BUCAREST -
"Lavoratori romeni, tornate in Romania". L'appello sempre più frequente
del governo romeno, alle prese con una forte mancanza di manodopera nel
Paese, è stato rinnovato ieri a Bucarest dal ministro per le piccole e
medie imprese Ovidiu Silaghi, al termine di un incontro con il ministro
italiano per il commercio internazionale Emma Bonino.
Silaghi ha invitato le grandi aziende che hanno dipendenti
romeni in Italia ad aprire filiali in Romania per farli tornare a casa.
''Attualmente - ha ricordato il ministro - sono gia' 23.500 le imprese
italiane che operano in Romania a fronte di circa 800 mila romeni che
lavorano in Italia. Sono 800 mila anche i lavoratori romeni che
lavorano in Spagna, ma le imprese spagnole in Romania sono solo
2.400'', questo, secondo Silaghi, e' un dato "significativo" di per se.
Il ministro ha indicato almeno 3 motivi per investire in
Romania: "i fondi disponibili, la flat-tax (una tassa fissa del 16% sui
ricavi) e il costo della mano d'opera che e' ancora competitivo". Ma
oltre di investitori il Paese ha anche bisogno "degli operai romeni che
ora lavorano in Italia" che potrebbero essere attirati con
l'innalzamento dei livelli salariali e con l'aumento di offerta di
posti di lavoro.
"La mancanza di manodopera in Romania si è sentita molto negli
ultimi due anni, addirittura un mese fa il ministro del Lavoro ha detto
per non frenare la crescita economica servirebbero un milione e mezzo
di lavoratori. Già ora si 'importano' operai dalla Cina, dall'Ucraina,
e ci sono anche alcuni programmi finanziati dal governo che prevedono
facilitazioni di ogni tipo per i romeni che rimpatriano" commenta Sorin
Cehan, direttore del mensile Gazeta Romanesca.
"In Romania però gli stipendi sono dieci volte inferiori a
quelli dell'Europa dei 15. - aggiunge Cehan - Il nostro primo ministro
dice non possiamo comportarci come un paese esportatore di manodopera:
sulle dichiarazioni siamo a posto, ma se i lavatori torneranno o meno
si vedrà…".
EP