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«Quei pescatori non sono scafisti, il governo intervenga per la libertà», Il Manifesto, 07/09/07

«Quei pescatori non sono scafisti, il governo intervenga per la libertà»
Mobilitazione internazionale per i 7 tunisini che hanno salvato 44 immigrati. L'Unione prepara un'interrogazione, oggi un sit-in
Cinzia Gubbini
Roma

Si parla di scarcerazioni facili, ma per i sette pescatori tunisini rinchiusi dal 9 agosto nel carcere di Agrigento sembrano aver buttato la chiave. Ora a loro favore sta crescendo una mobilitazione internazionale, che ieri ha conosciuto una prima tappa con un incontro al parlamento, e oggi culmina con la prima manifestazione davanti alla prefettura di Agrigento a cui parteciperanno parlamentari europei. Ieri è intervenuto anche il ministro della solidarietà sociale Paolo Ferrero, definendo «paradossale» la situazione: «Vi sono molti elementi per ritenere che le persone imputate di aver commesso un reato siano invece stati protagonisti di un sacrosanto gesto di umanità e solidarietà», augurandosi che la riforma della Bossi-Fini - recentemente assegnata alla Camera - possa concludersi il prima possibile.
All'inizio la Procura siciliana aveva emesso un verdetto netto sui pescatori: «scafisti», che avevano traghettato in Italia 44 immigrati per lucro, senza preoccuparsi del divieto di fare ingresso nelle acque nazionali. Ma con l'avvio del processo il clima è cambiato anche dentro il tribunale, dopo una sfilza di testimonianze a favore dei pescatori - nonostante il giudice abbia ammesso pochissimi testi - e l'emergere di alcune prove, come la trascrizione di una segnalazione di aiuto arrivata dallo stesso gommone in difficoltà a un cittadino immigrato in Italia da cui emerge che il barcone si trovava a 34 miglia a sud (quindi più vicino all'Italia). Il pm ha manifestato l'intenzione di modificare il capo di imputazione riconoscendo che manca il fine di profitto. Ma il giudice ha detto che se ne riparlerà alla prossima udienza, cioè il 20 settembre, e nel frattempo ha rigettato la richiesta di scarcerazione. I pescatori rimangono in galera. E in ogni caso su di loro pende l'accusa di essere entrati illegalmente in Italia.
Infatti il punto è proprio questo, sottolineato con veemenza ieri dalle associazioni che hanno incontrato alcuni parlamentari: perché mai le autorità italiane diedero lo stop ai pescatori? Secondo la capitaneria e la marina se ne sarebbero dovuti tornare in Tunisia, con a bordo due donne incinte e due bambini di cui uno disabile. Tra l'altro diciannove persone di quel «carico umano» hanno poi chiesto asilo politico, provenendo da paesi come l'Eritrea. «Appurata la dinamica dei fatti, è evidente che i pescatori si sono comportati rispettando tutte le convenzioni internazionali», ha detto Cristopher Hein del Consiglio italiano dei rifugiati. «E' una vicenda emblematica, che ci racconta come la politica voglia gestire questo nostro mare», ha detto Omeyya Seddik, tunisino arrivato dalla Francia in rappresentanza della «Federazione dei tunisini per una cittadinanza delle due rive»: «Sembra non sia grave che centiniaia di persone muoiano in mare e questo viene percepito dai migranti come una guerra. E ora arrivano anche le minacce contro chi presta soccorso. In tunisia parlano dei sette pescatori come "ostaggi"». Alla conferenza stampa era presente anche Abdeljelil Bédoui del Forum sociale tunisino, in rappresentanza della città di Teboulba, da dove vengono i sette pescatori: «Tutto il paese segue con attenzione la vicenda e anche con grande sconcerto: li conoscono tutti, sono come tanti uomini e giovani che investono sulla pesca e non sono scafisti. Figurarsi, da Teboulba non ci sono neanche emigranti, essendo una città molto dinamica». Bédoui ha fatto presente che le famiglie dei pescatori si aspettano anche un risarcimento. Dai parlamentari dell'Unione - Rifondazione, Verdi, Ulivo, Pdci - ieri sono arrivati segnali rassicuranti: «Dovrebbero arrivare una mozione e un'interrogazione - ha detto Filippo Miraglia, responsabile immigrazione dell'Arci - ma noi chiediamo che sia il governo a riferire e che ci siano al più presto interventi concreti perché il soccorso in mare sia incentivato, e in alcun modo possa essere associato a un reato». Anche questo dirà oggi la manifestazione internazionale di Agrigento, costruita soprattutto grazie all'infaticabile lavoro della Rete antirazzista siciliana. Ma le tappe non sono finite: il 26 settembre il parlamento europeo discuterà proprio della vicenda dei sette pescatori, dopo l'appello con più di cento firme - tra cui quella del capogruppo dei liberali Watson - lanciato dall'europarlamentare della Gue Giusto Catania per il quale i pescatori sono vittime «di un'ingiustizia clamorosa».