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Lezione di tolleranza per ventimila studenti, La Repubblica, 16/09/07

Lezione di tolleranza per ventimila studenti

Sono stati quasi ventimila gli studenti che nello scorso anno scolastico hanno incontrato rifugiati politici e hanno così conosciuto, dalla voce delle vittime, la più drammatica tra le cause dell'immigrazione. E' il progetto "La lettura non va in esilio" organizzato dal Centro Astalli (il servizio dei gesuiti per i rifugiati) col sostegno del ministero dei Beni culturali e del comune di Roma. Il suo scopo è offrire a ragazzi e ragazze delle scuole medie superiori la possibilità di conoscere un problema molto antico (nella lista dei rifugiati celebri troviamo anche Ovidio e Dante), ma ancora attuale, attraverso le storie delle vittime e la lettura di libri. Quest'anno all'iniziativa è stato affiancato un concorso letterario, "La scrittura non va in esilio", che ne è, allo stesso tempo, il corollario e lo strumento di verifica. Vi hanno potuto partecipare - con un breve racconto sul tema dell'immigrazione - tutti gli studenti che avevano aderito al progetto principale.

I vincitori sono stati Alessio Arbustini, un diciottenne di Imperia e, seconda classificata, Salvina Mastrolembo, una diciassettenne di Roccella Valdemone, paese in provincia di Messina. Non è stata una vittoria facile. Chi ha esaminato gli elaborati (oltre duecento) è rimasto sorpreso per la loro qualità e per la loro profondità. Una trentina di racconti sono entrati nella fase finale e, per la giuria, è stato doloroso non poterli premiare tutti.

Alessio - vincitore del primo premio, la partecipazione al viaggio in Africa che ogni anno viene organizzato dal sindaco di Roma Valter Veltroni - ha raccontato la storia di una fuga dalla Somalia, Salvina - che assieme a tutti i primi dieci classificati ha vinto una valigia piena di libri - ha descritto la vita quotidiana degli immigrati suoi vicini di casa. Due lavori tra loro molto diversi che però, in un certo senso, "si parlano". In comune hanno il punto di vista, la prospettiva. Alessio e Salvina non raccontano vicende accadute a "stranieri", ma ad altri uomini. Lo stupore, la sorpresa che il narratore trasferisce al lettore, scaturiscono dal constatare che l'essere uomini, con eguali diritti ed eguali doveri, non appartiene ancora al comune sentire.

I partecipanti al concorso fanno parte della generazione venuta al mondo all'inizio delle cosiddette "ondate migratorie". Alessio non aveva due anni quando, a Villa Literno, fu assassinato Jerry Maslo, Salvina era in prima elementare quando, davanti alle coste della sua Sicilia, si compì nell'indifferenza generale la più grave sciagura navale nella storia del Mediterraneo. Erano alle medie inferiori quando l'europarlamentare Mario Borghezio 'disinfettò' i treni dove si erano seduti gli immigrati. Erano già al liceo quando l'attuale vicepresidente del Senato Roberto Calderoli, con la sua maglietta, scatenò i sanguinosi tumulti in Libia. E hanno ricevuto la notizia del premio pochi giorni prima che lo stesso Calderoli pronunciasse il discorso del piscio di maiale.

Sono cresciuti e vivono in un paese come questo, con questi miserabili esempi. Eppure, a leggere i loro lavori, sembra che non ci siano mai stati. Come se la conoscenza del problema li avesse non solo immunizzati dall'inciviltà ma anche dalla tentazione, che spesso l'inciviltà suscita, di reagire con le stesse armi e gli stessi argomenti.

I lavori del ligure Alessio, della siciliana Salvina, e dei loro colleghi di ogni parte d'Italia, dicono che i sentimenti di fratellanza, la consapevolezza dei diritti fondamentali, non sono infusi: vanno acquisiti e coltivati. "Vi ho raccontato queste storie - scrive Salvina - per cercare di trasmettervi una cosa: il principio di uguaglianza". Il progetto "la lettura non va in esilio" dovrebbe entrare stabilmente nei programmi ministeriali. Se l'inutile ora di 'educazione civicà - frequentata senza profitto dalla generazione dei leader razzisti nostrani - in passato fosse stata destinata a iniziative come questa, oggi avremmo qualche occasione in meno per provare vergogna.
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