Davanti alla difficoltà di implementazione del Protocollo Italia-Albania (con il quale si prevede che i migranti soccorsi dalle autorità italiane in mare vengano trasferiti in Albania per l'identificazione e la valutazione delle loro richieste di asilo), sembra si stia ragionando sulla conversione dei centri albanesi in vere e proprie carceri in cui trasferire detenuti di nazionalità albanese che si trovano attualmente reclusi in un istituto penitenziario italiano.
Un piano di delocalizzazione penitenziaria problematico perché - come abbiamo approfondito in questo nostro documento - profondamente contrario al principo di non discriminazione e potenzialmente lesivo dei diritti delle persone detenute (in particolare diritto alla rieducazione, alla salute, alle relazioni affettive, all’istruzione e al lavoro). Un piano che determinerebbe una inaccettabile incertezza giuridica nell’esercizio della funzione penitenziaria, soprattutto in riferimento ai diritti fondamentali delle persone detenute e alla supervisione giurisdizionale.
Piuttosto che spendere decine di milioni di euro per aprire un carcere italiano in Albania, tali cifre potrebbero essere utilizzate per migliorare la qualità della vita nelle carceri italiane, sia degli operatori penitenziari che delle persone ristrette.