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NORMATIVA

NORMATIVA

     

  1. 1) I principi generali contenuti nell’ordinamento penitenziario e nel DPR230/2000; la disciplina delle espulsioni
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  • 1) I principi generali contenuti nell’ordinamento penitenziario e nel DPR230/2000; la disciplina delle espulsioni
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    Nell’art.1 dell’Ordinamento Penitenziario sono enunciati i principi generali

    concernenti il trattamento penitenziario. Al comma 1 si legge: "il trattamento penitenziario deve essere conforme ad umanità e deve assicurare il rispetto della dignità della persona", prosegue poi il comma 2, "il trattamento è improntato ad un’assoluta imparzialità, senza discriminazioni in ordine a nazionalità, razza, e condizioni economiche e sociali, ad opinioni politiche ed a credenze religiose".

    "il trattamento penitenziario deve essere conforme ad umanità e deve assicurare il rispetto della dignità della persona", prosegue poi il comma 2, "il trattamento è improntato ad un’assoluta imparzialità, senza discriminazioni in ordine a nazionalità, razza, e condizioni economiche e sociali, ad opinioni politiche ed a credenze religiose". L’art. 35 del D.P.R. n. 230/2000 (Regolamento recante norme sull’ordinamento penitenziario e sulle misure privative e limitative della libertà personale), rubricato "Detenuti ed internati stranieri", recita in tal modo: "nell’esecuzione delle misure privative della libertà nei confronti di cittadini stranieri, si deve tenere conto delle loro difficoltà linguistiche e delle differenze culturali. Devono essere favorite possibilità di

    contatto con le autorità consolari del loro Paese. Deve essere, inoltre, favorito l’intervento di operatori di mediazione culturale, anche attraverso convenzioni con gli enti locali o con organizzazioni di volontariato".

    Aldilà della normativa relativa agli stranieri contenuta nell’ordinamento penitenziario e nel DPR230/00 sopra menzionata, per gli stranieri in carcere ha una diretta rilevanza la normativa relativa alla espulsione dal territorio italiano. L’espulsione dello straniero c.d. extracomunitario può essere disposta:

       

    1. 1) dall’autorità giudiziaria a titolo di misura di sicurezza ai sensi dell’art.235 c.p., quando lo straniero sia condannato alla reclusione per un tempo non inferiore ai 10 anni; ancora, ai sensi dell’art.312 c.p., quando lo straniero sia condannato ad una pena detentiva per uno dei delitti contemplati dal Titolo I del c.p.; infine, l’art.15 del T.U. Immigrazione stabilisce che il giudice può ordinare l’espulsione dello straniero che sia condannato per taluno dei delitti previsti dagli articoli 380 e 381 del c.p.p., sempre che risulti socialmente pericoloso
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    3. 2) dall’autorità giudiziaria a titolo di sanzione sostitutiva (art.16 T.U. Immigrazione). Presupposti: a) condanna o applicazione della pena ex art. 444 c.p.p. in relazione ad un reato non colposo; b) l’irrogazione di una pena detentiva entro il limite di due anni; c) la sussistenza di una delle situazioni legittimanti l’espulsione amministrativa ex art.13, comma 2 T.U. Immigrazione (vedi oltre); d) l’insussistenza delle condizioni per la sospensione condizionale della pena.
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    5. 3) dal Magistrato di Sorveglianza a titolo di sanzione alternativa alla detenzione (art.16 T.U. Immigrazione) quando lo straniero si trova in talune delle situazioni legittimanti l’espulsione amministrativa ex art.13, comma 2 T.U. Immigrazione (vedi oltre) e che deve scontare una pena detentiva, anche residua, non superiore ai due anni
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    1. 4) dal Prefetto a titolo di sanzione amministrativa ai sensi dell’ art.13, comma 2 T.U. Immigrazione: "L'espulsione è disposta dal prefetto quando lo straniero: a) è entrato nel territorio dello Stato sottraendosi ai controlli di frontiera e non è stato respinto ai sensi dell'articolo 10; b) si è trattenuto nel territorio dello Stato senza aver richiesto il permesso di soggiorno nel termine prescritto, salvo che il ritardo sia dipeso da forza maggiore, ovvero quando il permesso di soggiorno è stato revocato o annullato, ovvero è scaduto da più di sessanta giorni e non ne è stato chiesto il rinnovo; c) appartiene a taluna delle categorie indicate nell'articolo 1 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, come sostituito dall'articolo 2 della legge 3 agosto 1988, n. 327, o nell'articolo 1 della legge 31 maggio 1965, n. 575, come sostituito dall'articolo 13 della legge 13 settembre 1982, n. 646."

       

    2. dal Prefetto a titolo di sanzione amministrativa ai sensi dell’ art.13, comma 2 T.U. Immigrazione: "L'espulsione è disposta dal prefetto quando lo straniero: a) è entrato nel territorio dello Stato sottraendosi ai controlli di frontiera e non è stato respinto ai sensi dell'articolo 10; b) si è trattenuto nel territorio dello Stato senza aver richiesto il permesso di soggiorno nel termine prescritto, salvo che il ritardo sia dipeso da forza maggiore, ovvero quando il permesso di soggiorno è stato revocato o annullato, ovvero è scaduto da più di sessanta giorni e non ne è stato chiesto il rinnovo; c) appartiene a taluna delle categorie indicate nell'articolo 1 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, come sostituito dall'articolo 2 della legge 3 agosto 1988, n. 327, o nell'articolo 1 della legge 31 maggio 1965, n. 575, come sostituito dall'articolo 13 della legge 13 settembre 1982, n. 646."

       

       

    3. 5) Dal Ministro dell’Interno a titolo di sanzione amministrativa per motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato (art.13, comma 1 T.U. Immigrazione)
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  • 4) dal Prefetto a titolo di sanzione amministrativa ai sensi dell’ art.13, comma 2 T.U. Immigrazione: "L'espulsione è disposta dal prefetto quando lo straniero: a) è entrato nel territorio dello Stato sottraendosi ai controlli di frontiera e non è stato respinto ai sensi dell'articolo 10; b) si è trattenuto nel territorio dello Stato senza aver richiesto il permesso di soggiorno nel termine prescritto, salvo che il ritardo sia dipeso da forza maggiore, ovvero quando il permesso di soggiorno è stato revocato o annullato, ovvero è scaduto da più di sessanta giorni e non ne è stato chiesto il rinnovo; c) appartiene a taluna delle categorie indicate nell'articolo 1 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, come sostituito dall'articolo 2 della legge 3 agosto 1988, n. 327, o nell'articolo 1 della legge 31 maggio 1965, n. 575, come sostituito dall'articolo 13 della legge 13 settembre 1982, n. 646."

     

  • dal Prefetto a titolo di sanzione amministrativa ai sensi dell’ art.13, comma 2 T.U. Immigrazione: "L'espulsione è disposta dal prefetto quando lo straniero: a) è entrato nel territorio dello Stato sottraendosi ai controlli di frontiera e non è stato respinto ai sensi dell'articolo 10; b) si è trattenuto nel territorio dello Stato senza aver richiesto il permesso di soggiorno nel termine prescritto, salvo che il ritardo sia dipeso da forza maggiore, ovvero quando il permesso di soggiorno è stato revocato o annullato, ovvero è scaduto da più di sessanta giorni e non ne è stato chiesto il rinnovo; c) appartiene a taluna delle categorie indicate nell'articolo 1 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, come sostituito dall'articolo 2 della legge 3 agosto 1988, n. 327, o nell'articolo 1 della legge 31 maggio 1965, n. 575, come sostituito dall'articolo 13 della legge 13 settembre 1982, n. 646."

     

     

  • 5) Dal Ministro dell’Interno a titolo di sanzione amministrativa per motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato (art.13, comma 1 T.U. Immigrazione)
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    Misure alternative e lavoro ex art.21 O.P. – estratto da www.tsd.unifi.it/altrodir/

    La condizione dei cittadini stranieri in esecuzione pena è emersa autonomamente in riferimento ai condannati ammessi alle misure alternative alla detenzione. Due sono state le domande principali alle quali rispondere: come disciplinare la presenza sul territorio nazionale di stranieri detenuti, privi di permesso di soggiorno o con un titolo scaduto e non rinnovato, al momento in cui gli stessi sono ammessi all'affidamento in prova, al lavoro esterno o ad altra misura alternativa prevista dalla legge; se optare o meno per la convertibilità del permesso di soggiorno per motivi di giustizia (che riguarda sia chi è in attesa di un giudizio sia che deve scontare la condanna definitiva comminata) in permesso di soggiorno per lavoro subordinato, nell'ipotesi di ammissione a una misura alternativa che implichi lo svolgimento di attività lavorativa.

    Su entrambi i punti si è pronunciata la circolare del 2 dicembre 2000, Ministero degli Interni, che ha ratificato come legittima la permanenza in territorio italiano dei detenuti ammessi alle misure alternative, stante l'espressa definizione della relativa ordinanza del Magistrato di Sorveglianza come un'autorizzazione in questo senso, e ha escluso la convertibilità fra i diversi titoli di soggiorno, che comporterebbe un necessario raffronto con le quote dei flussi d'ingresso programmati annualmente. La circolare ritiene, invece, legittimata l'attività lavorativa degli ammessi alle misure alternative sulla base della sola ordinanza del Magistrato di Sorveglianza.

    […]La circolare n° 27 del 15 marzo 1993, Ministero del Lavoro - Direzione generale per l’impiego […] indica in modo puntuale i vari passaggi della procedura di avviamento al lavoro dei detenuti extracomunitari sprovvisti di

     

    permesso di soggiorno, realizzabile grazie a un apposito atto rilasciato dagli uffici provinciali del lavoro e valido solo fino al termine della misura alternativa.

    Nello stesso senso vanno la circolare del 12 aprile 1999, Dipartimento Amministrazione Penitenziaria, e la lettera circolare 0444878 del 14 gennaio 2002, sempre proveniente dal D.A.P. Con la prima si precisa che, ai fini del rilascio del codice fiscale ai detenuti e agli internati extracomunitari, non occorre il possesso del permesso di soggiorno e che la mancanza di un valido documento può essere superata con la presentazione della richiesta di codice fiscale da parte del direttore dell’istituto penitenziario o di un suo delegato. Con la seconda circolare viene eliminato ogni dubbio residuo circa la sussistenza del diritto agli assegni familiari per i detenuti extracomunitari lavoranti. Qualora vi siano incertezze sui dati riguardanti gli eventuali familiari a carico dei lavoratori detenuti, spetta alla competente amministrazione contattare i rispettivi consolati per effettuare le necessarie verifiche.