non garantiscono la disponibilità di servizi minimi come acqua e riscaldamenti. Una situazione che richiede provvedimenti immediati.
Per questo Antigone, in vista del dibattito odierno, ha inviato ai Deputati un documento che fotografa la situazione attuale del sistema penitenziario e contiene una serie di proposte per affrontare l'emergenza attuale.
"È assolutamente necessario che si discuta ai più alti livelli e in Parlamento di quanto sta accadendo nelle carceri e si prendano decisioni che portino il sistema nella legalità. Siamo ad un punto critico da cui è necessario uscire attraverso una serie di provvedimenti urgenti che non possono più essere rimandati senza mettere a rischio la dignità di chi in carcere è recluso, ma anche di chi in carcere lavora". A dirlo è Patrizio Gonnella, presidente di Antigone.
Dopo il record negativo dello scorso anno di 89 suicidi, sono già 16 quelli avvenuti nel 2025. Le persone detenute in carcere a fine febbraio erano 62.165 per una capienza regolamentare di 51.323 unità, ma reale di 46.836 posti. Questo significa che, alla fine del mese scorso, in carcere c'erano 15.329 persone senza un posto, per un tasso di affollamento del 132,7%. Molte strutture detentive versano poi in condizioni totalmente degradate a livello igienico-sanitario. Carceri con muffe e infiltrazioni diffuse, fredde per l'assenza di riscaldamenti e acqua calda in inverno, con un caldo soffocante in estate, in alcuni casi con mancanza di luce nelle sezioni. Carceri dove si sta in celle così malmesse fino a 20 ore al giorno di fila. Carceri dove non si può telefonare ai propri cari se non 10 minuti a settimana.
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