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Condanne per tortura a San Gimignano. Antigone: "una sentenza che restituisce giustizia in un caso riconosciuto di tortura"

16616189218 441c0ed5e5 oAltre 5 condanne per le torture avvenute nel carcere di San Gimignano. Ad essere condannati con pene da 5 anni e 10 mesi fino a 6 anni e mezzo, per torture, falso e minaccia  aggravata sono alcuni agenti penitenziari che erano in servizio in quell'istituto. Condanne, in questo caso con rito ordinario, che seguono alle 10 che avevano interessato agenti di polizia penitenziaria i quali avevano scelto il rito abbreviato. Per loro le pene erano state dai 2 anni e 3 mesi ai 2 anni e 8 mesi. Antigone è costituita parte civile. 

"Abbiamo lottato tanto negli anni affinché fosse approvata una legge che punisse la tortura e, ora che la abbiamo, ci rendiamo conto di quanto fosse necessaria per consentire di chiamare tortura ciò che prima non aveva dignità nelle aule di giustizia", a dirlo è Patrizio Gonnella, presidente di Antigone. "Nei giorni successivi all'avvio delle indagini, l'attuale Ministro delle infrastrutture e dei trasporti Salvini andò fuori dal carcere per dirsi sempre e comunque dalla parte degli agenti penitenziari. Crediamo invece che per essere dalla parte di tutti quegli operatori che lavorano nel rispetto delle leggi e del loro mandato si debba perseguire chi abusa del proprio ruolo e della disparità di potere nelle carceri, convinto dell'impunità che un luogo chiuso, lontano dagli sguardi, possa garantire. Fortunatamente, negli anni, sempre più persone – non solo i detenuti ma anche la stessa Amministrazione Penitenziaria - hanno iniziato a denunciare questi fatti, permettendo di aprire indagini e giungere a condanne. Allo stesso tempo contro la deriva della violenza, che va sempre condannata, è necessario investire in un modello penitenziario innovativo, moderno e rispettoso dei diritti fondamentali. Inoltre bisogna investire risorse per la gratificazione dello staff che si muove nel solco della legalità." 

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Cutro. Antigone: "non è con l'aumento delle pene che si affrontano le questioni sociali e umane"

cutroTra tutte le azioni che, all'indomani del naufragio di Cutro, il governo poteva intraprendere, quella dell'aumento delle pene per i cosiddetti scafisti è sicuramente la meno utile. Le pene non sono mai un deterrente. Lo abbiamo visto in tanti casi, anche recentemente. Negli anni della legge Fini-Giovanardi sulle droghe, consumi e traffici non diminuirono, ma aumentarono esponenzialmente le persone detenute, con costi economici e sociali altissimi. E' ancora meno un deterrente quando vogliono andare a colpire le catene ultime delle filiere criminali, persone - appunto i presunti scafisti - che accettano di mettersi in mare, su imbarcazioni di fortuna, rischiando a loro volta la vita, e che una volta arrivati sanno di poter essere tratti in arresto. Persone che non conosceranno in molti casi neanche una parola di italiano e non sapranno certamente se la pena che li aspetta possa essere di uno, cinque, dieci anni. E non si faranno probabilmente fermare da questa incertezza.

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Presentato oggi il primo rapporto di Antigone sulle donne in carcere

Rapporto DonneDi carcere si parla poco in generale. Di carcere al femminile si parla ancora meno, perché le donne sono poche, poco più del 4% del totale dei detenuti, e lo sono nel tempo (i dati sono simili da decenni) e nello spazio (in tutto il mondo le donne in carcere sono poche).

Con il nostro Rapporto abbiamo voluto innanzitutto accendere un faro su questo tema troppo spesso in ombra. Nei mesi scorsi abbiamo visitato tutte le carceri femminili, le sezioni femminili ospitate in carceri maschili, le carceri e sezioni femminili minorili, le sezioni per donne detenute trans in carceri maschili. Raccontiamo questi luoghi uno a uno, per far emergere uno spaccato di vita che non può ridursi, nelle sue peculiarità socio-giuridiche e nei suoi bisogni specifici, al carcere maschile.

Le donne hanno esigenze specifiche che vanno affrontate. Per questo chiediamo l'istituzione di un ufficio che si occupi solo di detenzione femminile all'interno del Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria. È solo una di dieci proposte che lanciamo nel Rapporto come frutto della nostra osservazione diretta. Nella convinzione che la gestione della detenzione femminile, con le sperimentazioni che può portare vista la scarsa pericolosità criminale e penitenziaria delle donne in carcere, potrà portare a un nuovo modello generale di detenzione anche per gli uomini, più aperto al territorio circostante e più vicino al dettato costituzionale di una pena diretta alla reintegrazione nella società.

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LA CARTELLA STAMPA

LA CARTELLA STAMPA IN INGLESE 

Ministro Nordio, ecco cosa va cambiato nel 41 bis

Carcere italiano chiavedi Patrizio Gonnella su il manifesto del 26 febbraio 2023

La decisione della Cassazione su Alfredo Cospito ributta la palla nel campo della sfera politica, dove sin dall’inizio essa vagava. Molto di quello che potrebbe accadere (o non accadere) di tragico nei prossimi giorni è nelle mani e nella coscienza del ministro della Giustizia Carlo Nordio. Potrà sempre in autotutela decidere di revocare il regime di cui all’articolo 41 bis, secondo comma, dell’Ordinamento Penitenziario e determinare lo spostamento di Cospito nel regime di AS1 dove ci sono i soli detenuti declassificati dal regime durissimo di 41 bis. 

L’ho qualificato durissimo per distinguerlo dal regime penitenziario AS1 che è a sua volta duro. Tutto il dibattito pubblico sul 41 bis sembra spingere verso la narrazione di una vita in carcere che sia solitamente ben poco afflittiva e che giustifichi l’adozione di misure particolarmente severe in un caso come quello del detenuto anarchico. 

Non è così. Affermarlo significa non conoscere la realtà penitenziaria. Dall’inizio dell’anno sono già morte venti persone nelle prigioni italiane ed è dovere morale, prima ancora che giuridico, evitare che a breve ne arrivi una ventunesima. 

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Carceri. Antigone: "finalmente ci sia un processo per le violenze che sarebbero avvenute nel carcere di Ivrea"

16181431944 a940ea9001 zSono 28 gli indagati per le violenze che sarebbero avvenute nel carcere di Ivrea a cavallo tra il 2015 e il 2016. 27 sono agenti penitenziari e uno un medico in servizio presso il carcere. I reati contestati sono, a vario titolo, lesioni e falsi aggravati. I fatti emersi nel tempo sarebbero a tutti gli effetti riferibili alla fattispecie della tortura, introdotto tuttavia nel codice penale solo successivamente a queste contestazioni e per questo non contestabile. 

"Ad Antigone - sottolinea l'avvocata Simona Filippi, che per l'associazione segue il contenzioso legale - erano stati riportati questi fatti e si era proceduto alla presentazione di diversi esposti alla Procura di Ivrea, territorialmente competente. Altrettante denunce erano state presentate anche dal Garante comunale della città piemontese. Nei mesi successivi - sottolinea Filippi - si era registrato un sostanziale immobilismo da parte della Procura eporediese. La mancanza di indagini che avevamo più volte denunciato portò a ben due richieste di archiviazione. Ad entrambe ci opponemmo chiedendo infine l'avocazione delle stesse indagini al Procuratore generale presso la Procura di Torino. Istanza di avocazione che venne accolta. A settembre scorso erano arrivati gli avvisi di garanzia e oggi l'iscrizione nel registro degli indagati". 

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Un rapporto sulle carceri dell'Emilia-Romagna

323279411 903680743977369 2675782803069323601 nLa sede dell'Emilia-Romagna di Antigone ha pubblicato nei giorni scorsi un rapporto dove fa il punto sulle carceri della regione che, nel corso del 2022, sono state visitate con l'Osservatorio sulle condizioni di detenzione della nostra associazione.

Il quadro che emerge è molto complesso. Le carceri della regione registrano spesso elevati livelli di sovraffolamento; a fronte di un numero molto alto di detenuti condannati in via definitiva il numero degli educatori (funzionari giuridico pedagocici) è al di sotto di quanto previsto dalle piante organiche. Le maggiori problematiche si riscontrano all’interno delle sezioni di media sicurezza ove, peraltro, è ristretta la maggior parte della popolazione detenuta. È all’interno di queste che si rilevano spesso condizioni strutturali peggiori, soprattutto all’interno delle celle che appaiono in molti degli istituti visitati caratterizzati da mobilio vecchio, sprovviste di docce all’interno, prive di acqua calda. Si tratta di istituti piuttosto datati, le cui carenze strutturali non sembrano poter essere sanate con meri interventi di manutenzione. Le visite del 2022 restituiscono inoltre un ulteriore elemento di complessità dovuto alla carenza di personale sanitario all’interno degli istituti.

Tutte criticità che vengono messe in risalto in questo rapporto.

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41-bis. Il dossier di Antigone

8197402220 564af88270 oIn queste settimane in cui il caso di Alfredo Cospito ha riacceso l'attenzione intorno al regime detentuvo di cui all'articolo 41-bis, secondo comma dell'Ordinamento Penitenziario, abbiamo deciso di realizzare un dossier nel quale si ricostruisce la normativa relativa a questo regime, a partire dal 1992 sino alla giurisprudenza più recente.

Tornare alle radici della misura è utile per comprendere quanto nel tempo si sia espanso nei numeri e nelle restrizioni.

In conclusione proponiamo, attraverso alcune raccomandazioni, anche alcune sostanziali modifiche al regime, questo alla luce delle considerazioni del Garante Nazionale e del Comitato europeo per la prevenzione della tortura, nonché delle sentenze delle Corti interne e internazionali.

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L'intervento di Antigone alla Consulta nell'ambito del caso Cospito

cospitoIeri si è tenuto un convegno (qui la registrazione completa) nel quale si è discusso del caso Cospito e dell'intervento che Antigone ha predisposto e con cui interverrà presso la Corte costituzionale, nell'ambito della questione di costituzionalità sollevata dalla Corte di assise d'appello di Torino, in merito ad una disposizione contenuta nella legge Cirielli.

In particolare, la questione di legittimità costituzionale sollevata riguarda l'art. 69, quarto comma, del Codice penale, che non consente che ai recidivi vengano riconosciute circostanze attenuanti prevalenti sulle aggravanti, in modo da consentire una quantificazione della pena adeguata alla minore gravità del reato in concreto commesso. 

Il caso riguarda Alfredo Cospito ed un suo attentato del 2006 ad una caserma di Carabinieri nel quale nessuno rimase ucciso o ferito. Se fosse riconosciuta l'incostituzionalità della norma, a Cospito potrebbe essere comminata una pena massima che va dai 20 ai 24 anni, anziché l'ergastolo.

Questo è il testo dell'amicus curiae di Antigone.

Alfredo Cospito: con A Buon Diritto e Amnesty International Italia chiediamo al ministro Nordio la revoca del 41-bis

Cospito Alfredo

Le organizzazioni per i diritti umani A Buon Diritto, Amnesty International Italia e Antigone hanno inviato una lettera al ministro della Giustizia Carlo Nordio esprimendo forte preoccupazione per la vita di Alfredo Cospito, in sciopero della fame dal 20 ottobre 2022 per protestare contro il regime speciale del 41-bis a cui è sottoposto continuativamente dal maggio 2022. 

Nonostante il trasferimento del detenuto dal carcere di Bancali, a Sassari, presso quello di Opera, a Milano, in cui è presente un centro clinico per i detenuti per interventi medici di urgenza in caso di bisogno, le tre organizzazioni riscontrano con preoccupazione la permanenza di Cospito nel regime di detenzione speciale ex art. 41-bis e il pericolo ormai gravissimo per la sua salute. 

“La possibilità della morte di Cospito in custodia dello Stato è drammatica, soprattutto alla luce delle condizioni detentive a cui è attualmente sottoposto, che prevedono isolamento prolungato ed escludono ogni contatto umano significativo. La pena, secondo il dettame costituzionale, non deve mai essere contraria al senso di umanità”, affermano le tre organizzazioni che, per tali ragioni, chiedono la revoca immediata del regime di detenzione speciale del 41-bis applicato nei confronti di Alfredo Cospito.

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Leggi anche il nostro dossier sul caso Cospito.

Allargare lo sguardo oltre il carcere di Opera

8196398253 b323a88bf7 o 1di Patrizio Gonnella, su il manifesto del 1 febbraio 2023

In primo luogo va ricordato che il codice penale in vigore, compreso il reato di cui all’articolo 285, è intriso di cultura politica illiberale. Per il delitto di strage, devastazione e saccheggio, nella sua originaria versione, era prevista addirittura la pena di morte. Cospito, anche a causa degli irrigidimenti previsti per i recidivi all’interno dell’orribile legge Cirielli del 2005, dovrebbe scontare la pena dell’ergastolo, pur non avendo ammazzato nessuno. 

Una vera anomalia – in pieno contrasto con quel principio di legalità in senso stretto che ci ha insegnato Luigi Ferrajoli – a cui si spera la Consulta metta riparo. Antigone depositerà un suo atto di intervento davanti alla Corte Costituzionale. Il prossimo 13 febbraio lo presenteremo alla Fondazione Basso a Roma insieme a Juan Patrone e Franco Ippolito. 

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