Il Disegno di Legge Governativo n.1660, attualmente in discussione presso la Camera dei Deputati, in molte delle sue norme si pone in evidente contrasto con una serie di principi costituzionali che reggono il nostro ordinamento giuridico, specificamente nel campo del diritto penale, del diritto dell’immigrazione e del diritto penitenziario. A denunciarlo è stato nei giorni scorsi anche l’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE), in un suo documento di analisi di questo provvedimento, affermando che: “La maggior parte delle disposizioni ha il potenziale di minare i principi fondamentali della giustizia penale e dello Stato di diritto”.
Le nuove disposizioni che il Governo vorrebbe introdurre appaiono, infatti, impostate ad una logica repressiva e disumanizzante: la sicurezza è declinata solo in termini di proibizioni e punizioni, ignorando che è, prima di tutto sicurezza sociale, lavorativa, umana e dovrebbe essere finalizzata all’uguaglianza delle persone. Il disegno di legge del Governo strumentalizza, invece, le paure delle persone e contravviene ai doveri di solidarietà di cui all’articolo 2 della Costituzione. Le norme spingono verso una criminalizzazione del dissenso e delle lotte sociali, trasformando in reati comportamenti che hanno a che fare con la protesta, il disagio e la marginalità sociale. L’introduzione del delitto di rivolta penitenziaria rischia di cambiare irrimediabilmente il volto del sistema penitenziario, prevedendo anche la punibilità della resistenza passiva a un ordine dell’agente di Polizia, senza neanche specificare se legittimo. Le norme del disegno di legge governativo si ispirano a un modello di diritto penale di matrice autoritaria e non liberale che risponde ad una ben chiara matrice culturale e politica, di dubbia consistenza democratica.
Nei giorni scorsi, insieme ad ASGI, avevamo espresso in un documento la nostra grande preoccupazione per gli effetti di questo disegno di legge del Governo sul nostro ordinamento giuridico, sui diritti dei cittadini e delle persone migranti e che segna una deriva di natura autoritaria estremamente pericolosa.
Ora abbiamo sintetizzato il documento stesso e lo abbiamo tradotto in diverse lingue al fine di diffondere il più possibile le nostre preoccupazioni: Italiano, Inglese, Spagnolo, Francese.
3 suicidi in due giorni, 47 dall'inizio dell'anno, 12 solo nel mese di giugno, nel quale si è uccisa una persona detenuta ogni due giorni e mezzo. Se il dato fosse questo, a fine anno avremo circa 100 suicidi, superando il dato degli 85 avvenuti nel 2022. Va tenuto conto che quell'anno, proprio l'estate, fu un periodo drammatico, quando nel solo mese di agosto se ne contarono 17.
Quella dei suicidi è una conta drammatica. Già nei giorni scorsi avevamo lanciato l'allarme, indicando in questa una vera e propria emergenza nazionale e chiedendo provvedimenti immediati da parte del Governo e del Parlamento. Che torniamo a chiedere ancora una volta, proprio in vista dei mesi estivi, quelli dove le attività scolastiche chiudono, quelle di volontariato si rarefanno e le persone detenute restano più sole e le loro giornate diventano piene di apatia e noia, che portano disperazione. Disperazione e solitudine che sono un volano per gli episodi più estremi.
Per questo chiediamo dodici provvedimenti urgenti, alcuni dei quali possono essere inseriti già all'interno del, finora solo annunciato, decreto carceri che il Ministro della Giustizia Nordio vorrebbe portare in discussione in Consiglio dei Ministri:
Ariano Irpino, Biella, Sassari, Teramo. Sono le quattro carceri dove tra venerdì e sabato, in 24 ore, si sono suicidate le ultime quattro persone detenute. Ultime delle, finora, 44 che si sono tolte la vita in un istituto di pena nei primi 5 mesi e mezzo del 2024, una ogni quasi tre giorni. Un numero che se continuasse a crescere a questo ritmo porterebbe il 2024 a superare il tragico dato del 2022 quando i suicidi in prigione furono 85. Quella dei suicidi in carcere è un'emergenza nazionale. Se in una città di 60.000 abitanti si suicidassero 44 persone in pochi mesi non parleremo di altro. Per questo Governo e Parlamento se ne devono occupare in via prioritaria, anche a fronte di una situazione di sovraffollamento sempre più grave, con oltre 14.000 persone detenute senza un posto regolamentare, condizioni di vita sempre più difficili per i reclusi e di lavoro faticosissime per gli operatori penitenziari.
Serve intervenire con provvedimenti che portino ad una riduzione del peso sulle carceri attraverso la concessione di misure alternative; serve liberalizzare le telefonate dotando le celle di telefoni laddove (ed è la maggioranza dei casi) non sussistano problemi di sicurezza rispetto ai contatti con l'esterno; serve assumere personale; serve ridurre il peso dell'isolamento; serve che si modernizzi la pena carceraria; serve che la vita in carcere sia piena di iniziative, senza ostacoli o burocrazie; serve che non vi sia mai violenza.
Invitiamo dunque il governo a ritirare il ddl sicurezza che, invece, va verso una strada che è l'opposto di quanto servirebbe e, soprattutto, con l'introduzione del reato di rivolta penitenziaria, nella quale si punisce con una pena fino a 8 anni anche la resistenza passiva e la protesta non violenta, lascerà alle persone detenute come unico strumento per far emergere le difficoltà e le problematiche il proprio corpo, con un prevedibile aumento di atti di autolesionismo e suicidi.
Queste le dichiarazioni di Patrizio Gonnella, presidente di Antigone.
RESCALED ed Antigone accolgono con favore le importanti conclusioni del Consiglio dell'UE in materia di detenzione su piccola scala
Bruxelles, 14 giugno 2024 - Oggi i ministri della Giustizia dei 27 Paesi dell'UE hanno espresso all'unanimità il loro sostegno all'uso della detenzione su piccola scala. Lo hanno fatto adottando le Conclusioni del Consiglio relative a questo modello alternativo di detenzione e invitando così tutti gli Stati membri a prendere in considerazione, ove appropriato, l'uso di strutture detentive su piccola scala per scopi di custodia, comprese le case di reinserimento sociale, con l'obiettivo di limitare gli impatti negativi della detenzione e promuovere il reinserimento sociale e la preparazione al rilascio.
Il Movimento RESCALED (di cui Antigone fa parte), uno dei principali sostenitori della detenzione su piccola scala in Europa, accoglie con soddisfazione l'adozione di queste conclusioni del Consiglio, poiché segnano un passo significativo verso un sistema giudiziario più sostenibile e un futuro più verde, equo e inclusivo. Si tratta di un segnale forte e di speranza in tempi in cui molti sistemi carcerari si discute della costruzione di nuove carceri riproponendo un modello di detenzione che si è dimostrato fallimentare.
Nei giorni scorsi Antigone Campania ha presentato il primo rapporto regionale sulle condizioni di detenzione dei minori.
La pubblicazione di questo lavoro vede la luce all’indomani di due eventi particolarmente significativi: la condanna in primo grado a venti anni di reclusione di un ragazzo diciassettenne per l’omicidio di un giovane nel centro di Napoli e l’arresto di tredici agenti di polizia penitenziaria – e l’interdizione dal servizio di altri otto – per numerose accuse di torture, maltrattamenti, lesioni, violenza sessuale e falso che sarebbero stati perpetrati ai danni di minori e giovani reclusi nell’istituto penale minorile “Beccaria” di Milano.
Gli interventi in cui si articola questo rapporto sono il frutto di due anni di osservazione, analisi e studio, praticati attraverso visite negli istituti penali minorili e nelle comunità per minori in area penale campani da parte dell’Osservatorio sulle condizioni di detenzione dei minori di Antigone, ed approfonditi grazie ad una elaborazione collettiva resa possibile dal contributo di tante persone che partecipano alla comunità di Antigone Campania.
Senza alcuna pretesa di esaustività, speriamo che il nostro possa essere un contributo utile all’approfondimento sui temi della giustizia penale e della devianza minorile.
In Italia poca attenzione è stata fino ad oggi dedicata ai programmi che abbiano ad oggetto il reinserimento della persona che esce dal carcere, al di là del genere di appartenenza.
Il momento dell'uscita dal carcere è a volte problematico, soprattutto per chi non ha una rete famigliare fuori ad attenderlo. Per questo, nel tempo, abbiamo pubblicato diverse guide per prepararsi al momento del rilascio e avere informazioni su servizi che possano supportare la persona detenuta nel passaggio da dentro a fuori.
Nel caso delle donne, l'uscita dal carcere presenta problematiche in alcuni versi simili e in altre inedite. Per questo la sede di Antigone Emilia-Romagna ha realizzata la guida "Donne dentro e oltre la pena", con e per le donne detenute nel carcere di Bologna.
La guida, che contiene alcune riflessioni sulla detenzione al femminile e poi una serie di servizi e contatti utili, è fruibile e scaricabile sia in italiano che in inglese.
Ieri nel carcere minorile Beccaria di Milano molti dei ragazzi detenuti hanno inscenato una protesta - che è consistita prima nel mancato rientro in cella e poi nella battitura delle sbarre - rientrata dopo poche ore senza violenza e senza che nessuno, sia tra i ragazzi che tra gli agenti, sia risultato ferito. Si è parlato di rivolta, come troppo spesso si fa in casi analoghi, e crediamo che innanzitutto vada ripristinato il corretto uso dei termini, riconoscendo la differenza tra rivolte e proteste.
Quella del Beccaria di ieri rientra perfettamente in quest'ultima fattispecie e bisogna cercare di capire cosa sta accadendo in quell'istituto dove, un mese fa, la metà degli agenti in servizio sono stati indagati per torture e altri reati connessi ai casi di torture. Il quadro che esce fuori dalle carte della Procura parla di un clima di violenze e sopraffazione generalizzato. Il problema del Beccaria, oggi, è un problema di - comprensibile - mancanza di fiducia verso l'istituzione. Le proteste, quella di ieri non è il primo episodio critico avvenuto nell'ultimo mese, vanno dunque affrontate con il dialogo, lavorando per ripristinare proprio quella fiducia, fondamentale tra custodi e custoditi. Un dialogo che devono favorire anche le istituzioni non carcerarie, come il Comune di Milano, la Regione Lombardia, la magistratura, l'avvocatura e la società civile, in un accompagnamento civico fondamentale per questo pezzo di città.
Parlare di rivolta, invece, non aiuta ad andare verso questo dialogo. Ancor meno aiuterebbe se dovesse essere approvato il ddl sicurezza, che per le rivolte, anche non violente, prevede pene sproporzionate. Se fosse stato in vigore questo testo di legge i ragazzi del Beccaria avrebbero potuto subire una condanna fino a 8 anni, con l'esclusione dai benefici penitenziari previsto dal regime 4-bis che, nato per i reati di mafia e terrorismo, oggi si applica a diverse fattispecie penali e si applicherà anche al reato di rivolta penitenziaria. Allo stesso modo, a non agevolare il dialogo, potrebbe esserci il trasferimento, a seguito delle proteste di ieri, dei giovani adulti nelle carceri per adulti, possibilità che il decreto Caivano ha semplificato.
Una soluzione penale ad una questione sociale, quella delle proteste penitenziarie, che vanno ascoltate perché da sempre denunciano problemi, criticità, malessere, che ogni istituzione sana dovrebbe prendere in carico. Soprattutto quando questo malessere è manifestato da dei ragazzini".
Queste le dichiarazioni di Patrizio Gonnella, presidente di Antigone
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“Oltre il limite”. E' questo il titolo del Report 2023 di Antigone Marche che è stato presentato oggi a Jesi durante un Convegno sulla condizione delle carceri marchigiane. Il documento...