ROMA - Il ritardo di un anno per il rinnovo del permesso di soggiorno è inammissibile: per questo motivo il Tar del Lazio ha ordinato alla questura di concludere la procedura entro trenta giorni. La sentenza è stata pronunciata dal tribunale amministrativo di Roma il 30 gennaio scorso, e accoglie il ricorso di una donna, M.J., laureata in Scienze internazionali e diplomatiche presso l’Università di Genova e da tempo interprete e traduttrice presso organismi internazionali, che, stanca di attendere il rinnovo del suo permesso, si è rivolta al Tar per reclamare il rispetto dei tempi.
La donna vive dal 1995 in Italia, dove, oltre all’università, ha frequentato le scuole superiori. Aveva chiesto, nell’ottobre del 2006, un appuntamento alla questura di Genova per ottenere il rinnovo del permesso in scadenza. Nel frattempo, essendo passata alle Poste la competenza sulla procedura di rilascio e rinnovo dei documenti di soggiorno, aveva nuovamente inoltrato la sua domanda tramite Poste italiane, alle fine del 2006. La data per l’incontro era stata fissata in un primo momento a ottobre 2007, anticipata poi a settembre. Ma nonostante il lungo tempo trascorso, il permesso non le è stato ancora rilasciato.
M.J. si è quindi rivolta al Tar. Il Tribunale amministrativo regionale ha confermato l’orientamento adottato già alcuni mesi fa dai giudici amministrativi di Venezia e Bari, che avevano accolto un analogo ricorso, e ha ingiunto alla questura di Alessandria di decidere sulla domanda entro trenta giorni. Il ministero dell’interno, chiamato in giudizio, si è difeso sostenendo che il procedimento amministrativo si era concluso in modo positivo nel novembre 2007, e che il mancato rilascio del permesso di soggiorno era da attribuire alla Zecca dello Stato che non avrebbe ancora trasmesso il documento elettronico alla donna.
Il tribunale ha dichiarato in via preliminare la fondatezza del ricorso della donna, poiché il permesso non è stato ancora rilasciato. Per i giudici romani resta poi il fatto che “è trascorso un intervallo di tempo decisamente superiore ai novanta giorni previsti dall’art. 2 della L. 241/90 per la conclusione del procedimento” e pertanto, “considerato che la stessa amministrazione ha riconosciuto la fondatezza della pretesa, avendo dichiarato di aver inoltrato la pratica alla Zecca dello Stato per la preparazione del documento elettronico”, il collegio ha comunque accolto il ricorso ed ha ordinato al ministero di concludere il procedimento entro il termine di trenta giorni dalla data di notificazione o comunicazione in via amministrativa della sentenza.