“Non vanno sospesi i diritti e le libertà di un intera comunità in nome di una Grande Opera. Le regole dello Stato di diritto non ammettono eccezioni. Limitare la libertà di movimento di circa 15.000 persone creando zone rosse mette a rischio diritti fondamentali incomprmibili”. Dichiara Maria Pia Scarciglia, presidente di Antigone Puglia.
Nel comune di Melendugno, in provincia di Lecce, vi è una massiccia presenza di forze dell’ordine che presidiano giorno e notte l’intero territorio. Una militarizzazione che mette a rischio la libertà di movimento, presupposto di una vita democratica: cittadini soggetti a costanti controlli, con pass d’entrata e d’uscita, esibizione di documenti d’identità per attraversarsare una strada e interdizioni a più livelli. A Melendugno per 30 giorni è stata creata una zona rossa (è di ieri, 13 dicembre, la notizia che l’ordinanza prefettizia fortunatamente non è stata rinnovata), una zona off limit dove sino a qualche giorno fa nemmeno i giornalisti potevano accedere. Un fatto gravissimo su cui è intervenuto l’Ordine dei Giornalisti della Puglia per chiedere al Governo il rispetto della libertà di stampa e l’esercizio del diritto di cronaca. Chiunque sia passato o abbia attraversato Melendugno e le zone limitrofe ha visto e respirato un clima pesantissimo.
Il prossimo 18 dicembre a Roma, a partire dalle ore 11.00 presso il CESV, in via Liberiana 17, si terrà la conferenza stampa di presentazione di "Guardiamo Oltre", 4° Rapporto di Antigone sugli Istituti di Pena per Minorenni.
A distanza di due anni dal precedente e nel momento in cui il governo è impegnato nella scrittura dei decreti delegati alla riforma dell'ordinamento penitenziario, vogliamo fare il punto sulla detenzione minorile nel nostro paese, così come emersa dalle visite effettuate dal nostro Osservatorio.
COMUNICATO STAMPA - Siamo a 49 suicidi dall'inizio dell'anno, secondo i dati di Ristretti Orizzonti. Ogni suicidio è sicuramente una storia a sé, un gesto individuale di disperazione. Detto questo, ogni suicidio è anche il fallimento di un processo di conoscenza e presa in carico della persona.
I suicidi non si prevengono con la sorveglianza asfissiante ma con i colloqui individuali, il sostegno psicosociale, la liberalizzazione delle telefonate, la sorveglianza dinamica, l'umanità del trattamento. Vanno chiusi tutti i reparti di isolamento di fatto o di diritto, a partire dal carcere romano di Regina Coeli. Tutti i detenuti devono stare almeno 8 ore fuori dalla cella.
Speriamo che arrivi presto la riforma della legge penitenziaria che renda la vita in carcere meno dura di quello che è oggi. E che sia meno dura anche per lo staff penitenziario tutto, ivi compreso il personale di polizia.
Il suicidio di un agente a Tolmezzo, al di là delle motivazioni personali, è un grido di allarme verso le istituzioni. Va assicurato prestigio sociale ed economico a tutti gli operatori penitenziari. E vanno subito assunti giovani direttori, educatori, assistenti sociali e psicologi. In questo modo ci sarà anche meno carico sui poliziotti.
La legge approvata dall'Italia per istituire il reato di tortura non è conforme alle disposizioni della Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura e deve essere modificata. Lo afferma l'apposito Comitato Onu contro la tortura che ha presentato a Ginevra le conclusioni e raccomandazioni sul rispetto della Convenzione così come emersi durante la sessantaduesima sessione tenutasi lo scroso 14 e 15 novembre. Tra gli altri rilievi mossi al paese, anche alcuni aspetti della politica migratoria, tra cui l'accordo con la Libia ed il regime carcerario duro del 41bis.
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