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Immigrati stagionali al Sud. Il rapporto MSF: "Vita di inferno", La Repubblica, 30/01/08

Paghe da fame, nessuna tutela, povertà estrema e condizioni sanitarie inaccettabili
La denuncia dell'organizzazione sui lavoratori stranieri: "Nessun progresso dal 2004"

Immigrati stagionali al Sud. Il rapporto MSF: "Vita di inferno"

di ALESSIA MANFREDI


<B>Immigrati stagionali al Sud<br>Il rapporto MSF: "Vita di inferno" </B>

Foto di Lorenzo Maccotta per MSF

ROMA - Condizioni di lavoro estreme, senza alcuna tutela. Giornate infinite che iniziano quando è ancora notte e finiscono in luoghi squallidi, in condizioni igieniche più che precarie. Assistenza medica inesistente, paghe da fame. Una vita da paria, socialmente nulla. E se si prova a protestare, botte. Punizioni esemplari, per educare anche gli altri. Un inferno, insomma: è così, senza troppi giri di parole, che Medici Senza Frontiere definisce la condizione degli immigrati stagionali che lavorano nel sud Italia nell'agricoltura.

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Un'inchiesta di Fabrizio Gatti per l'Espresso aveva già portato alla luce questo inferno, svelandolo in tutti i suoi dettagli. Oggi il rapporto presentato dalla missione italiana dell'organizzazione umanitaria internazionale di soccorso medico dà un quadro altrettando oscuro, disperante, in cui rispetto all'indagine-denuncia analoga di quattro anni fa, non è cambiato quasi nulla.

Da luglio a novembre, un'équipe itinerante di MSF ha condotto un'analisi sulle condizioni di salute, di vita e di lavoro degli stranieri impiegati come stagionali per la raccolta della frutta e della verdura nelle regioni meridionali. Seicento questionari compilati per realtà diverse, ma sempre uguali: dalla piana del Sele al Foggiano, dalla Valle del Belice alla piana di Gioia Tauro.

La fotografia che emerge è di totale sfruttamento: il 90 per cento del campione intervistato non ha un contratto di lavoro e quindi nessuna tutela giuridica per retribuzione, infortuni o previdenza. Lavora in media quattro giorni a settimana per otto-dieci ore al giorno. La metà guadagna tra i 26 e i 40 euro al giorno, ma un terzo 25 euro o anche meno. Il che significa, ad esempio nel foggiano, che la paga per raccogliere un cassone di pomodori da 350 chili è di quattro-sei euro, cui va tolta poi la "tara" di tre-cinque euro giornalieri destinati ai caporali.
Si accetta per non morire di fame, perché alternative non ne esistono. E se una spinta viene dalla speranza di mandare soldi alla famiglia rimasta nel proprio paese d'origine - soprattutto Africa subsahariana, Maghreb, Sud-Est Asiatico, Bulgaria e Romania - il sogno si infrange per il 38 per cento degli intervistati, che non riesce a mettere da parte neppure un euro. "Una situazione drammatica e vergognosa per uno stato di diritto e membro dell'Unione Europea, su cui il silenzio è assordante" commenta Antonio Virgilio, responsabile dei progetti italiani di Medici Senza Frontiere.

Questo esercito silenzioso di schiavi - il 97 per cento sono uomini e hanno tra i 20 e i 40 anni, rarissime le donne - si muove nell'ombra. Il 72 per cento non ha permesso di soggiorno, vive ai margini e in maggioranza si sposta seguendo le stagioni della raccolta. Finita la giornata, la sera si rifugia in squallidi tuguri, soprattutto strutture abbandonate, il 5 per cento addirittura per strada. Il 62 per cento delle sistemazioni non ha servizi igienici, nel 64 per cento manca l'acqua. La quasi totalità non ha riscaldamento. Non solo. Sono sempre più frequenti gli episodi di intolleranza e violenza, denunciati dal 16 per cento degli intervistati.

Gli stagionali fantasma arrivano in Italia in buone condizioni fisiche ma in molti poi si ammalano: per il 72 per cento dei lavoratori visitati da MSF è stato formulato un sospetto diagnostico che poi nel 73 per cento dei casi è risultato in una malattia cronica: patologie osteomuscolari, associate a movimenti ripetitivi e al sollevamento di pesi (22 per cento), o malattie dermatologiche (15 per cento) frequenti in condizioni di scarsa igiene, sovraffollamento e nel lavoro in campagna, in cui si viene a contatto con agenti irritanti e infettivi, che provocano allergie. Poi ci sono le malattie respiratorie (13 per cento) e gastroenteriche (12 per cento), comuni in condizioni di sovraffollamento e di scarsa igiene. E poi carie, patologie del cavo orale, malattie infettive.

Se è vero che la legge garantisce l'accesso alle cure per tutti gli stranieri, regolari e irregolari, la maggioranza non lo sa: il 71 per cento non ha la tessera sanitaria e a distanza di due anni dall'arrivo in Italia, il 59 per cento non ha neppure quella provvisoria, la STP; e il 47 per cento degli immigrati regolari non è iscritto al servizio sanitario nazionale.

Un panorama desolante, che molti ignorano e troppi fanno finta di non vedere, denuncia MSF: dai sindaci alle forze dello stato, dalle associazioni di categoria ai ministeri, agli ispettorati del lavoro, che contribuiscono così a considerare la mostruosità come necessaria per sostenere le economie locali. "Nonostante il cambiamento del panorama politico e le reiterate promesse da parte delle istituzioni nazionali e regionali, MSF non ha potuto riscontrare cambiamenti sostanziali nelle inaccettabili condizioni degli stranieri stagionali" si legge nelle conclusioni del rapporto.

"Non solo non è cambiato nulla" ammette Virgilio. "Le cose sono addirittura peggiorate, come nel caso di Alcamo, in Sicilia, dove, dopo anni di indifferenza sono stati finalmente allestiti centri di accoglienza per gli immigrati, ma solo per quelli regolari, seguendo così una logica di ulteriore discriminazione nella discriminazione, sulla base dello status giuridico". Per MSF quello che serve sono criteri minimi di accoglienza per gli stagionali, per far fronte almeno alle emergenze primarie. Nel frattempo l'inferno continua.