Nel 2018 i provvedimenti di isolamento disciplinare nelle carceri italiane sono stati 2367: il 27,5% del totale del totale delle sanzioni comminate dai consigli di disciplina. Sulla durata dei provvedimenti non ci sono dati. Tuttavia sappiamo per esperienza che spesso si arriva al limite massimo previsto dalla legge, 15 giorni. Peraltro ad oggi non esiste una legge che impedisca il susseguirsi nel tempo di diversi provvedimenti di isolamento disciplinare. Ciò vuol dire che dopo 15 giorni di isolamento una persona detenuta può fare ritorno in sezione per alcune ore e poi tornare da dove era venuto.
I danni sulla salute fisica e mentale dell'isolamento sono più che rilevanti, come sottolineato dalla comunità scientifica e come codificato nella normativa internazionale più avanzata, che per far limitare i rischi connessi a tale situazione raccomanda tra le altre cose il mantenimento di contatti umani significativi, la supervisione continua delle autorità mediche e altre importanti misure. Nei reparti di isolamento, poi, il rischio di violenze e altri trattamenti contrari al senso costituzionale della pena è più alto che altrove. Per questo Antigone propone di abolire i reparti ad hoc e di diminuire attraverso una serie di misure precise il ricorso all'isolamento.
Il fenomeno ha portata europea. Il 28 pomeriggio, a partire dalle ore 15.30, nella sede romana del Parlamento europeo in via IV Novembre 149, ci confronteremo con diverse personalità che tanto si sono occupate del fenomeno.
Ci saranno Pétur Hauksonn, psichiatra ed ex vicepresidente del Comitato europeo per la prevenzione della tortura (CPT), Mauro Palma, Garante dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale ed ex presidente del CPT, Alan Mitchell, componente del CPT per il Regno Unito, Krassimir Kanev, presidente del Bulgarian Helsinki Committee, Eszter Kirs, dell'Hungarin Helsinki Committee, e Philip Hamdl, del Ludwig Bolztmann Institute di Vienna. E ci saremo noi. Sarà l'occasione per presentare le proposte di Antigone e discutere dei modi per ridurre il ricorso all'isolamento.
Per partecipare è necessario accreditarsi scrivendo, entro il 23 gennaio, a: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
E' un panorama non confortante quello che riguarda le carceri italiane alla fine del 2019, dove il numero dei detenuti è in costante crescita. Al 30 novembre 2019 erano infatti 61.174, circa 1.500 in più della fine del 2018 e 3.500 in più del 2017. Un aumento su cui non pesano gli stranieri che, sia in termini assoluti che percentuali, sono diminuiti rispetto allo scorso anno. Se al 31 dicembre 2018 erano infatti 20.255, pari al 33,9% del totale dei detenuti, al 30 novembre 2019 erano 20.091, pari al 32,8% del totale dei ristretti.
Il tasso di affollamento ufficiale è del 121,2%, tuttavia circa 4.000 dei 50.000 posti ufficiali non sono al momento disponibili è ciò porta il tasso al 131,4%. Un esempio è quello che riguarda il carcere milanese di San Vittore, dove 246 posti non sono disponibili e dove il tasso di affollamento effettivo è del 212,5%, cioè ci sono più di due detenuti dove dovrebbe essercene uno solo. Anche senza posti non disponibili, tuttavia, ci sono istituti dove le cose non vanno meglio, ad esempio Como e Taranto, dove il tasso di affollamento è del 202%. In generale, al momento, la regione più affollata è la Puglia, con un tasso del 159,2% (il 165,8% se consideriamo i posti conteggiati ma non disponibili), seguita dal Molise (150% quello teorico, 161,4% quello reale) e dal Friuli Venezia Giulia (144,1% teorico e 154,7% reale).
"La legge approvata dalla maggioranza che guida la Provincia di Trento è incostituzionale e mina alla base il principio affermato dall'articolo 27 della Costituzione sulla funzione rieducativa della pena che, in tal modo, diviene irrealizzabile". A dirlo è Patrizio Gonnella, presidente di Antigone, che così commenta la norma, a prima firma del governatore leghista Maurizio Fugatti, approvata definitivamente dal consiglio provinciale di Trento alcuni giorni fa. Il disegno di legge provinciale 36/2019 prevede l'esclusione dal bando per l'assegnazione di una casa popolare di una persona, o di un nucleo famigliare al cui interno ci sia una persona che, nei dieci anni precedenti la data di presentazione della domanda, abbia subito condanne definitive per i delitti non colposi con pena edittale di almeno 5 anni, oltre che per reati come il furto aggravato, la rapina, tutti i reati che riguardano sostanze stupefacenti.
"Oltre ad essere incostituzionale - prosegue il presidente di Antigone - questa norma cancella anche il principio della responsabilità penale individuale, andando a colpire un intero nucleo famigliare che versi in condizioni di bisogno solo perché un suo componente ha una condanna passata in giudicato e scontata. Per queste ragioni - conclude Patrizio Gonnella - chiederemo al Governo di sollevare la questione di costituzionalità su questa norma".
Il Ministro Lamorgese invoca pene più severe per i pusher. Pur comprendendo le preoccupazioni espresse dal Ministro, Antigone chiede di evitare l’ennesimo intervento di solo inasprimento delle pene per riaprire un dibattito sulle droghe più equilibrato ed efficace.
“La legalizzazione delle droghe leggere restituirebbe più sicurezza ai cittadini eliminando alla radice lo spaccio di strada contro cui il Ministro cerca un rimedio efficace. Legalizzare significa sferrare un duro colpo al narcotraffico e sfoltire le aule dei tribunali” dichiara Patrizio Gonnella, Presidente di Antigone.
Cosa accadrebbe alle mafie se ci fosse la legalizzazione? Quanto guadagnerebbe lo Stato dalla legalizzazione della cannabis? Quanto risparmierebbe non incarcerando in massa i consumatori? Quanti vedrebbero migliorate le proprie condizioni di salute grazie al consumo di sostanza controllate o al non ingresso nel circuito penale e penitenziario? Quanti processi in meno ci sarebbero e quanti poliziotti in più potremmo utilizzare per reprimere il crimine organizzato?
In molti paesi europei - e non solo - da anni esiste un Garante per i diritti dei detenuti e delle persone private della libertà personale. Una figura che può entrare senza preavviso in carcere e negli altri luoghi di privazione della libertà, per verificare che la legalità vi sia rispettata e per prevenire eventuali violazioni.
In Italia, nonostante diversi impegni internazionali assunti, si è arrivati all'istituzione di questa figura solamente nel 2013, sull'onda delle riforme successive alla c.d. sentenza Torreggiani, con cui la Corte Europea dei diritti dell'Uomo ha condannato l'Italia per i trattamenti inumani e degradanti che avevano luogo nelle sue carceri. Dal 2016 è dunque entrata in attività questa figura di garanzia. Il Garante è un organismo statale indipendente - nominato dal Presidente della Repubblica, cosa che ne garantisce l'indipendenza rispetto ai partiti al Governo - che monitora tutti i luoghi di privazione della libertà (carceri, stazioni di polizia, centri di detenzione per migranti, REMS, voli su cui si effettuano i rimpatri forzati, i reparti dove si effettuano i trattamenti sanitari obbligatori, ecc.).