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Italiana nera umiliata e minacciata dalla Polizia all'aeroporto: "Questa negra è pazza"

 di Susanna Marietti

Amina Sheikh Said è una signora di origine somala di 51 anni, sposata da molto tempo con il signor Luigi Mancuso e cittadina italiana per naturalizzazione. Amina e Luigi hanno quattro figli. Lo scorso 21 luglio Amina tornava da Londra, dove era andata in visita ai figli che vi abitano. Portava con sé quattro dei suoi nipotini, tre di un figlio e uno di un altro, di età compresa tra i sette e gli 11 anni.

Arrivati all’aeroporto di Ciampino, la Polizia di Frontiera esamina i documenti dei bimbi e decide che qualcosa non va. Qualcuno si rivolge ai piccoli in un inglese stentato, dice “kidnap” (rapimento) con un buffo accento, loro ridono. Decisamente qualcosa non va. I minori hanno perfino cognomi diversi tra loro. Luigi Mancuso, giunto all’aeroporto a prendere la famiglia, viene fatto entrare nell’area doganale. Lo si accusa con spregio di essere correo nel reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. I coniugi vengono interrogati sulla composizione del nucleo famigliare e sugli spostamenti effettuati. Si ispezionano i bagagli. Nel frattempo anche i bambini sono trattenuti, a nessuno è permesso chiamare i genitori o il Consolato britannico a Roma, che tutto avrebbero potuto spiegare.

Poi qualcuno dice che occorre eseguire un’ispezione della persona. Amina è condotta in una stanza e fatta spogliare. Le resta addosso il solo reggiseno. Due donne le chiedono di assumere varie posizioni atte a osservare meglio le cavità del corpo. Amina acconsente. Ma quando mettono le mani in guanti di lattice e affermano di dover procedere all’esplorazione anale e vaginale, Amina rifiuta. Chiede almeno che sia un medico a farlo. Le donne la ingiuriano e la minacciano: “ti spedisco in carcere”, “come sei nera fuori lo sei dentro”, “daremo i bambini all’assistente sociale”.

Pare che il reato ipotizzato sia ora magicamente mutato: non più ladra di bambini ma corriere della droga. Glielo dicono in faccia sprezzantemente. Arriva una terza donna che afferma di essere un medico. Non dà alcuna prova della sua qualifica. Amina continua a rifiutare la perquisizione. La donna esce dalla stanza gridando: “questa negra è pazza, ma se non fa quello che dico io la spedisco al centro di igiene mentale”.

Per oltre quattro ore rimane svestita di fronte a un numero imprecisato di persone che entrano ed escono dalla stanza nel tentativo di farla sottoporre all’ispezione richiesta. Dopodichè arriva una barella, Amina viene ammanettata e distesa, sul corpo nudo qualcuno posa un telo di cellophane da imballo. Viene portata in ambulanza al Policlinico Casilino. Qui, finalmente, la perquisiscono dappertutto. E niente. Da nessuna parte si trova niente. Nessuno le rilascia alcun verbale, delle perquisizioni effettuate non rimane traccia. Solo, le si comunica l’avvio di un procedimento penale nei suoi confronti per la resistenza opposta a pubblico ufficiale.

Per fortuna, Amina ricorda i volti di tutte le persone coinvolte. Per fortuna, con l’aiuto delle associazioni Antigone e Progetto Diritti che hanno raccolto la notizia, Amina mercoledì scorso ha sporto denuncia affidandosi all’avvocato Luca Santini. Vogliamo tolleranza zero.