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Un dossier sul caso Cospito

cospitoUn dossier dove ricapitoliamo il caso che riguarda Alfredo Cospito, detenuto al regime di 41-bis e da oltre 100 giorni in sciopero della fame. 

Un documento che ricapitola il quadro complessivo degli eventi, degli addebiti e delle decisioni prese da Corti e Ministero. 

Crediamo importante infatti che il caso venga conosciuto e finalmente affrontato nel rispetto della legalità costituzionale e dei diritti inalienabili della persona.

LEGGI IL DOSSIER (IN ITALIANO e IN INGLESE)

Cospito. Antigone: "la ragionevolezza giuridica non rende debole uno Stato"

Cospito Alfredo"Spetta allo Stato, al Ministro della Giustizia, ai giudici prendere una decisione che salvi la vita di Cospito revocando la misura del 41 bis e garantendo che la pena nei suoi confronti sia rispettosa del principio di umanità. Lo chiediamo da settimane, a prescindere da qualunque pressione di piazza, e la richiesta si fa ogni giorno più ineludibile. Questo deve fare uno Stato forte e disinteressato alle provocazioni. Ci appelliamo al Ministro per una decisione umanitaria e politica che non si faccia condizionare da eventi esterni. Intervenire sul caso Cospito significa riportare il caso dentro un’area di ragionevolezza e umanità che è l'unica che deve riguardare lo Stato e le sue istituzioni". 

Le dichiarazioni di Patrizio Gonnella, presidente di Antigone.

San Vittore. Una donna incinta di due gemelli in carcere senza copertura ginecologica. Antigone: "si intervenga"

Donna carcereUna donna incinta di due gemelli è ristretta presso il carcere di San Vittore. La detenuta, in attesa di giudizio, ha ricevuto un’ordinanza ex art. 285 presso l’ICAM, ma la struttura a custodia attenuata non prevede una copertura sanitaria h24,e quindi si è proceduto alla collocazione presso la casa circondariale milanese, dove, tuttavia, non è presente un ginecologo (a fronte di oltre 90 detenute ristrette). Questo caso si somma ai molti casi registrati nel 2022 (compresa la vicenda della detenuta che aveva perso il bambino in corso di detenzione che Antigone aveva denunciato nei mesi scorsi). 

Il numero è stato così elevato anche perché con circolare n° 10998 del 30 maggio scorso la Procura di Milano ha deciso di modificare il proprio precedente indirizzo del 2016 volto ad evitare l'ingresso in carcere alle donne incinte o con prole di età inferiore ad un anno, soggetti che in caso di esecuzione penale normativamente non possono permanervi ex art. 146 c.p. (differimento obbligatorio della pena). Oggi le forze dell’ordine sono obbligate, in presenza di un ordine di esecuzione, ad accompagnare queste persone in carcere in attesa che il magistrato di sorveglianza prenda atto delle condizioni che ne impediscono la permanenza. 

“Milano rappresenta un’anomalia in Italia, e continua a prevedere l’invio in carcere per donne in gravidanza, mettendo a rischio la loro salute e quella del bambino, proprio perché le strutture non sono adeguate per questo tipo di presa in carico". A dirlo è Valeria Verdolini, presidente della sede lombarda di Antigone. "Auspichiamo quanto prima - prosegue la Verdolini - la revoca della circolare e il ripristino della sospensiva in vigore dal 2016, e tutte le forme di cautela e protezione in qualunque fase della detenzione”.

Detenuti semiliberi. C'è ancora spazio per intervenire

8196398253 b323a88bf7 oDopo due anni e mezzo in cui circa 700 detenuti semiliberi - a fronte delle normative per l'emergenza Covid-19 - hanno potuto non far rientro in carcere la notte, dal 31 dicembre, sono tornati nuovamente negli istituti. Nell'ultimo decreto legge dell'anno, approvato proprio agli sgoccioli del 2022, il Governo non aveva infatti voluto inserire un articolo che prorogasse questa misura, facendo fare un passo indietro nel percorso di reintegrazione di queste persone. 

Tuttavia c'è ancora spazio per dare un senso pieno alla pena, in linea col dettato Costituzionale. Il Parlamento, infatti, sta esaminando l'AS 452 (d-l 198/2022 - proroga termini legislativi) che dovrà convertire in Legge. Attraverso un emendamento si potrebbe intervenire.

I detenuti semiliberi che hanno usufruito delle licenze  straordinarie non hanno in questi anni fatto parlare di sé, nessuno di loro ha commesso reato durante la permenza in casa nella notte. Il comportamento tenuto è stato sempre  regolare. Qual è oggi il senso di farli tornare in carcere ogni sera, dopo due anni e mezzo di vita in  famiglia e immersi nella società? Sradicarli da una già avvenuta integrazione sociale per ricondurli  in un contesto detentivo e dunque per definizione separato. Se la pena deve tendere alla reintegrazione, ciò è privo di senso. 

In un nostro contributo inviato alla Commissione Parlamentare di competenza auspichiamo quindi che il Parlamento possa intervenire.

LEGGI IL CONTRIBUTO

Dalla A alla Z, l’anno difficile delle carceri

01pol2f01-carcere-regina-coeli-gettyimages-450584470di Patrizio Gonnella su il manifesto del 31 dicembre 2022

Dalla “A” di Antigone alla “Z” di Zaki (Patrick) passando per la “E” di ergastolo, la “S” di sovraffollamento o la “T” di Tortura. Quella di Antigone, nella versione sofoclea, è la lotta della giustizia contro la legge, della fraternità contro il potere. Portare un nome tragico è una grande responsabilità. Il 2022 è stato l’anno in cui è iniziato il più grande processo in Europa per tortura, anche a seguito di un esposto di Antigone presentato nel 2020 per le violenze a Santa Maria Capua Vetere. Il 2022 è stato anche l’anno delle cento visite fatte in carcere. 

Beccaria. Sul finire dell’anno sette ragazzini sono scappati dall’istituto penale per minori Beccaria di Milano. Erano imputati per reati di strada. Si è scatenato un assurdo putiferio mediatico e politico come se fossero sette serial killer. Nel frattempo sono stati tutti ripresi. Non erano una minaccia alla sicurezza dello Stato. Chissà cosa avrebbe detto l’illustre Cesare se avesse saputo che un carcere per ragazzi avrebbe portato il suo nome. 

Custodia. cautelare Un terzo dei detenuti è in custodia cautelare. Molti di loro sono poveri, immigrati, tossicodipendenti, segno di una giustizia classista inclemente verso chi non ha risorse per una buona difesa tecnica. 

Dap. Il 2022 ha visto al vertice dell’amministrazione penitenziaria Carlo Renoldi e Carmelo Cantone. Un magistrato e un dirigente di grande valore. Il ministro Carlo Nordio ha nominato un nuovo capo Dap, il giudice Giovanni Russo a cui auguriamo buon lavoro. 

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Carceri. Antigone: "Il 2022, l'anno dei suicidi, ci dice della necessità di riformare il sistema"

brescia 7Il 2022 sta volgendo al termine è per il carcere verrà ricordato come l'anno dei suicidi. Sono stati ben 84 quelli avvenuti negli istituti di pena italiani. Uno ogni 5 giorni. In carcere, quest'anno, ci si è tolto la vita circa 20 volte in più di quanto non avviene nel mondo libero. Un detenuto ogni 670 presenti si è ucciso. Il precedente primato negativo era del 2009, quando in totale furono 72. Ma all'epoca i detenuti presenti erano oltre 61.000, 5.000 in più di oggi.   

"All'epoca - ricorda Patrizio Gonnella, presidente di Antigone - eravamo alla vigilia del periodo che portò poi l'Italia alla condanna della Corte Europea dei Diritti Umani per violazione dell'art. 3 della Convenzione Europea, per il trattamento inumano e degradante. Alcune iniziative parlamentari furono prese. Non vedere negli 84 suicidi di quest'anno un segnale altrettanto preoccupante delle condizioni in cui versano le carceri del paese è ingiustificabile". Il sovraffollamento, dopo la deflazione delle presenze a seguito della pandemia, sta tornando a livelli preoccupanti. I detenuti sono quasi 57.000. I posti regolamentari sono 51.000, anche se sappiamo che di quelli conteggiati circa 4.000 sono indisponibili. Possiamo dire, quindi, che ad oggi ci sono nelle carceri italiane circa 9.000 persone in più rispetto alla capienza regolamentare. Questo significa aggiungere letti in celle non pensate per ospitare quel numero di detenuti. Delle 99 carceri visitate nel corso del 2022 dall'Osservatorio di Antigone, nel 39% degli istituti sono state trovate celle dove il parametro minimo dei 3 mq di superficie calpestabile a testa non era rispettato. "Entrare anche solo pochi minuti in una cella dove non c'è neanche questo spazio minimo è un'esperienza claustrofobica - sottolinea Gonnella. Specie laddove le celle vengono condivise da 5-6 persone. Viverci quotidianamente rende la detenzione ulteriormente gravosa". Gravosa anche a fronte del fatto che nel 44% delle carceri Antigone ha rilevato celle senza acqua calda, nel 56% celle senza doccia (che sarebbero dovute non esistere più dal 2005), nel 10% c'erano celle in cui non funzionava il riscaldamento, e in ben 6 istituti (9%) c'era celle in cui il wc non era in un ambiente separato dal resto della cella da una porta.   

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Adulti e ragazzi, se la pena è la stessa che giustizia è?

f01-carcere-lpedi Patrizio Gonnella, su il manifesto del 27 dicembre 2022

Era il 1988 quando fu approvato il codice di procedura per minorenni, ispirato a principi di ragionevolezza, adeguatezza alla età in formazione dei ragazzi sotto processo, minimizzazione dell’impatto penale e carcerario, contrasto alla stigmatizzazione del processo e della condanna. Ogni ragazzo o giovane è una vita in evoluzione che non ha ancora portato a compimento il suo percorso di maturazione e responsabilizzazione. Il carcere fa male a chi lo subisce. Fa male come esperienza in sé. Crea dolore. È una pena. E può costituire un ostacolo alle successive tappe di vita in quanto inchioda, a volta anche per sempre, una persona a un momento della vita. 

Da quel 1988, fortunatamente, il sistema penitenziario minorile italiano si è contratto nei numeri. Da molti anni il numero complessivo dei ragazzi ristretti negli istituti penali per minori è intorno alle quattrocento unità, compresi coloro che hanno un’età tra i 18 e i 25 anni sempre che abbiano commesso il delitto quando erano minorenni. I fatti del Beccaria non devono essere strumentalizzati per giustificare passi indietro a una legislazione moderna, bensì per progettare ulteriori accelerazioni verso un modello sanzionatorio ancora più avanzato. Il campo della giustizia minorile è ricco di professionalità che ben possono chiarire come sono banalizzazioni argomentative quelle che spiegano i fatti di Milano come esito del sovraffollamento o dello scarso numero di poliziotti. Si tratta di interpretazioni fuorvianti. 

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Uno Stato forte ascolta e concede con ragionevolezza

29soc1-carcere-regina-coeli-foto-andrea-sabbadin-5di Patrizio Gonnella su il manifesto del 28 novembre 2022

La vicenda dell’anarchico Alfredo Cospito, in sciopero della fame contro il carcere duro del 41 bis, ci aiuta a fare alcune considerazioni intorno a ciò che dovrebbe essere la pena in una società democratica e ci porta ad affrontare questioni di grande rilievo giuridico ed etico. 

In primo luogo si pone il tema delle modalità di esecuzione della sanzione carceraria nei confronti di una certa tipologia di detenuti. I regimi differenziati – come ad esempio il 41-bis – incidono significativamente sulla vita e i diritti delle persone recluse. Riducono notevolmente le occasioni di socializzazione, le possibilità di partecipazione alle attività interne all’istituto penitenziario nonché le relazioni con il mondo esterno. Sostanzialmente intervengono eliminando ogni opportunità di aderire a progetti di reintegrazione sociale. 

La Corte Costituzionale, nella nota sentenza numero 376 del 1997, ha ben spiegato come anche nel caso del regime di cui all’art. 41-bis, pensato per contrastare la criminalità organizzata, sia necessario sempre tenere in adeguata considerazione l’articolo 27 della Costituzione, con i suoi riferimenti alla dignità umana e alla rieducazione del condannato. Il Comitato europeo per la prevenzione della tortura, nel suo rapporto rivolto alle autorità italiane relativo a una visita effettuata nel 2019, raccomandò alle stesse di effettuare sempre «una valutazione del rischio individuale che fornisca ragioni oggettive per la continuazione della misura». Il cosiddetto risk assessment deve essere fondato «non solo sull’assenza di informazioni che dimostrino che la persona in questione non è più legata a una determinata organizzazione».

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Ivrea. Altri 45 indagati per torture in carcere. Antigone: "serve una riforma generale del sistema penitenziario"

Copia di Copia di SuicidiPer le presunte torture nel carcere di Ivrea la procura della città piemontese ha notificato 45 avvisi di garanzia ad altrettanti indagati. Tra loro agenti, medici, operatori e funzionari che, a vario titolo, risultano indagati per diversi reati tra cui quelli di tortura, falso in atto pubblico e altri reati collegati. 

"Con queste 45 persone sono oltre 200 gli operatori penitenziari attualmente indagati, imputati o già passati in giudicato all'interno di procedimenti che riguardano anche episodi di tortura e violenza avvenuti nelle carceri italiane. Un dato che ci racconta di un problema evidente che si riscontra negli istituti di pena dove, con troppa frequenza, da nord a sud emergono fatti di questo tipo". A dirlo è Patrizio Gonnella, presidente di Antigone.
"L'approvazione della legge sulla tortura, avvenuta nel 2017, ha certamente influito positivamente sull'emersione di queste condotte, aumentando la predisposizione dei detenuti a denunciarle e l'attenzione che la magistratura pone nell'indagarle e perseguirle. Tuttavia, ciò che occorre - continua Gonnella - è un attività di prevenzione che dovrebbe portare ad investire risorse nella formazione degli agenti penitenziari, nella costruzione di una vita interna agli istituti che sia più distesa, contrastando il sovraffollamento penitenziario e con i detenuti impegnati in attività, cosa che aiuterebbe a stemperare quel clima di tensione che si registra e che ravvisiamo in forma crescente anche con le visite del nostro osservatorio. Si dovrebbero poi offrire maggiori riconoscimenti per coloro che, in carcere, lavorano nel pieno rispetto delle proprie funzioni e della dignità della persona. Cosa che riguarda, occorre ricordarlo, la maggior parte degli operatori".

Presunte torture nel carcere di Bari. Antigone: Fondamentale si faccia chiarezza. Buon segno la collaborazione della direzione dell'Istituto

16616189218 441c0ed5e5 o15 persone sono indagate per le presunte torture ai danni di un detenuto avvenute nel carcere di Bari. Di queste, 9 agenti penitenziari sono accusati di "concorso in tortura" e tre di loro sono stati posti agli arresti domiciliari. 

Di seguito le dichiarazioni di Patrizio Gonnella, presidente di Antigone:
"Come sempre avviene in questi casi ci auguriamo che la giustizia faccia il suo corso e si chiariscano le eventuali condotte e responsabilità. Da quando è stata introdotta la legge contro la tortura nel 2017 sono diversi i processi e le indagini in corso che vedono coinvolti appartenenti alla Polizia penitenziaria. Segno di un testo che era e continua ad essere fondamentale per prevenire e perseguire abusi in un luogo chiuso come il carcere. Ci auguriamo, altresì, che chiarezza venga fatta anche sul coinvolgimento del personale medico, più di una volta indagato o condannato in procedimenti simili, per la mancata refertazione di ferite e lesioni. Nel caso specifico di Bari la buona notizia è stata la collaborazione dei vertici del carcere - sia della direzione che della stessa Polizia Penitenziaria - per individuare i presunti colpevoli delle violenze e arrivare ad un primo accertamento dei fatti. Anche in questo caso, come ripetiamo, la legge sulla tortura può aiutare a rompere il muro di omertà che spesso si è creato in passato, garantendo ampio riconoscimento a chi porta avanti il proprio lavoro nel rispetto dei diritti e della dignità degli individui". 

A Patrizio Gonnella fa eco Maria Pia Scarciglia, presidente di Antigone Puglia:
"Quanto è accaduto è di assoluta gravità e chiediamo che si faccia chiarezza. Come associazione operiamo all'interno del carcere di Bari da qualche anno attraverso uno sportello di informazione legale rivolto ai detenuti e ben conosciamo il grande lavoro che svolgono la direttrice del carcere e la comandante della Polizia Penitenziaria. Non siamo dunque sorpresi della loro collaborazione alle indagini e continuiamo a riporre fiducia nel loro operato".

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