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Immigrati e lavoro, un circolo vizioso, Il Manifesto, 07/02/08

Immigrati e lavoro, un circolo vizioso
Un convegno della Cgil fa il punto sulla legislazione italiana e europea. Caduto il governo, resta la «vergogna» della Bossi-Fini, la peggiore legge d'Europa
Sara Farolfi
Roma

Il diritto del lavoro per gli immigrati è questione non risolta persino negli stati europei dalla giurisdizione più evoluta. La mobilità dei capitali è sempre stata più veloce della mobilità delle persone e questo è valido tutt'oggi. Le leggi che regolano l'immigrazione lo mostrano con estrema evidenza, riproponendo il contrasto tra il diritto umano al lavoro e il diritto degli stranieri al lavoro. Una visuale «egoistica» - la definisce il giuslavorista Nanni Alleva - secondo la quale il principio non è quello per cui i migranti hanno diritto a un lavoro, bensì l'esatto contrario, e cioè che il diritto al lavoro spetta ai cittadini, salvo prevedere, tramite flussi e quote, limitate aperture verso gli extracomunitari.
Di immigrazione e di lavoro si è parlato ieri nel corso di un convegno organizzato dalla Cgil. A partire dalla legge (la Bossi-Fini) che ci colloca nella retroguardia delle legislazioni europee, e da quel progetto di riforma (il disegno di legge Amato-Ferrero, «un tema qualificante di questa legislatura», secondo Alleva) che la caduta del governo ha di fatto stoppato. «L'importante è - secondo Alleva, che ieri ha introdotto il dibattito - continuare la riflessione per migliorare quei progetti che prima o poi diventeranno, per forza di cose, diritto vigente».
Legando il lavoro al permesso di soggiorno si è creato un circolo vizioso. Con una contraddizione di fondo, perchè se per entrare in Italia bisogna avere un contratto di lavoro, non si sa come questo possa essere stipulato. La violazione della legge (spesso attuata anche mediante il diritto familiare, avvalendosi della possibilità del ricongiungimento) è diventata dunque l'unica maniera per l'arrivo di nuova forza lavoro. Mentre concettualmente, la visuale che sottende alla nostra legislazione è che l'immigrazione in quanto tale non dovrebbe esserci. In tutti gli stati dell'Unione europea, spiega Bruno Veneziani, docente all'Università di Bari, vige la triade regolativa basata su "visto", "permesso di soggiorno" e "permesso di lavoro". I flussi in entrata vengono limitati mediante il ricorso al regime delle quote (e il tutto avviene senza alcuna consultazione dei sindacati). In Inghilterra per esempio esiste la corsia preferenziale degli high skilled workers (i lavoratori altamente specializzati), per tutti gli altri vigendo invece quote annuali e flussi in entrata. Uno è il principio di fondo: «La libera circolazione non è un diritto della persona, ma si applica perchè ci sono norme comunitarie (valide per i cittadini comunitari dunque) che lo prevedono». La partita si gioca, in estrema sintesi, al crocevia delle discipline giuridiche. «Se si parla di dignità della persona, significa che non possono esserci limiti o barriere», conclude Veneziani.
La Cgil ha valutato positivamente il disegno di legge di riforma Amato-Ferrero. In particolare il Documento programmatico 2007-2009 per la politica dell'immigrazione, dove - ha spiegato Monica Mc Britton, dell'Università del Salento - per la prima volta si parla di immigrazione come di un fenomeno «strutturale», si riconosce la necessità di «superamento della finzione, per cui lo straniero deve fingere di non trovarsi in Italia», si parla di «riconoscimento delle professionalità» e di «mobilità sociale».
Resta il fatto che la prospettiva di riforma non è più all'ordine del giorno. E qui la Cgil, con le parole di Piero Soldini, del dipartimento immigrazione, pone quattro domande. Su quattro questioni «di ordinaria amministrazione», di cui il governo, da oggi alle elezioni, dovrebbe farsi carico. Accogliere le domande in esubero del decreto flussi 2007 (700 mila richieste per 170 mila posti), qualora conformi ai requisiti di legge (Bossi-Fini, s'intende); prevedere un permesso di protezione per i lavoratori che si affrancano dallo sfruttamento; raddoppiare la durata dei permessi di soggiorno; e risolvere il problema del rinnovo dei permessi di soggiorno.