Sono nove gli imputati rinviati a giudizio per la morte di Alfredo Liotta avvenuta nel carcere di Cavadonna a Siracusa nel luglio del 2012: il Direttore sanitario e sette medici del carcere, nonché il perito nominato dalla Corte d’Assise d’Appello di Catania.
Il caso venne portato a conoscenza del Difensore Civico di Antigone, che acquisì tutte le carte sullo stato del detenuto, da parte di alcuni famigliari del 41enne. Da queste emerse come il personale medico e infermieristico che si succedeva dal detenuto, non avesse saputo individuare e comprendere i sintomi né il decorso clinico di Alfredo Liotta e che tali carenze conoscitive ne avessero determinato il decesso. La scarsa lucidità del paziente avrebbe dovuto allarmare il personale sanitario e far considerare diversamente i rifiuti reiterati della terapia e del cibo che invece furono interpretati come rifiuti volontari.
Perciò Antigone, con il proprio Difensore Civico, l’Avv. Simona Filippi, presentò un esposto alla Procura della Repubblica di Siracusa affinché fossero individuati i responsabili della morte dell’uomo, richiedendone il rinvio a giudizio.
Ad un anno dagli Stati Generali dell'Esecuzione Penale vogliamo discutere su quanto è stato fatto, quanto non si è fatto e quanto si poteva fare, partendo dall'esito dei lavori dei tavoli tematici, in materia di riforma dell'ordinamento penitenziario.
Dal 6 al 10 marzo Antigone sarà a Ginevra per partecipare alla sessione dello Human Rights Committee.
Nelle settimane scorse abbiamo presentato un documento sullo stato delle carceri e della giustizia penale in Italia che avremo modo di illustrare in alcune sessioni di lavoro. Durante il meeting ogni Stato membro è tenuto a presentare dei rapporti relativi all’implementazione della Convenzione dei Diritti Umani che verranno valutati assieme ai rapporti ombra presentati dalle Organizzazioni Non Governative dei rispettivi Paesi.
Tra questi c'è anche il nostro rapporto (scritto in collaborazione con la Coalizione Italiana per le Libertà e i Diritti civili) nel quale affrontiamo i seguenti temi: tortura e uso eccessivo della forza; sovraffollamento penitenziario; detenuti stranieri; della questione della salute e della libertà religiosa e dei suicidi in carcere; del regime carcerario 41-bis; della chiusura degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari; dell'isolamento (per il quale abbiamo presentato una proposta di legge); delle donne detenute e dei detenuti omosessuali e transessuali; dell'indipendenza della magistratura e della lunghezza dei processi.
Da qualche settimana Michele Miravalle, uno dei responsabili dell'Osservatorio di Antigone sulle condizioni di detenzione, è in Centro America per un progetto che prevede la mappatura dei percorsi di reinserimento per minori privati della libertà nelle carceri minorile del centroamerica. Antigone è stata chiamata a metter a disposizione la sua esperienza. Il progetto è promosso dalla Cooperazione italiana,dal Sica e dal Banco Internacional de Desarrollo e si sviluppa negli otto paesi dell'area centro americana: Costa Rica, Belize, El Salvador, Honduras, Guatemala, Nicaragua, Repubblica Domenincana, Panama. Paesi tenaci, ma fragili, dove i minori detenuti pagano le politiche repressive di "mano dura" messe in campo dai governi e una carenza cronica di politiche sociali in grado di arginare il fenomeno delle Maras e pandillas (le gang giovanili).
Fenomeni ormai transnazionali e che anche in Italia stanno prendendo piede.
Abbiamo aderito al progetto per promuovere la nostra idea di pena, come strumento di salvaguardia dei diritti.
Di seguito alcune immagini.
Nella giornata di ieri Antigone è stata contattata dalla madre del giovane ragazzo suicidatosi nella tarda serata di venerdì presso il carcere di Regina Coeli. La donna ci ha inviato l'ultima lettera che suo figlio aveva spedito al fratello lo scorso 16 febbraio, affinché fosse resa pubblica.
Nel settembre dello scorso anno il giovane era stato collocato in Rems a Ceccano. Dopo due episodi di allontanamento e irreperibilità, al momento del ritrovamento da parte dei Carabinieri un magistrato decise per la custodia cautelare in carcere, nonostate lo spirito della legge sia quello di favorire misure cautelari non detentive.
Nella lettera emergono con chiarezza la difficoltà psicologiche di cui soffriva il ventiduenne che fa riferimento anche all'ipotesi di suicidarsi.