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Rischia mutilazioni, no a espulsione Nigeriana avrà il permesso, Metropoli, 26/06/07

Rischia mutilazioni, no a espulsione Nigeriana avrà il permesso

PERUGIA - La commissione territoriale per il riconoscimento dello status di rifugiato ha accolto il ricorso di una clandestina nigeriana di 39 anni, Oghowen Agbi, contro il decreto di espulsione della questura di Perugia, per evitare alla figlia, una bimba di 7 anni, di essere sottoposta ad infibulazione nel suo paese. La sua pratica, corredata dal pronunciamento della commissione, è ora all' esame dell' Ufficio immigrazione della questura perugina, ma "è prassi - ha detto l' avvocato Silvia Ceppi che ha curato il ricorso - che il permesso in questi casi venga concesso".

La vicenda, resa nota dal quotidiano La Nazione, era cominciata nel marzo del 2006 quando alla nigeriana, madre di tre figli (due maschi ed una femmina) e separata, che vive a Città di Castello, viene notificato il decreto di espulsione della questura di Perugia con l'intimazione a lasciare l' Italia insieme ai figli entro cinque giorni. La donna, assistita dagli avvocati Silvia e Fabrizio Ceppi, ricorre prima al giudice di pace e poi alla Commissione territoriale per il riconoscimento dello status di rifugiato.

I suoi legali motivano il ricorso sostenendo che "la ricorrente è di religione cattolica e teme che, se dovesse tornare nel proprio paese, la piccola di appena sette anni sarebbe sottoposta alla pratica largamente diffusa in Africa ed in gran parte dei paesi musulmani della infibulazione. Tale pratica - sostengono ancora i legali - è da considerarsi una vera e propria mutilazione sessuale condannata dalla Convenzione di Ginevra sullo status di rifugiato". I due avvocati sostengono anche che "è illegittima e contraria alla legge italiana un' espulsione che consenta all'estero la sottoposizione di una persona a tali trattamenti inumani cui la piccola sarebbe sicuramente sottoposta".

Nei giorni scorsi la Commissione territoriale, pur non concedendole lo status di rifugiata, ha stabilito che la donna ha diritto ad ottenere il permesso di soggiorno per motivi umanitari. Ora, assistita dalla Caritas di Città di Castello e con i figli che frequentano regolarmente asilo e scuola, aspetta l' arrivo del sospirato permesso di soggiorno per potere aprire un piccolo ristorante di cucina africana.

(ANSA)