di Giuseppe Mosconi, Ordinario di Sociologia del Diritto e Presidente Antigone Veneto
La tragedia del duplice infanticidio di Rebibbia catalizza atteggiamenti di fondo sulla questione carceraria: Per chi vede la pena detentiva come necessaria e inevitabile, si tratta di separare, fin da subito, i bambini dalle madri detenute, tanto più se connotate da stereotipi negativi (drogate o psicolabili).
Per chi è disponibile verso possibili alternative, il rapporto mamma/bambino va preservato e attuato in strutture adeguate, che riproducano quanto più possibile i caratteri di una situazione normale. Ma di fronte al dramma non ha senso contrapporre opzioni di principio, se non si cerca di entrare a fondo nella situazione che viene a crearsi quando una madre è detenuta con i suoi piccoli.
Oggi il Consiglio dei Ministri ha approvato la riforma dell'ordinamento penitenziario. Le leggi approvate contengono alcuni passi in avanti nella nostra legislazione. Finalmente vi sono norme dedicati ai detenuti minorenni con maggiore attenzione ai loro bisogni educativi.
Tra quelle che salutiamo volentieri vi sono: l'applicazione della sorveglianza dinamica, un più ampio accesso alle misure alternative e di comunità (anche se restano troppi vincoli, come quelli ingiustificati dell'articolo 4bis), una minore possibilità di applicare l'isolamento.
La tragedia di Rebibbia: non si aggiungano danni alla tragedia provocata da una mamma detenuta
Lettera aperta di volontari, cappellani, operatori del sociale, del mondo del lavoro, della cultura, dello sport, della salute - Roma, 21 settembre 2018
La tragedia che si è consumata a Rebibbia ci ha lasciati senza fiato. Un dolore e un orrore che ha travolto tutti: i due bambini innanzitutto, quella madre che forse ancora non è consapevole di quello che ha fatto, tutti gli operatori dell’Istituto, le oltre trecento donne lì detenute, le loro famiglie e anche noi volontari, cappellani, operatori del sociale, del mondo del lavoro, della cultura, dello sport, della salute che ogni giorno entriamo in carcere per dare il nostro contributo affinché la pena risponda sempre più alle finalità dettate dalla Costituzione.
Patrizio Gonnella da il Manifesto del 20 settembre 2018
Di fronte a due bimbi morti e alla tragedia immane avvenuta nel carcere femminile di Rebibbia avremmo tutti dovuto chiuderci in un rispettoso silenzio. Di fronte a un fatto di cronaca così terribile il silenzio ha una forza etica imparagonabilmente superiore a chi spreca parole per spiegare, strumentalizzare, sentenziare.
Una rottura del silenzio, anche da parte mia, è però necessaria per svelare il gioco del capro espiatorio e per restituire dignità a persone che la meritano.
Repressione. In dodici città italiane viene introdotta l'arma che ha già suscitato proteste negli Stati Uniti, come racconta la maxi inchiesta di Reuters. Altissimo il rischio di abusi.
di Patrizio Gonnella da il manifesto del 06/09/2018
Da ieri una settantina di agenti in dodici città per i prossimi tre mesi (Milano, Napoli, Bologna, Torino, Firenze, Palermo, Genova, Catania, Padova, Caserta, Reggio Emilia, Brindisi) avranno in dotazione una pistola che spara scariche elettriche. La pistola è comunemente chiamata Taser dal nome della prima ditta produttrice (che però oggi si chiama Axon Enterprise).
L’ESPERIENZA statunitense, fortemente contestata da Amnesty International, dall’American Civil Liberties Union, dai gruppi di advocacy americani Truth Not Tasers e Fatal Encounters, ha evidenziato come quest’arma a partire dal 2000 negli Usa sia stata potenzialmente mortale. Essa non è stata usata come alternativa meno violenta rispetto alle tradizionali pistole che sparano pallottole ma come più facile e meno faticosa alternativa alla parola, alle manette, all’opposizione fisica.
STRAORDINARIA per cura e ampiezza è la ricerca dei giornalisti della Reuters che la scorsa estate ha pubblicato sul web un’inchiesta approfondita sui danni collaterali da Taser. L’indagine giornalistica è stata costruita a seguito della visione di documenti giudiziari, rapporti di polizia, autopsie, certificati medico-legali e notizie di stampa locali. Dunque in un arco di tempo pari a circa sedici anni, oltre mille sarebbero state le persone morte negli Stati Uniti in scontri con la Polizia a causa dell’uso dell’elettroshock. In ben 153 casi la Reuters ha scoperto che i medici legali hanno esplicitamente citato la pistola Taser come causa della morte. In 442 casi di uso improprio della Taser sono state presentate denunce da parte dei parenti delle vittime che per ora sono costate, in termini di risarcimenti alle istituzioni o alle assicurazioni, ben 172 milioni di dollari.