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Asilo - Le nuove procedure per il riconoscimento di protezione internazionale, meltingpot.org, 08/03/08

Asilo - Le nuove procedure per il riconoscimento di protezione internazionale

a cura della Redazione Melting Pot Europa

Il 2 marzo 2008 è entrato in vigore un decreto che, quando completamente operativo – manca ancora infatti il regolamento di attuazione –, cambierà in modo radicale il quadro normativo in materia di diritto di asilo in Italia. Il decreto legislativo 28 gennaio 2008 n.25, emanato in recepimento della Direttiva europea 2005/85/CE, modifica radicalmente le procedure per il riconoscimento dello status di rifugiato e interviene sulla questione del trattenimento.

Il 19 gennaio 2008 era già entrato in vigore un altro decreto, il d.l. 19 novembre 2007, n. 251, in recepimento della direttiva europea 2004/83/CE, importante in quanto introduce una nuova forma di protezione per chi fugge da persecuzioni e violenze, quella della protezione internazionale, che prevede due differenti status: quello di rifugiato e quello di protezione sussidiaria, specificando (e ampliando rispetto alla normativa precedente) i diritti dei titolari di queste forme di protezione. Sull’uscita e le novità introdotte da questo decreto abbiamo già commentato.

I due recenti decreti intervengono quindi a modificare il già complesso e frammentato quadro normativo in materia di asilo, abrogando parzialmente la normativa vigente, in particolare la legge 28 febbraio 1990 n.39 di cui rimangono in vigore alcuni articoli e commi.

Il dl 28 gennaio 2008 n.25 all’art. 40 comma 1 b dichiara abrogato “il decreto del Presidente della Repubblica 16 settembre 2004, n. 303, a decorrere dalla data di entrata in vigore del regolamento di cui all’articolo 38”.
Non si conoscono i tempi di emanazione del regolamento, che potrebbero anche essere lunghi e in questa fase è difficile dare indicazioni chiare e certe su come verrà attuata la nuova procedura.

Commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale
L’autorità competente a decidere in merito alle domande di protezione, presentate agli uffici della polizia di frontiera o alle questure, saranno le Commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale e sono fissate in un numero massimo di 10. Saranno composte, come le precedenti Commissioni territoriali , da “un funzionario della carriera prefettizia, con funzioni di presidente, da un funzionario della Polizia di Stato, da un rappresentante di un ente territoriale designato dalla Conferenza Stato - città ed autonomie locali e da un rappresentante dell’ACNUR”.

Commissione Nazionale per il diritto di asilo
La Commissione Nazionale per il diritto di asilo, che nella precedente procedura aveva “compiti di indirizzo e coordinamento delle commissioni territoriali, di formazione e aggiornamento dei componenti delle medesime commissioni, di raccolta di dati statistici oltre che poteri decisionali in tema di revoche e cessazione degli status concessi”, ha ora competenza anche in materia di revoca e cessazione degli status, oltre che quelli stabiliti in passato.
La Commissione sarà “presieduta da un prefetto ed è composta da un dirigente in servizio presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, da un funzionario della carriera diplomatica, da un funzionario della carriera prefettizia in servizio presso il Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione e da un dirigente del Dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell’interno. Ciascuna amministrazione designa un supplente. L’incarico ha durata triennale ed è rinnovabile. La Commissione è validamente costituita con la presenza della maggioranza dei componenti e delibera con il voto favorevole di almeno tre componenti. Alle riunioni partecipa senza diritto di voto un rappresentante del delegato in Italia dell’ACNUR.”

Ricordiamo che il decreto 19 novembre 2007, n. 251 prevede la modifica della protezione umanitaria in status di protezione sussidiaria. Mentre nel passato la protezione umanitaria poteva decadere al momento del rinnovo senza chiarezza su come veniva presa la decisione, spesso basata su considerazioni di ordine generale sulla sicurezza del paese di provenienza, ora questo tipo di protezione è un vero e proprio status che può essere revocato solo con decisione sul singolo caso e con provvedimento motivato, per il quale sarà appunto competente la Commissione Nazionale, con le modalità indicate dall’art. 33 del presente decreto.

Esame della domanda
Lo straniero ha diritto a rimanere nel territorio dello Stato durante l’esame della domanda, che non può essere respinta anche qualora non sia presentata tempestivamente e dovranno essere esaminate tenendo conto della situazione individuale e della situazione nel paese di origine.

La decisione
Le decisioni, come avveniva in passato, sono comunicate per iscritto e in caso di risposta negativa conterranno i motivi della decisione e i mezzi di impugnazione ammissibili.
La Commissione competente valuterà se riconoscere o meno una forma di protezione dopo aver ascoltato il richiedente, o in base alla documentazione inviata qualora la reputi sufficiente.
Al colloquio potrà assistere un legale, se nominato dal richiedente. Solo nel caso di minori è prevista la presenza di un familiare.
Dell’audizione sarà resa al richiedente copia del verbale.

Garanzie per i minori non accompagnati
Secondo quanto stabilito dal decreto 251/2007 il minore non accompagnato che richieda protezione internazionale viene affidato ad un tutore, nelle more del procedimento il minore può essere affidato al Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati.
Per quanto riguarda l’esame della domanda qualora vi siano dubbi sulla minore età il minore può essere sottoposto ad accertamenti medici al fine di accertare l’età. Gli esami possono essere effettuati solo con il consenso del minore e il rifiuto da parte sua non costituisce motivo di non accoglimento della domanda.

Accoglienza e trattenimento
Tra gli articoli abrogati dal presente decreto vi sono anche quelli introdotti dalla Bissi-Fini e che prevedevano il trattenimento nei Centri di Identificazione e la procedura semplificata per i richiedenti in regime di trattenimento.
La procedura introdotta non fa più riferimento al trattenimento, se non per alcuni casi di espulsione, ma solo all’accoglienza in centri di cui abbiamo già avuto notizia dalla stampa: i CARA.
Il richiedente è ospitato nel centro qualora si verifichino le ipotesi che prima erano previste per il trattenimento facoltativo nei CdI, come previsto dall’art. 20:
“a) quando è necessario verificare o determinare la sua nazionalità o identità, ove lo stesso non sia in possesso dei documenti di viaggio o di identità, ovvero al suo arrivo nel territorio dello Stato abbia presentato documenti risultati falsi o contraffatti;
b) quando ha presentato la domanda dopo essere stato fermato per aver eluso o tentato di eludere il controllo di frontiera o subito dopo;
c) quando ha presentato la domanda dopo essere stato fermato in condizioni di soggiorno irregolare; d) quando ha presentato la domanda essendo già destinatario di un provvedimento di espulsione adottato ai sensi dall’articolo 13, comma 2, lettere a) e b), del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, ovvero di un provvedimento di respingimento ai sensi dell’articolo 10 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, anche se già trattenuto in uno dei centri di cui all’articolo 14 del medesimo decreto legislativo. […]”

La formulazione, oltre a ricalcare quella dell’art. 1–bis della legge 28 febbraio 1990 n.39, è singolare poiché il decreto Legislativo 30 maggio 2005, n. 140, in attuazione della direttiva 2003/9/CE, stabilisce il diritto all’accoglienza per i richiedenti asilo. Diritto garantito ad oggi ai pochi richiedenti non trattenuti nei Centri di identificazione, dal Sistema di Protezione per Richiedenti asilo e Rifugiati.
Lo SPRAR prevede una collaborazione tra Stato ed enti locali per l’accoglienza di richiedenti, rifugiati e beneficiari di protezione umanitaria, come stabilito da un articolo non abrogato della Legge 28 febbraio 1990 n.39.
Non abrogato ma nemmeno citato dal presente decreto.

Come conviveranno questi diversi sistemi di accoglienza non è al momento chiaro, come non sono chiare le ragioni che hanno spinto il legislatore a prevedere un nuovo sistema di accoglienza parallelo ad uno già consolidato e funzionante, sebbene con numeri inferiori alle necessità.

L’ospitalità nei CARA può essere disposta per non più di venti giorni nel caso di cui alla lettera a e di trentacinque negli altri casi.

Il decreto prevede “la facoltà di uscire dal centro nelle ore diurne. Il richiedente può chiedere al prefetto un permesso temporaneo di allontanamento dal centro per un periodo di tempo diverso o superiore a quello di uscita, per rilevanti motivi personali o per motivi attinenti all’esame della domanda, fatta salva la compatibilità con i tempi della procedura per l’esame della domanda. Il provvedimento di diniego sulla richiesta di autorizzazione all’allontanamento è motivato e comunicato all’interessato ai sensi dell’articolo 10, comma 4.” con una formulazione molto simile a quella in vigore per i CdI.
Un’importante differenza è costituita dal fatto che l’abbandono del centro non è più considerato una implicita rinuncia alla domanda di riconoscimento della protezione, ma “fa cessare le condizioni di accoglienza”: solo nei CARA o anche poi nei progetti SPRAR? Nel caso di abbandono dei nuovi centri la decisione circa la domanda di protezione può essere presa senza l’audizione del richiedente.

Il trattenimento nei CPT è disposto, secondo quanto previsto dall’art. 21, per:
“a) che si trova nelle condizioni previste dall’articolo 1, paragrafo F, della Convenzione di Ginevra;
b) che è stato condannato in Italia per uno dei delitti indicati dall’articolo 380, commi 1 e 2, del codice di procedura penale, ovvero per reati inerenti agli stupefacenti, alla libertà sessuale, al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina verso l’Italia e dell’emigrazione clandestina dall’Italia verso altri Stati, o per reati diretti al reclutamento di persone da destinare alla prostituzione o allo sfruttamento della prostituzione o di minori da impiegare in attività illecite;
c) che è destinatario di un provvedimento di espulsione, salvo i casi previsti dall’articolo 20, comma 2, lettera d).”

La procedura
Gli articoli 26-32 definiscono nel dettaglio la procedura di esame della domanda di protezione. La presentazione della domanda avviene presso gli uffici di frontiera o le questure ed è rilasciato verbale delle dichiarazioni. Sono avviate le procedure per la determinazione dello stato competente ed al richiedente è rilasciato un attestato nel caso sia inviato in un CARA o in un CPT, nel caso non sia disposta l’accoglienza nei CARA o il trattenimento è rilasciato un permesso di soggiorno della durata di tre mesi rinnovabile fino al perfezionamento della procedura.

Nel caso la domanda sia presentata da un minore l’art. 26 comma 5 e 6 dispongono che l’autorità che la riceve sospenda il procedimento, dia immediata comunicazione al tribunale dei minorenni e al giudice tutelare per l’apertura della tutela e per la nomina del tutore a norma degli articoli 343, e seguenti, del codice civile, ed informi il Comitato per i minori stranieri presso il Ministero della solidarietà sociale.
Il giudice tutelare nelle quarantotto ore successive alla comunicazione del questore provvede alla nomina del tutore. Il tutore prende immediato contatto con la questura per la conferma della domanda, ai fini dell’ulteriore corso del procedimento e l’adozione dei provvedimenti relativi all’accoglienza del minore.
Inoltre, “l’autorità che riceve la domanda ai sensi del comma 5 informa immediatamente il Servizio centrale del sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati [...] per l’inserimento del minore in una delle strutture operanti nell’ambito del Sistema di protezione stesso e ne dà comunicazione al tribunale dei minori ed al giudice tutelare. Nel caso in cui non sia possibile l’immediato inserimento del minore in una di tali strutture, l’assistenza e l’accoglienza del minore sono temporaneamente assicurate dalla pubblica autorità del comune dove si trova il minore. I minori non accompagnati in nessun caso possono essere trattenuti (sic!) presso le strutture di cui agli articoli 20 e 21.”

Un importante indicazione è fornita dall’art. 31 che precisa: “Il richiedente può inviare alla Commissione territoriale memorie e documentazione in ogni fase del procedimento.”

La domanda può essere valutata inammissibile dalla Commissione, non dalla Questura, nel caso in cui lo straniero sia già rifugiato oppure ripresenti una domanda identica in seguito a diniego della protezione internazionale.
La domanda non sarà esaminata nel caso in cui il richiedente risulti soggetto alla procedura prevista dal regolamento Dublino II, nel caso in cui sia quindi un altro lo stato competente a farsi carico della procedura.

La decisione
La Commissione può decidere di concedere lo status di rifugiato o la protezione sussidiaria oppure può rigettare la domanda qualora non sussistano i requisiti fissati dal decreto legislativo 19 novembre 2007, n.51.
Nei casi in cui non accolga la domanda di protezione internazionale e ritenga che possano sussistere gravi motivi di carattere umanitario, la Commissione territoriale trasmette gli atti al questore per l’eventuale rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari ai sensi dell’articolo 5, comma 6.

Paesi terzi sicuri
Il decreto non introduce un automatismo nell’inammissibilità della domanda qualora il richiedente provenga da un paese considerato sicuro: "Nel caso in cui il richiedente provenga da un Paese di origine sicuro ed abbia addotto gravi motivi per non ritenere sicuro quel Paese nelle circostanze specifiche in cui egli si trova, la Commissione non può pronunciarsi sulla domanda senza previo esame, svolto in conformità ai principi ed alle garanzie fondamentali di cui al capo secondo. Tra i gravi motivi possono essere comprese gravi discriminazioni e repressioni di comportamenti non costituenti reato per l’ordinamento italiano, riferiti al richiedente e che risultano oggettivamente perseguibili nel Paese di origine sicuro".

Diniego della domanda
Lo straniero che abbia visto rigettata la domanda ai termini della scadenza per presentare ricorso deve lasciare il territorio dello stato, qualora non abbia i requisiti per il rilascio di un titolo di soggiorno di altro tipo, come previsto dal testo unico.

In caso di diniego è possibile presentare ricorso al tribunale che ha sede nel capoluogo di distretto di corte d’appello in cui ha sede la Commissione territoriale che ha pronunciato il provvedimento.
Il ricorso è ammesso anche nel caso in cui l’interessato abbia richiesto il riconoscimento dello status di rifugiato e la Commissione territoriale lo abbia ammesso esclusivamente alla protezione sussidiaria.
Il ricorso deve essere presentato, a pena di inammissibilità, nei trenta giorni successivi alla comunicazione del provvedimento; allo stesso è allegata copia del provvedimento impugnato.
Nei soli casi di trattenimento in Centri di detenzione il ricorso deve essere presentato, a pena di inammissibilità, nei quindici giorni successivi alla comunicazione del provvedimento dinanzi al tribunale che ha sede nel capoluogo di distretto di corte d’appello in cui ha sede il centro.

L’elemento di novità rilevante rispetto alla procedura precedentemente in vigore consiste nel fatto che il ricorso sospende l’efficacia del provvedimento di espulsione in caso di rigetto della domanda. Questa previsione però non si applica a chi sia trattenuto nei CPT o accolto nei CARA secondo quanto previsto dall’art. 20 comma 2 lettera d, in sostanza per gli stranieri già destinatari di un provvedimento di espulsione.

Il richiedente di cui è disposta l’accoglienza nei centri CARA continua a rimanere in accoglienza con le modalità stabilite dal decreto legislativo 30 maggio 2005, n.140, che dispone: “il ricorrente autorizzato a soggiornare sul territorio nazionale ha accesso all’accoglienza solo per il periodo in cui non gli è consentito il lavoro, ai sensi dell’articolo 11, comma 1, ovvero nel caso in cui le condizioni fisiche non gli consentano il lavoro.”

Il ricorso non sospende l’efficacia del provvedimento di espulsione qualora la domanda sia inammissibile.

In caso di ricorso lo straniero è ammesso al gratuito patrocinio, ove ne sussistano le condizioni.