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E Mouloud il clandestino denunciò il suo truffatore, La Repubblica, 13/01/08

E Mouloud il clandestino denunciò il suo truffatore

Ci sono buone probabilità che un giorno, quando l'Italia avrà compiuto il lento, faticoso ma ineluttabile processo dell'integrazione degli stranieri, Mouloud K. entri nella lista di quelle persone semplici che, con un atto di coraggio, hanno contribuito a migliorare la condizione di molti. Parliamo di quella lista dove, per esempio, dal 1955 compare il nome di Rosa Parks, la casalinga nera che nel 1955, in un autobus dell'Alabama, si rifiutò di cedere il suo posto a un bianco e divenne il simbolo del movimento statunitense per i diritti civili.

L'Italia del 2008, naturalmente, è molto diversa dall'Alabama del 1955. Abbiamo una Costituzione che stabilisce il principio di uguaglianza, abbiamo leggi ordinarie che, benché scarsamente applicate, vietano e puniscono l'incitamento all'odio razziale. Le discriminazioni agiscono in un modo più sottile, si insinuano nell'interpretazione delle leggi, nelle prassi amministrative. Quando poi queste leggi e queste prassi incrociano gli ambienti controllati dalla criminalità organizzata, la discriminazione procede col sostegno silenzioso della minaccia e della violenza.

Questo quadro ambientale rende ancor più significativo il semplice gesto che nei giorni scorsi è stato compiuto dall'immigrato irregolare Mouloud K.: ha firmato una denuncia, che sarà presentata alla procura della Repubblica di Salerno, per favoreggiamento dell'immigrazione clandestina e truffa aggravata. E' il primo caso. Il primo su migliaia.

Nella primavera del 2005, mentre si trovava in un bar del suo paese, Mouloud K. fu avvicinato da un giovane italiano vestito elegantemente il quale gli propose un affare: in cambio di seimila euro, gli avrebbe fatto avere un visto d'ingresso per l'Italia e un posto di lavoro in un'azienda agricola dove, oltre a uno stipendio di dieci volte superiore ai suoi magri guadagni marocchini, avrebbe avuto anche vitto e alloggio. Mouloud accettò la proposta, versò al giovane italiano un anticipo di mille euro per le prime spese e, un anno dopo, ottenne il regolare visto d'ingresso. Versò altri cinquemila euro a saldo e partì. Ma, giunto a destinazione (un indirizzo nelle campagne del salernitano) scoprì che l'azienda che l'aveva assunto non esisteva. Provò a contattare il suo "datore di lavoro", tale Giuseppe Bottiglieri, ma non riuscì a trovarlo. Il cellulare squillava a vuoto. Dopo otto giorni, non essendosi presentato allo Sportello unico per l'immigrazione per segnalare di aver cominciato a lavorare, divenne un clandestino. E venne a sapere che molti altri aveva subito la sua stessa sorte. Per la maggior parte erano rimasti in quella zona, a lavorare come schiavi alle dipendenze dei "caporali". Mouloud aveva degli amici nel nord Italia e decise di raggiungerli. Nell'autunno scorso, dopo un anno di clandestinità, di piccoli lavori precari, di miseria, si fece coraggio e accettò di raccontare la sua storia a "Repubblica". Pochi giorni fa il passo successivo: la denuncia del truffatore.

Se esistesse la class action per gli immigrati raggirati in questo modo, l'economia di molte zone agricole del Sud tremerebbe. La scorsa estate la Direzione provinciale del lavoro di Salerno, esaminando le domande di assunzione di immigrati in base al "decreto flussi", ha scoperto che quelle irregolari (presentate da aziende inesistenti o comunque prive dei requisiti) erano cinque sui sei. Una truffa da milioni di euro. Il marocchino Mouloud K. l'ha denunciata. In cambio chiede solo di non essere più chiamato "clandestino".
(glialtrinoi@repubblica. it)