-
-
La fortezza Europa ha fatto 9mila vittime
Immigrazione I dati di Fortress Europe: 2 mila i morti nel canale di Sicilia, 500 nell'Adriatico
Gabriele Carchella*
Inghiottiti dalle onde o bruciati dal deserto. Soffocati nei tir o congelati nelle pance degli aerei. Ci sono tanti modi di morire per i clandestini che vogliono entrare nella «fortezza Europa». Dal 1988 al 2007, hanno perso così la vita 8.254 persone. Uomini e donne in cerca di una nuova esistenza sulla sponda nord del Mediterraneo. La stima è fornita dall'osservatorio Fortress Europe, che dal 1988 tiene il conto delle vittime dell'immigrazione clandestina tramite il monitoraggio della stampa internazionale. Si tratta di una stima per difetto, perché non tutte le vittime finiscono sulle pagine dei giornali: molte di loro scompaiono senza lasciare traccia. La maggior parte dei clandestini perde la vita in mare: secondo Fortress Europe, sono ben 6.106 i morti nel Mediterraneo e nell'Oceano Atlantico negli ultimi dieci anni. Quasi la metà dei loro corpi non sono mai stati recuperati. Nel solo Canale di Sicilia le vittime sono 1.959, mentre nell'Adriatico hanno incontrato la morte 474 persone.
La mappa delle migrazioni segue rotte ormai note. Una parte dei clandestini salpa dalle coste libiche per raggiungere Malta o Lampedusa. Altri partono da Ceuta e Melilla, in Marocco, per approdare sulle coste spagnole. Ci sono poi quelli che partono dalla costa atlantica dell'Africa occidentale per cercare di raggiungere le isole Canarie. E il deserto non è meno pericoloso del mare. Le sabbie del Sahara sono attraversate a bordo di camion e fuoristrada per arrivare da paesi come Sudan e Ciad in Libia e Algeria. Tra le dune del deserto sono morte dal 1996 almeno 1.069 persone. Anche chi cerca riparo nascondendosi nei tir corre i suoi rischi: sono ben 247 le persone schiacciate dal peso delle merci o morte per soffocamento. Mentre 148 hanno perso la vita nelle stive dei mercantili o nei container spediti in Europa.
Lo stillicidio quotidiano di morti passa quasi inosservato nei paesi europei. L'attenzione si concentra piuttosto sulla presunta invasione da sud, più vicina al sentire comune dell'opinione pubblica. Agire si può, ma non sempre l'Italia si è mossa nella direzione giusta. A molti non è piaciuta l'idea dell'ex governo Berlusconi che - tra il 2003 e il 2005 - ha finanziato le carceri libiche per migranti di Kufrah, Sebah e Gharyan. In queste celle il rispetto dei diritti umani non è certo la specialità dei secondini, come documentano un rapporto Ue del 2004 e le denunce di Human Rights Watch. «Bisogna andare oltre la denuncia, sapendo che il fenomeno della migrazione clandestina è destinato a crescere e con esso il numero delle vittime», spiega il direttore del Centro italiano per i rifugiati Christopher Hein. Gabriele Del Grande, fondatore di Fortress Europe, punta il dito contro la cosiddetta «esternalizzazione» del controllo alla frontiera. In pratica, l'Europa chiede ai paesi nordafricani di fare da sentinelle. Ma i costi di questa politica sono alti: «17 morti a Ceuta e Melilla sotto gli spari della Guardia Civil e delle Forze ausiliarie marocchine. Migliaia di deportati abbandonati nel deserto alla frontiera Algeria-Marocco», ricorda Del Grande. E ancora 15 mila arrestati e deportati dalla Libia dal settembre scorso o oggi, vittime di violenze e torture. Ciò nonostante, dal 2003 l'Italia ha rimpatriato 1.500 immigrati proprio a Tripoli, e ha pagato ben 47 voli per trasportare 5.524 migranti da Tripoli ai paesi d'origine. Tra di loro,164 potenziali rifugiati politici. Lettera22*