di Patrizio Gonnella su il manifesto del 4 novembre 2022
Chi si sorprende della violenza fa il gioco dei violenti. Chi si sorprende della nuova norma sui raduni fa il gioco di chi l’ha pensata, proposta, approvata. Neanche nel Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza del 1931 si arrivò a scrivere qualcosa del genere.
In primo luogo l’articolo è scritto in modo sciatto e in un italiano claudicante. Sarà un buon esempio per quei professori che a lezione di diritto vorranno spiegare agli studenti come non si deve scrivere una norma penale. Siamo molto lontani da quella necessità di chiarezza invocata da Cesare Beccaria nel lontano 1764. Con il nuovo articolo 434-bis siamo al primitivismo linguistico che potrebbe funzionare per la comunicazione social ma non per una legge che i giudici dovranno applicare.
La norma parte con un’espressione tautologica. Si scrive letteralmente che l’invasione di terreni o edifici consiste in un’invasione arbitraria di terreni o edifici altrui. Troviamo domanda e risposta all’interno della stessa norma, come se fossimo a un quiz. Ogni reato dovrebbe punire un’azione o un’omissione. In questo caso essa consisterebbe in un’invasione. Sarà la giurisprudenza a dover distinguere ciò che è ingresso da ciò che è invasione. Quest’ultima sembrerebbe rimandare a pratiche belliche. Se un certo numero di persone alla spicciolata, senza danneggiare cose o persone, entra in un terreno altrui per raccogliere i fichi e non per ascoltare musica techno, è accusabile di invasione?
La norma penale introdotta per contrastare i rave party assomiglia ad una norma in bianco, una fattispecie non tassativa e non ispirata a principi di necessità, offensività e proporzionalità, che è ciò che dovrebbe invece accadere all'interno di un diritto penale di impronta liberale.
Ciò che si può ravvisare è una delega totale alle forze di Polizia che, sul campo, dovranno decidere se c'è violazione della norma o meno. Una discrezionalità ampia e pericolosa, perché ampie e pericolose sono le fattispecie che potrebbero finire sotto l'ombrello del nuovo articolo 434-bis: dall'occupazione di fabbriche da parte dei lavoratori a rischio licenziamento, a quello delle scuole superiori o università che i collettivi di giovani studenti organizzano per richiamare l'attenzione sulle problematiche che riguardano il mondo dell'istruzione.
Le norma penali spesso vivono al di là delle intenzioni di chi la scrive e, se anche le intenzioni del governo fossero state realmente riferite alla sola fattispecie che riguarda i rave party, una norma così scritta porta invece alla criminalizzazione del dissenso e il restringimento dello spazio civico e democratico attraverso una serie di pene spropositate, comprimendo irragionevolmente le libertà di associazione, riunione e opinione, costituzionalmente tutelate.
Inoltre, semmai dovesse essere se mai applicata, potrebbe portare all'ingolfamento di tribunali e ad accentuare il sovraffollamento penitenziario. Avremmo bisogno di ulteriori migliaia di posti nel sistema carcerario, con dei costi umani e economici intollerabili. Da spiegare ai cittadini quando si dice che si vuole ridurre il peso fiscale.
La necessità di rivedere l'articolo 4-bis dell'ordinamento penitenziario era nata a seguito della nota sentenza della Corte Costituzionale. La Consulta aveva chiesto una revisione delle norme sul divieto di concessione dei benefici penitenziari nei confronti dei detenuti che non collaborano con la giustizia o che non sono nelle condizioni di collaborare con la giustizia. Deve esserci sempre una chance di ritorno in libertà, altrimenti la pena perde il suo scopo rieducativo. Il regime vigente è dunque incostituzionale in quanto ammette l’ergastolo senza speranza di uscita, evidentemente contrario ai principi di cui all’articolo 27 della Costituzione (pena umana e tendente alla rieducazione).
"La riforma approvata è un’occasione parzialmente persa", commenta Patrizio Gonnella, presidente di Antigone. "Il governo è rimasto imprigionato nella paura di fare un regalo alle mafie, innovando in modo non sufficiente la legislazione penitenziaria. È mancato un generale ripensamento dell’attuale disciplina della concessione dei benefici ai condannati per una serie del tutto eterogenea ed illogica di reati anche ben distanti da qualsiasi matrice organizzata, mafiosa o terroristica. Nel decreto c’è finanche un inutile aggravamento di tale disciplina".
Dall’inizio dell’anno 74 persone si sono tolte la vita all’interno di un istituto di pena. Mai così tante da quando si registra questo dato. Il precedente drammatico primato era del 2009, quando al 31 dicembre si erano suicidate 72 persone. Oggi, a fine anno, mancano ancora due mesi.
Oltre al valore in termini assoluti, l’indicatore principale per valutare l’andamento del fenomeno è il cosiddetto tasso di suicidi, ossia la relazione tra il numero dei casi e la media delle persone detenute nel corso dell’anno. Non essendo ancora terminato il 2022, possiamo oggi calcolare il tasso di suicidi solo tra il mese di gennaio e settembre, ossia a quando risale l’ultimo aggiornamento sulla popolazione detenuta. Con un numero di presenze medie pari a 54.920 detenuti e 65 decessi avvenuti in questi nove mesi, il tasso di suicidi è oggi pari circa a 13 casi ogni 10.000 persone detenute: si tratta del valore più alto mai registrato. In carcere ci si uccide oltre 21 volte in più che nel mondo libero.
Quando nel 2009 si suicidarono 72 persone, i detenuti erano circa 7.000 in più.
Un altro dato drammatico è quello dei suicidi nella popolazione detenuta femminile. Finora sono stati cinque. Con un tasso superiore a quello degli uomini, pari a quasi il 22%. Nel 2021 e nel 2020 "solo" due si erano tolte la vita. Nessuna nel 2019.
Quasi il 50% dei casi di suicidi sono poi stati commessi da persone di origine straniera. Se circa un terzo della popolazione detenuta è straniera, vediamo quindi come l’incidenza di suicidi è significativamente maggiore tra questi detenuti.
Dalle poche informazioni a disposizione, sembrerebbe che circa un terzo dei casi di suicidi riguardava persone con un patologia psichiatrica, accertata o presunta, e/o una dipendenza da sostanze, alcol o farmaci.
Le Case Circondariali di Foggia e di Milano San Vittore restano i due istituti con il maggior numero di suicidi nel corso dell’anno, con quattro decessi ognuna. Seguono con tre decessi, gli istituti di Roma Regina Coeli, Monza, Firenze Sollicciano, Torino e Palermo Ucciardone.
Alcuni giorni fa avevamo, la nostra coordinatrice nazionale Susanna Marietti, aveva raccontato la storia di un ragazzo di 28 anni che, nel carcere di Regina Coeli, dorme sempre, tutto il giorno. Questo almeno fin dal mese di giugno quando lo avevamo incontrato durante una visita del nostro osservatorio (la storia era stata pubblicata su Il Fatto Quotidiano).
Dopo la nostra denuncia pubblica il ragazzo è stato trasferito al carcere di Secondigliano a Napoli, dove si trova nel grande centro clinico dell'istituto. Una serie di approfondimenti medici sono stati programmati nei prossimi giorni, in particolare di tipo neurologico, per cercare finalmente di andare oltre quella semplicistica diagnosi effettuata a Regina Coeli secondo la quale il ragazzo sarebbe un simulatore. Non si possono simulare mesi e mesi di coma apparente.
Nel frattempo stiamo lavorando per cercare di mettere in contatto le autorità sanitarie di Secondigliano con un gruppo di ricercatori che lavora da anni sui disturbi neurologici funzionali, quelli privi di un'apparente causa organica, come sono queste sindromi del sonno.
In questi giorni abbiamo imparato che si tratta di un universo variegato: esistono sindromi del sonno diverse tra di loro, ciascuna con le proprie peculiarità. E' importante identificare la malattia specifica del ragazzo per poter intervenire correttamente. Trattandosi di sindromi molto rare servono neuropsichiatri esperti e specializzati in questo tema. Le autorità penitenziarie di Secondigliano si sono mostrate molto disponibili e ci stanno aiutando a creare questo ponte tra medici. Nelle prossime settimane vi terremo aggiornati sull'evoluzione di questo caso
Nel suo discorso di ieri Giorgia Meloni ha sottolineato come al centro della loro azione politica ci sia la certezza della pena e un nuovo piano carceri. Di edilizia penitenziaria avevamo parlato in un video pubblicato sulla nostra pagina facebook, mentre sulla questione certezza della pena ha risposto il nostro presidente Patrizio Gonnella su ANSA.it. Meloni: Antigone, certezza pena non è solo carcere
(ANSA) - ROMA, 25 OTT - ''La certezza della pena non mette in discussione le misure alternative alla stessa né un pluralismo sanzionatorio. Non è pena solo il carcere. Le misure alternative producono sicurezza in quanto favoriscono un abbattimento della recidiva''. Lo ricorda Patrizio Gonnella, presidente dell'associazione Antigone, che si batte per i diritti nelle carceri, facendo riferimento al passaggio del discorso della Presidente del Consiglio Meloni sul garantire la certezza della pena, grazie anche a un nuovo piano carceri.
''Abbiamo bisogno di più personale piuttosto che di più carceri'' sostiene Gonnella. ''Il sistema penitenziario italiano - dice ancora - necessita di un processo di modernizzazione nel segno di una maggiore attenzione ai diritti e alla dignità delle persone. E' necessario che la tecnologia sia messa al servizio di una pena che garantisca relazioni sociali, educative e affettive con l'esterno. Ci vuole più scuola e ci vuole più lavoro qualificato''.
''I 71 suicidi dall'inizio dell'anno sono una tragedia, segno di un modello penitenziario che è in crisi. E' giusto migliorare le condizioni di lavoro di tutto lo staff penitenziario così come assumere giovani che arrivano dalle Università. Un personale gratificato socialmente e economicamente è la migliore garanzia contro ogni le violazioni di diritti'' conclude Gonnella. (ANSA).
Il 13 ottobre, con l'insediamento del Parlamento, è iniziata la XIX legislatura. Già nei primi giorni alcuni parlamentari hanno presentato delle proposte di legge. Tra queste alcune riguardano il sistema penitenziario. Proprio dare uno sguardo a tali proposte può aiutare a capire che carcere vuole costruire la destra al governo.
CIRIELLI (Fratelli d'Italia): "Modifica dell’articolo 27 della Costituzione in materia di responsabilità penale".
Questa è una proposta già avanzata nella scorsa legislatura. Se approvata la Costituzione sarebbe riscritta e vincolerebbe il fine rieducativo della pena a non meglio specificati criteri di sicurezza che, di fatto, potrebbero riguardare un ampio ventaglio di reati, variabili a seconda del clima politico. Come se rieducazone non ce ne fosse già troppo poca e la recidiva non fosse già troppo alta.
MORRONE (Lega): "Modifiche al codice penale, al testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e altre disposizioni concernenti la tutela dell'ordine e della sicurezza negli istituti penitenziari".
All'interno di questa modifica c'è la possibilità di dotare gli agenti di polizia penitenziaria della pistola taser mentre sono in sezione, cambiando un approccio che, in nome di una finalità di custodia rieducativa e non securitaria - e per la sicurezza di tutti (detenuti e agenti) - aveva portato a bandire le armi.
Da circa due settimane una donna di 85 anni è detenuta presso il carcere milanese di San Vittore. La sua condanna definitiva è di soli 8 mesi, scaturita dall'occupazione abusiva di un alloggio. Nonostante il reato non sia di grande pericolosità sociale e la pena comminata di brevissima durata, la donna è stata tuttavia condotta nel carcere del capoluogo lombardo.
Ad aggravare la situazione il fatto che la signora non è autosufficiente, richiedendo perciò un'assistenza personale e una gestione sanitaria costante da parte di altre detenute e degli operatori.
Fino ad oggi, nonostante i ripetuti solleciti dell'istituto e un'istanza di scarcerazione, la signora si trova ancora ristretta nell'istituto.
"La vicenda - sottolinea Valeria Verdolini, responsabile della sede lombarda di Antigone - investe due questioni: la sempre maggior frequenza con cui persone anche ultrasettantenni o ultraottantenni entrano in carcere, e la questione centrale della residenza, che impedisce una vera e propria presa in carico da parte dei servizi, lasciando al penitenziario l'onere di gestione residuale. La richiesta che facciamo è che per questa anziana donna si trovi il prima possibile una soluzione che le consenta di scontare la pena in un luogo più confacente e sicuro, per la sua età e le sue condizioni di salute".
"Al 30 giugno 2022 si contavano 1.065 detenuti che hanno più di 70 anni, rappresentando questi quasi il 2% della popolazione detenuta. Un numero che negli anni recenti è in costante crescita. Serve grande attenzione per la loro condizione e, dinanzi pene brevi da scontare o residue, è fondamentale trovare alternative alla detenzione" sottolinea Patrizio Gonnella, presidente di Antigone. "Questo passa anche dal creare strutture di sostegno sociale e abitativo che consentano a queste persone anziane (e non solo a quelle anziane) di poter accedere a misure alternative, senza che proprio la condizione sociale di partenza diventi un ulteriore elemento discriminante" conclude Gonnella.
Il progetto europeo NEXT STEPS si pone l’obiettivo di sostenere gli istituti penitenziari nello sviluppo professionale e nella reintegrazione dei detenuti. L’obiettivo è quello di contrastare l’alto tasso di recidiva che si registra in Europa, rompendo il circolo vizioso della commissione di nuovi reati e conseguente rientro in carcere. Per farlo, si ricollega al progetto Erasmus+ “STEPS”, realizzato tra il 2018 e il 2020. Il progetto, che durerà 30 mesi, ha preso il via il a gennaio 2022.
Per maggiori dettagli è possibile consultare il sito del progetto a questo indirizzo: https://nextsteps.whkt.de/it/content/il-progetto.
Il progetto si rivolge, in particolare, a:
• aziende;
• organizzazioni e singoli individui attivi nell’ambito del volontariato;
• giovani detenuti prossimi al rilascio.
Oltre Antigone, i partner del progetto europeo, che coinvolge quattro Paesi (Germania, Austria, Italia, Portogallo) sono il BSV, associazione sportiva tedesca che porta lo sport in carcere, il CLLL, organizzazione austriaca che opera per agevolare l'accesso alla formazione per gli adulti e per le persone svantaggiate dal punto di vista educativo, IPS, società portoghese di ricerca e consulenza specializzata nel settore penale, la Scuola Costruzioni Vicenza Andrea Palladio (SCVAP), centro di formazione italiano nel settore delle costruzioni a Vicenza, Talentbrücke, azienda tedesca attiva nel settore della transizione dalla scuola alla formazione/studio/primo impiego, la Camera di Commercio della Germania Occidentale, associazione tedesca che riunisce le camere dell’artigianato, e LINC, cooperativa italiana impegnata nella rioccupazione lavorativa di persone che si trovano in condizioni di svantaggio.
L’obiettivo sarà perseguito mediante 3 elementi centrali:
1. Banca dati di volontari e aziende: Verrà sviluppata una banca dati per permettere alle aziende, ai volontari e alle associazioni di registrarsi - in maniera autonoma - se desiderano collaborare con gli istituti penitenziari e le persone detenute (offrendo uno stage, un corso di formazione, un‘attività di volontariato o un impiego qualificato) per facilitare un percorso di reintegrazione in società una volta terminata la pena.
2. Schede di osservazione di soft skills: Verranno elaborate delle schede di valutazione utilizzabili dallo staff penitenziario e le ONG che offrono attività in carcere per facilitare l’osservazione delle competenze sociali delle persone detenute, competenze utili nel mercato del lavoro e che la persona detenuta può migliorare nel tempo.
3. Filiera per l’inserimento lavorativo: La filiera offre la possibilità di facilitare l'integrazione degli ex detenuti in stage, corsi di formazione professionale e mondo del lavoro tutto. Questo processo vuole essere una possibile procedura ideale-tipica per preparare i detenuti al passaggio dalla detenzione al mercato del lavoro, utilizzando il database di volontari e aziende, le schede di osservazione delle soft skills, nonché le altre opzioni di supporto disponibili fornite dai sistemi giudiziari nei paesi partecipanti al progetto.
Sarebbero 25 gli avvisi di garanzia recapitati ad agenti penitenziari, funzionari e medici in servizio al carcere di Ivrea e accusati, a vario titolo, di lesioni e falsi aggravati per le presunte violenze su alcuni detenuti.
I casi indagati dalla Procura si riferiscono al periodo che va dal 2015 al 2016. "Antigone - sottolinea l'avvocata Simona Filippi, che per l'associazione segue il contenzioso legale - era venuta a sapere di diversi casi di presunte violenze e aveva presentato alcuni esposti alla Procura di Ivrea, territorialmente competente, anche a seguito delle denunce presentate dal Garante comunale della città piemontese. Nei mesi successivi - sottolinea Filippi - abbiamo registrato un sostanziale immobilismo da parte della Procura eporediese che portò a ben due richieste di archiviazione a cui ci opponemmo. Proprio a seguito di quello che, a nostro rilievo, era un mancato esercizio dell'azione penale, chiedemmo l'avocazione delle indagini al Procuratore generale presso la Procura di Torino che, a due anni di distanza, avrebbe emanato questi avvisi di Garanzia".
Nell'atto dell'accusa - come riporta anche La Stampa - si legge che Hamed, uno dei detenuti il cui caso Antigone aveva segnalato con un esposto e ora oggetto delle indagini, fu picchiato con pugni e calci da sette agenti. In due gli tenevano ferme le braccia. Gli altri menavano. E il medico di turno della casa circondariale continuava a sorseggiare il caffè delle macchinette automatiche. Non un cenno, non un intervento per fermarli. Nemmeno una comunicazione al direttore come sarebbe stato suo dovere.