Via libera alla legge delega per modificare le norme sull'immigrazione Permessi di soggiorno più lunghi, rimpatri assititi, ma niente concorsi. E per festeggiare, chiudono tre cpt
Bossi-Fini (quasi) addio
Cinzia Gubbini
Roma
Qualche modifica inserita all'ultimo minuto - anche di peso, come l'esclusione dei lungo soggiornanti dai concorsi pubblici - qualche minaccia di negare il voto definitivo, qualche aiuto arrivato anche da ministri non di stretta competenza come Emma Bonino, et voilà la presidenza del consiglio approva a tempo non di record la legge delega di modifica della Bossi-Fini. Il dato è positivo, non essendo affatto scontato. I tempi di realizzazione saranno lunghi: ora si apre la partita delle Camere, con l'opposizione pronta a fare le barricate su un tema che ha sempre trattato in modo strettamente ideologico e qualche maldipancia anche all'interno della maggioranza (in primis, Italia dei Valori e Udeur). Non a caso la presentazione del ministro dell'Interno Giuliano Amato, uno dei firmatari della riforma insieme al ministro della Solidarietà sociale Paolo Ferrero, ieri è stata condita con toni concilianti: «Non è la sostituzione di un'ideologia con un'altra, ma la legge Bossi-Fini viene cambiata perché i meccanismi adottati, probabilmente anche per inesperienza più che per ideologia, si sono rivelati inefficaci: è anche a causa di quei meccanismi che oggi abbiamo in Italia migliaia di clandestini». Quando un giornalista gli chiede con quali aggettivi descriverebbe la differenza tra questa riforma e la legge precedente, si mantiene sul vago: «Diminuisce i clandestini ed è più moderna». «Più civile. E' più civile», sbotta il collega Ferrero che, insomma, a mantenere qualche differenza di merito tra centrodestra e centrosinistra ancora ci tiene. Entrambi rivendicano che non si tratta di un testo calato dall'alto, ma frutto di un lungo confronto e di una «politica dell'ascolto».
Simbolicamente, al varo della riforma si accompagnano due direttive che riguardano uno dei temi più scottanti: i centri di permanenza temporanea. La prima riguarda la chiusura di tre cpt: Ragusa (solo femminile, dove si sono verificate anche diverse morti), Crotone (finito spesso sotto i riflettori per le continue fughe, coadiuvate anche da gruppi criminali, e per alcuni pestaggi), Brindisi (caratterizzato da diversi tentativi di rivolte e criticato anche dai sindacati di polizia). Altri quattro cpt (Torino, Bologna, Modena e Gradisca d'Isonzo) saranno sottoposti a un attento studio «in vista di eventuali soppressioni, riqualificazioni, anche in funzione di una diversa missione istituzionale». Si allude alla possibile trasformazione di alcuni cpt in centri di identificazione per i richiedenti asilo, che, precisa la nota saranno anch'essi «rivisitati e le misure di sicurezza in essi adottate saranno ricondotte ad una doverosa proporzionalità, in relazione alle finalità dei centri medesimi». La seconda direttiva riguarda la possibilità di ingresso nei centri sia per le organizzazioni internazionali e nazionali che per gli organi di stampa. Sempre previa autorizzazione del Prefetto.
Sembra, insomma, l'indoratura della pillola, poiché, come ampiamente previsto, i cpt restano. La formula nel disegno di legge recita: «Superare l'attuale sistema dei centri di permanenza temporanea e assistenza, promuovendo e valorizzandone la funzione di accoglienza, di soccorso e di tutela dell'unità famigliare». La detenzione rimane per chi non è stato identificato e per chi deve aspettare il vettore per il rimpatrio. I tempi di trattenimento saranno ridotti. L'autosponsorizzazione - altro punto dolente - ha resistito agli attacchi: «Alla fine lo abbiamo lasciato - ha spiegato il ministro Amato - anche perché questo canale è già previsto in alcuni disegni di legge depositati alle Camere» (tra cui quello dell'Ulivo). Cosicché un immigrato iscritto ad apposite liste, e entro una determinata quota, potrà arrivare in Italia regolarmente per cercare un impiego, depositando una somma di denaro come garanzia.
Ma la parte che darà maggior sollievo agli immigrati è l'allungamento della durata del permesso di soggiorno, insieme all'eliminazione del contratto di soggiorno, nell'ambito di una generale semplificazione delle procedure. Approvata la riforma, per i contratti di lavoro subordinato di durata «inferiore o pari a sei mesi» il permesso sarà valido per un anno, due anni «per un rapporto di lavoro superiore a sei mesi», tre anni per i «rapporti di lavoro subordinato o autonomo». In sede di rinnovo la durata raddoppia.
Ieri, il consiglio dei ministri ha deciso inoltre di specificare meglio il futuro passaggio per il rinnovo dei permessi dalle questure ai Comuni, che non faranno solo front-office ma, gradualmente, acquisiranno tutte le competenze. Altra novità: chi ha avuto un permesso di soggiorno per 18 mesi, lo ha perso, ma ha un datore di lavoro che lo vuole assumere, potrà tornare regolare (norma «sponsorizzata» da Ferrero). Il ministro dell'Interno - da giurista - ha evidenziato invece la parte del testo che «elimina il "diritto speciale dell'immigrazione": le violazioni delle norme sull'immigrazione non devono avere un trattamento diverso dagli altri reati». E' stato ancora Amato a battersi - sembra fino a minacciare di non votare il testo - contro chi criticava la decisione di ridare le competenze su espulsioni e trattenimenti ai giudici ordinari, togliendole ai giudici di pace. Niente da fare, invece, per la norma che dava libero accesso, per chi ha una carta di soggiorno, ai concorsi pubblici. Qualcuno avrebbe sollevato perplessità: e se entrano nelle Forze Armate? Ci si augura che non sia così: i cittadini europei partecipano ai concorsi ma sono esclusi da alcune occupazioni. Altrettanto si poteva fare per gli immigrati.