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La paura di uscire dalla clandestinità, immigrazione.biz, 30/09/07

La paura di uscire dalla clandestinità

Adid: "Chi mi garantisce che se denuncio non finisco al Cpt?"

La preoccupazione e le speranze di centinaia di "invisibili" dopo il caso dei 12 moldavi che hanno ottenuto la carta di soggiorno. E ai sindacati si moltiplicano gli stranieri che chiedono informazioni.

Adid ha 26 anni e un diploma di scuola superiore. Con il più classico dei cammini della speranza è arrivato clandestino qui in Italia. Un anno a Treviso tra piccoli lavoretti e la perenne paura di un controllo. Poi Bologna, attraverso il solito tam tam di amici e conoscenti. Ad Adid piace la nostra città, «molto meglio di Treviso», e gli piacerebbe anche poterci vivere in tranquillità: un lavoro, una casa divisa con gli amici, la certezza di uscire di casa tutte le mattine, senza il batticuore per la paura di essere fermati.

E il lavoro fino a metà luglio ce l´aveva, paradossalmente con la formula del posto fisso: un suo connazionale infatti lo aveva preso nella sua azienda di costruzioni, piccoli cantieri tra Bologna e provincia, tanto lavoro e quasi sempre più di 1.000 euro in busta. Soltanto che questa era bianca, anonima e data a mano: soldi clandestini per un clandestino.

Quando il datore di lavoro connazionale non gli ha pagato l´ultimo mese di lavoro, per Adid è stato solo il momento di inghiottire rabbia. Adesso vorrebbe imboccare un altro cammino e diventare come Ion e Chiril, i moldavi muratori come lui, che con il coraggio di denunciare i propri sfruttatori, hanno ottenuto il permesso di soggiorno. Il tutto grazie all´azione congiunta di Comune, Questura e Procura in base all´articolo 18 della legge sull´immigrazione, sancendo il principio che il clandestino sfruttato, una volta denunciato il datore di lavoro, può ottenere il permesso di soggiorno.

Adid però ha paura: cosa c´è dietro quella frase della norma che specifica "in situazioni di violenza o di grave sfruttamento"? Non è facile esporsi, denunciare qualcuno, in questo caso un connazionale, e poi magari sentirsi dire che il proprio caso non rientra nella legge. E non è neppure questione di avere garanzie, è solo voler sapere se una denuncia ti porterà ad ottenere un diritto, o ti faccia invece sprofondare sempre più nella clandestinità. Magari dentro un Ctp. «Come lui ci sono tanti altri casi - dice Roberto Morgantini, responsabile del Centro stranieri della Cgil - I lavoratori-fantasma qui a Bologna, nei cantieri, nelle aziende di facchinaggio, sono ormai alcune migliaia. Ci aspettiamo che tanti di loro dopo la vicenda dei 12 moldavi, arrivino qui e ci chiedano se possono anch´essi usufruire di questa norma.

Ma al momento non sappiamo se questa circolare del ministero può essere applicata a tutti i clandestini in condizioni di sfruttamento. Il coraggio che chiediamo a loro, ce lo dobbiamo dare noi estendendo sempre più le garanzie e accorciando i tempi di rilascio del permesso di soggiorno in casi di denuncia. Che fa Adid, aspettando i tempi degli uffici italiani, come vive ?».

Adid comunque ieri è stato al Centro Stranieri in via Marconi: vuole capire, sapere se ne vale la pena diventare visibile. Mentre se ne andava, nell´ufficio di Morgantini è entrata una signora bionda: fa la badante in nero in una delle tante famiglie bolognesi che a queste donne affidano i nonni o i genitori. Clandestina come il marito, anche lei vuole capire se la storia a lieto fine di Ion, Chiril e i loro compagni, è stato solo uno splendido spot.


l'espresso