di Patrizio Gonnella, su il manifesto del 1 febbraio 2023
In primo luogo va ricordato che il codice penale in vigore, compreso il reato di cui all’articolo 285, è intriso di cultura politica illiberale. Per il delitto di strage, devastazione e saccheggio, nella sua originaria versione, era prevista addirittura la pena di morte. Cospito, anche a causa degli irrigidimenti previsti per i recidivi all’interno dell’orribile legge Cirielli del 2005, dovrebbe scontare la pena dell’ergastolo, pur non avendo ammazzato nessuno.
Una vera anomalia – in pieno contrasto con quel principio di legalità in senso stretto che ci ha insegnato Luigi Ferrajoli – a cui si spera la Consulta metta riparo. Antigone depositerà un suo atto di intervento davanti alla Corte Costituzionale. Il prossimo 13 febbraio lo presenteremo alla Fondazione Basso a Roma insieme a Juan Patrone e Franco Ippolito.
La legge Cirielli, già in parte smantellata da giudici e legislatore, merita il colpo finale. In secondo luogo vi è il tema dell’ergastolo, e del sotto-insieme dell’ergastolo ostativo. Era il 1998 quando il Senato votò per l’abolizione della pena perpetua. La Camera dei Deputati, però, non fece fare passi in avanti al disegno di legge. Si scatenò un inferno mediatico contro la possibile abolizione dell’ergastolo, a cui Antigone lavorava con la sua campagna “Mai dire mai”.
Il successivo progetto di riforma del codice penale diretto da Giuliano Pisapia non arrivò neanche in parlamento. Bisognerebbe rileggere le pagine straordinarie di Vittorio Foa in Bisogna avere visto dove scriveva che la pena carceraria dovrebbe avere una durata non superiore ai cinque anni. Lui il carcere l’aveva vissuto e sapeva cosa significava lo scorrere del tempo in prigione.
Più di recente la Corte Europea dei diritti umani e la Corte Costituzionale hanno messo in discussione l’ergastolo ostativo, ossia l’ergastolo senza speranza di uscita al quale sono oggi soggetti circa i due terzi del totale degli ergastolani. E di ieri la notizia che quattro detenuti in regime di ergastolo ostativo hanno presentato ricorso alla Corte Europea sostenendo che il recente decreto-legge n. 162 del 2022 sarebbe in contrasto con quanto disposto dalla stessa Corte con la sentenza Viola del 2019.
In terzo luogo, vi è il tema del regime detentivo di cui all’articolo 41-bis, secondo comma, dell’Ordinamento Penitenziario, introdotto nel 1992. Di fronte alle sue asperità sono intervenute le Corti per ridisegnarne i contenuti vessatori, senza però mai mettere in discussione la differenziazione di regime. Esso è, per esperienza empirica, un regime che può produrre effetti devastanti dal punto di vista psico-fisico, tanto più nei casi di durata prolungata. Originariamente, nella consapevolezza della sua eccezionalità, il regime era provvisorio. Solo successivamente è stato stabilizzato.
Nel tempo i numeri dei detenuti cosiddetti 41-bis sono cresciuti ingiustificatamente: erano 543 nel 1993, all’indomani dello stragismo mafioso, e sono addirittura 728 oggi. Ci sono detenuti che si sono fatti decenni di carcere in questa condizione. Il 41-bis non è stato pensato nel 1992 per recludere un detenuto come Alfredo Cospito. Aveva ben altri obiettivi. Per questo, in auto-tutela, le autorità ministeriali e giudiziarie dovrebbero revocare la misura nei suoi confronti. Una decisione che non sarebbe un cedimento al ricatto di chi usa la violenza.
La forza del diritto è proprio quella di interrompere il circolo vizioso, inaccettabile e tragico, della violenza (verso le persone e le cose), differenziandosi da essa. Infine c’è il tema della tortura. 41-bis e tortura hanno trovato una sovrapposizione solo in alcuni episodi davanti ai giudici: ricordo i casi Labita e Indelicato. Eravamo a Pianosa immediatamente dopo gli arresti per le stragi e gli attentati mafiosi del 1992 e del 1993. Fu Sandro Margara a sollevare il caso delle torture subite dai due detenuti e arrivò la prima sentenza della Corte di Strasburgo nei confronti dell’Italia per violazione dell’articolo 3 (che proibisce la tortura).
Da allora le condanne per tortura (a tutti i livelli) hanno riguardato violenze commesse verso detenuti comuni o nei confronti degli attivisti presenti a Genova nel 2001. Proprio ieri ha fatto un passo in avanti l’inchiesta per le torture nel carcere di media sicurezza di Torino, dove Antigone si è costituita parte civile.