Arriva a Bari il progetto “Nessuno escluso”, programma nazionale per sensibilizzare la comunità penitenziaria sulla cultura giuridica e costituzionale, a cura di Ministero della Giustizia - Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, Giuffrè Francis Lefebvre e Associazione Antigone.
Bari, 7 febbraio 2025 – Arriva nella Casa Circondariale “Francesco Rucci” di Bari il progetto “Nessuno escluso”, importante programma nazionale volto a sensibilizzare la comunità penitenziaria intorno alla cultura giuridica e costituzionale, curato da Ministero della Giustizia - Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, Giuffrè Francis Lefebvre e Associazione Antigone.
Alla presentazione dell’iniziativa hanno partecipato Francesco Paolo Sisto, Viceministro della Giustizia, Michele Emiliano, Presidente della Regione Puglia, Vito Leccese, Sindaco della Città di Bari, Silvia Maria Dominioni, Presidente del Tribunale di Sorveglianza di Bari, Lina di Domenico, Capo Dipartimento f.f. dell'Amministrazione Penitenziaria, Carlo Berdini, Provveditore Regionale dell'Amministrazione Penitenziaria Puglia e Basilicata, Patrizio Gonnella, presidente dell'associazione Antigone, Valeria Pirè, Direttrice della Casa Circondariale di Bari "Francesco Rucci", Maria Pia Scarciglia, Presidente Antigone Puglia, Jolanda Carrieri, Magistrato del Tribunale di Sorveglianza di Bari. A moderare l'incontro, Antonio Delfino, Direttore Relazioni esterne e istituzionali di Giuffrè Francis Lefebvre.
10-01-2025 - Non poteva iniziare peggio il 2025, con 5 decessi nelle carceri della regione.
I fatti sono ormai noti: il 7 gennaio 2025 si è verificato nell’istituto di Modena il terzo decesso in sette giorni, un suicidio per inalazione di gas; il detenuto era un italiano di 50 anni. Il giorno prima era stato dichiarato morto un altro detenuto che aveva tentato il suicidio a metà dicembre ed era entrato in coma irreversibile, era un ragazzo marocchino di 27 anni; il 31 dicembre un altro detenuto era morto a Modena, sempre per inalazione di gas. Era un uomo macedone di 37 anni.
Il 30 dicembre si era tolto la vita un ragazzo nel carcere di Piacenza, 27 anni, di nazionalità tunisina, mentre si trovava in isolamento. Il 3 gennaio a perdere la vita un uomo pachistano di 40 anni, a Bologna, che mentre camminava in corridoio "si è accasciato ed è morto". Da accertare le cause della morte.
Il bilancio è dunque quello di tre suicidi e di due morti.
Due giorni di riflessioni culturali, giuridiche, politiche e sociali sul carcere. A 50 anni dall'approvazione della legge penitenziaria in vigore, questo evento rappresenta un'occasione per fare il punto su un aspetto cruciale del nostro sistema giuridico e sociale. Il focus principale sarà comprendere il percorso che ha attraversato la legge nel corso di mezzo secolo, analizzando in profondità le sue criticità e i suoi punti di forza.
La legge penitenziaria, che ha segnato una tappa fondamentale nella riforma del sistema carcerario italiano, ha introdotto importanti principi di umanizzazione e di rispetto dei diritti fondamentali dei detenuti. Tuttavia, è emerso nel tempo un dibattito acceso sulle sue reali applicazioni, sulle difficoltà operative e sull'efficacia nel rispondere alle necessità di una società in continua evoluzione. Questo incontro offrirà un’opportunità per discutere non solo i risultati ottenuti, ma anche le problematiche irrisolte, come il sovraffollamento delle carceri, le condizioni di vita dei detenuti e le opportunità di reinserimento sociale.
Gli studiosi e gli esperti coinvolti nell’incontro esamineranno la legge in una prospettiva che spazia dal passato, per comprendere come e perché furono adottate certe scelte, al presente, analizzando la sua applicazione concreta, verso il futuro, con uno sguardo attento alle possibili riforme e alle evoluzioni necessarie per rispondere alle sfide odierne. Un’analisi che non si limiterà a una dimensione giuridica, ma che abbraccerà anche gli aspetti politici, sociali e culturali, cercando di tracciare un percorso che vada oltre le parole della legge, affrontando le sue implicazioni quotidiane nella vita delle persone coinvolte nel sistema penitenziario.
Davanti alla difficoltà di implementazione del Protocollo Italia-Albania (con il quale si prevede che i migranti soccorsi dalle autorità italiane in mare vengano trasferiti in Albania per l'identificazione e la valutazione delle loro richieste di asilo), sembra si stia ragionando sulla conversione dei centri albanesi in vere e proprie carceri in cui trasferire detenuti di nazionalità albanese che si trovano attualmente reclusi in un istituto penitenziario italiano.
Un piano di delocalizzazione penitenziaria problematico perché - come abbiamo approfondito in questo nostro documento - profondamente contrario al principo di non discriminazione e potenzialmente lesivo dei diritti delle persone detenute (in particolare diritto alla rieducazione, alla salute, alle relazioni affettive, all’istruzione e al lavoro). Un piano che determinerebbe una inaccettabile incertezza giuridica nell’esercizio della funzione penitenziaria, soprattutto in riferimento ai diritti fondamentali delle persone detenute e alla supervisione giurisdizionale.
Piuttosto che spendere decine di milioni di euro per aprire un carcere italiano in Albania, tali cifre potrebbero essere utilizzate per migliorare la qualità della vita nelle carceri italiane, sia degli operatori penitenziari che delle persone ristrette.
"Se anche nei prossimi 3 anni il governo riuscisse a dotare la capienza delle carceri di 7.000 nuovi posti, come dichiarato dalla Presidente Meloni, avremo comunque, ad oggi, almeno altre 8.000 persone detenute senza un posto regolamentare. A questo si deve aggiungere che le persone detenute sono aumentate di oltre 2.000 unità nell'ultimo anno e di oltre 5.000 unità dal 2022. Se il tasso di crescita fosse questo anche nei prossimi tre anni (cosa tutt'altro che impossibile a fronte delle attuali politiche penali) è prevedibile che i 7.000 nuovi posti andranno ad assorbire i nuovi ingressi, lasciando dunque il sistema penitenziario in una condizione di affollamento cronico e drammatico come quello che si registra oggi, con circa 15.000 persone in più rispetto alla capacità del sistema stesso". A dirlo è Patrizio Gonnella, presidente di Antigone, a fronte delle dichiarazioni della Presidente del Consiglio Giorgia Meloni nella conferenza stampa di inizio anno.
È ufficialmente aperto il bando Servizio Civile Universale per la selezione di operatori volontari!
Scopri il nostro progetto “La tutela dei diritti delle persone private della libertà 2025”, che vede la coprogettazione tra Antigone Onlus e CILD.
L’Associazione Antigone mette a disposizione 4 posti (codice sede 179846), l’Associazione CILD mette a disposizione 2 posti (codice sede 179929).
Il progetto si svolgerà nelle sedi di ROMA, in via dei Monti di Pietralata 16.
Per partecipare al bando è necessario:
- Avere un’età compresa tra i 18 e i 29 anni (non compiuti alla data di presentazione della domanda, 28 anni e 364 giorni)
- Non aver riportato condanne
- Non appartenere a corpi militari o forze di polizia
Possono partecipare al bando cittadini italiani, cittadini degli altri Paesi dell’Unione Europea e cittadini non comunitari regolarmente soggiornanti in Italia.
La domanda deve essere presentare esclusivamente on-line attraverso la piattaforma DOL raggiungibile tramite PC, tablet e smartphone all’indirizzo https://domandaonline.serviziocivile.it, entro e non oltre il 18 febbraio 2025 ore 14.00.
Il 23 dicembre è morta l'ultima persona in carcere, la 244esima di questo drammatico 2024 (di cui 88 morte suicide). La morte è avvenuta nel carcere di Sollicciano, uno di quegli istituti dove sovraffollamento, condizioni strutturali e di conseguenza igienico-sanitarie non si possono definire degne di uno Stato di diritto. Quest'anno il numero di persone detenute ha superato le 62.000 con un tasso di affollamento superiore al 132%. Nonostante questi numeri, nonostante anche i richiami del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, l'attenzione sul carcere è minima e le uniche politiche attive sono quelle che continuano a riempire spazi che ormai da tempo non ci sono più. Le attività che dovrebbero consentire di costruire percorsi di reintegrazione sociale sono sempre meno e sempre più il tempo della pena passa nella noia e nell'apatia, spesso accompagnate da dosi massicce di psicofarmaci che rendono questa vita affrontabile. In questa situazione anche il ritorno in libertà è vissuto con angoscia, soprattutto da chi non ha reti familiari e sociali. Una condizione in cui si perde la speranza. Ci auguriamo che la politica sappia ascoltare l'appello di Papa Francesco e che il 2025 possa essere un anno in cui si mettano mano a riforme che guardino ai principi costituzionali di una pena che sia dignitosa, umana e guardi alla reintegrazione sociale di chi è in carcere.
"Il 2024 delle carceri ci sta lasciando drammatici record, quello dei suicidi, quello delle morti in carcere, e una crescita della popolazione detenuta così sostenuta da provocare, già oggi, una situazione di reali trattamenti inumani e degradanti generalizzati. Condizione che abbiamo raccolto in un report che presentiamo oggi, pochi giorni prima dell'appuntamento Giubilare che vedrà Papa Francesco varcare le soglie del carcere di Rebibbia per l'apertura di una delle Porte Sante".
A dirlo è Patrizio Gonnella, presidente di Antigone, in occasione della pubblicazione di un report con i dati principali che l'associazione ha raccolto durante l'anno.
"Il prossimo 26 dicembre - prosegue Gonnella - Papa Francesco sarà infatti in carcere e ci auguriamo che questa iniziativa del Pontefice possa riaccendere l'attenzione e la speranza nelle carceri italiane. Speranza che il Governo faccia marcia indietro nei propositi più repressivi e duri. Speranza che si investa in percorsi di reinserimento sociale senza trasformare il carcere in luoghi di vendetta. Speranza che le condizioni drammatiche di detenzione siano superate da politiche attente, che guardino alla dignità della persona e ad una pena che poggi pienamente sul dettato costituzionale. Papa Francesco ha scritto nel 2014 sulle carceri parole importanti. Su quelle parole andrebbe costruito un programma di governo. Non sulla criminalizzazione dei più vulnmerabili".
"Dopo l'Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE), che già nei mesi scorsi aveva espresso grandi critiche per i contenuti del DDL Sicurezza, stavolta è il Commissario sui Diritti Umani del Consiglio d'Europa a sollevare preoccupazioni. In una lettera indirizzata al Presidente del Senato Ignazio La Russa, il Commissario per i Diritti Umani del COE Michael O' Flaherty evidenzia quanto alcune delle disposizioni del disegno di legge, attualmente in discussione proprio al Senato, possano minare la libertà di manifestazione e di protesta pacifica, contravvenendo così a quanto previsto dagli articoli 10 e 11 della Convenzione Europea dei diritti dell'Uomo.
Pur concentrandosi specificatamente su questi temi, il Commissario O' Flaherty specifica come l'intero disegno di legge sollevi diverse preoccupazioni aggiuntive in relazione ad altri diritti. Per quanto riguarda il carcere il Commissario sottolinea come sia la giurisprudenza della Corte Edu, sia i rapporti del CPT, nonché la giurisprudenza nazionale, testimoniano come il trattamento e le condizioni nelle carceri e nei centri di detenzione per migranti italiani siano giudicati non conformi agli standard internazionali, aggiungendo motivi ai detenuti per contestare le loro condizioni con mezzi pacifici. Una protesta che va ascoltata e non perseguita.
A fronte di questo, si legge nella lettera del Consiglio d'Europa si chiede ai membri del Senato di astenersi dall'adottare il disegno di legge, a meno che non venga modificato in modo sostanziale per garantire che sia conforme agli standard del Consiglio d'Europa in materia di diritti umani. Un appello a cui anche Antigone si unisce, avendo già da tempo manifestato la propria preoccupazione rispetto a questo testo in tutte le sedi disponibili".
Queste le dichiarazioni di Patrizio Gonnella, presidente di Antigone.
A questo link la lettera del Commissario per i Diritti Umani del Consiglio D'Europa.
Violenze fisiche, forme di scherno e umiliazione nei confronti di persone con disturbi psichici, secchiate di acqua e urina lanciate nelle celle anche in piena notte, frasi offensive condite da razzismo. L’inchiesta trapanese ci conferma quanto sia importante, se non decisivo, avere una magistratura indipendente che indaghi sul potere, in tutte le forme nelle quali esso si esprime.
L’inchiesta è durata circa due anni (2021-2023), segno che non ha riguardato un singolo episodio ma una modalità criminale, violenta, truce, e purtroppo non estemporanea, di gestione della pena carceraria nei confronti dei più vulnerabili. La documentazione delle torture sarebbe terminata solo perché a un certo punto, nell’agosto del 2023, è stato chiuso il reparto di isolamento, dove si consumavano le violenze e dove era stata posta l’attenzione, anche con le riprese video (come sempre decisive), da parte degli investigatori. Ed è proprio la non episodicità che dovrebbe allarmare tutti noi.
La tortura è qualcosa che riguarda l’intera comunità nonché lo stato della democrazia di un paese. Se non ci si indigna di fronte a un poliziotto che riempie di urina una cella di un detenuto o lo pesta senza ragione, vuol dire che siamo di fronte a un processo diseducativo di massa che ha investito le nostre coscienze. Vuol dire che è in corso la bancarotta delle agenzie della formazione pedagogica e dei corpi intermedi.