di Giulia Pandolfi
In occasione della Conferenza delle Regioni su droghe e dipendenze, in programma a Torino l’1 e 2 dicembre, nel capoluogo piemontese si è tenuto stamane un incontro su “Le cause, i numeri, i paradossi di una crisi annunciata. Le ragionevoli proposte per uscirne”, nel corso del quale sono stati presentati il Libro Bianco sull’applicazione della legge Fini Giovanardi, a cura di Antigone e Forum Droghe, la ricerca condotta in Toscana su “L’impatto penale e sanzionatorio della legge antidroga”, a cura di Forum Droghe e Fondazione Michelucci, e l’Appello “Le carceri scoppiano: potenziamo le misure alternative, liberiamo i tossicodipendenti”.
L’appello è stato promosso da Forum Droghe, Antigone, Gruppo Abele, Arci, La Società ella Ragione, Ristretti Orizzonti, Comunità San Benedetto al Porto, Coordinamento nazionale dei Garanti Territoriali dei Diritti elle Persone private della libertà personale, Conferenza nazionale volontariato giustizia, Cnca, Seac-Coordinamento enti associazioni volontariato penitenziario, Fondazione Basaglia, Cooperativa Cat.
Nel presentare il Libro Bianco sull’applicazione della legge Fini Giovanardi, il curatore Alessio Scandurra, ricercatore presso la Fondazione Giovanni Michelucci, ha spiegato che “allarmati dalle condizioni di grave sovraffollamento in cui attualmente versa il sistema penitenziario nazionale (65.735 detenuti al 23 novembre 2009), e convinti che in buona parte queste condizioni siano conseguenza della politica italiana sul tema delle dipendenze abbiamo cercato, a partire dal marzo 2009, con la prima edizione del Libro Bianco, di misurare le conseguenze, in particolar modo sul sistema penale e penitenziario, della legge Fini-Giovanardi, che convertiva un decreto-legge del Dicembre 2005”.
Si tratta di una finalità non semplice, sia per l’entrata in vigore relativamente recente della norma, sia perché dall’entrata in vigore ad oggi è intervenuto il provvedimento di indulto (legge 241/2006), che ha ridotto notevolmente il numero dei detenuti e reso meno leggibili le conseguenze di questa legge, sia infine per la difficoltà di accesso ai dati sull’argomento. Nonostante questo, i dati presentati forniscono una allarmante panoramica degli effetti della legge sul nostro sistema penale e penitenziario.
Cominciamo dalle sanzioni amministrative previste dall’art. 75 D.P.R. n. 309/1990. Le modifiche introdotte alla fine del 2005 hanno previsto un aumento delle sanzioni amministrative, ed hanno modificato il meccanismo che avrebbe dovuto incentivare l’invio a seguire programmi terapeutici. I risultati sono macroscopici. Dall’entrata in vigore della legge le sanzioni amministrative sono cresciute del 18,5%, mentre le richieste di programma terapeutico sono calate di oltre il 90%. La scelta per l’opzione sanzionatoria appare evidente e massiccia.
Ma di questo sono prova soprattutto le segnalazioni all’Autorità Giudiziaria. Dall’entrata in vigore della legge cresce il numero delle persone annualmente segnalate (+ 11%), soprattutto per quanto riguarda le segnalazioni per il reato di spaccio (+13%), mentre sono in calo le segnalazioni per il più grave reato di associazione a fini di spaccio (-15,5%). Crescono inoltre particolarmente le segnalazioni in stato di arresto (+18,4%) e soprattutto le segnalazioni degli stranieri (+26,3%). Questi dati, assieme alla crescita ancora maggiore dei sequestri di hashish (+47%), indicano come le nuove norme, anche per l’equiparazione tra droghe leggere e droghe pesanti, abbiano orientato i processi di criminalizzazione verso i soggetti dal profilo criminale più basso.
Ma sono certamente i dati relativi agli ingressi nelle nostre carceri quelli che colpiscono maggiormente. Delle 92.800 entrate in carcere nel 2008, 30.528 erano tossicodipendenti, un numero mai così elevato, sia in termini assoluti che in percentuale rispetto al totale degli ingressi, mentre 28.795 persone sono entrati in carcere per reati previsti dal Testo Unico sugli stupefacenti, ed anche questo è un numero mai raggiunto prima. È evidente come questi due gruppi, in parte sovrapposti, forniscono il contributo più significativo all’affollamento del nostro sistema penitenziario. Gli ingressi in carcere per i reati che conseguono alle politiche proibizioniste, ovvero i reati di spaccio e gli altri reati commessi dai tossicodipendenti per sostenere la propria dipendenza, rappresentano da soli circa la metà degli ingressi in carcere per il 2008.
L’altro dato che colpisce maggiormente, tra quelli riportati nel Libro Bianco, è quello relativo all’andamento delle misure alternative. Come era prevedibile, dopo l’indulto, il numero delle misure alternative in corso in Italia è crollato e, a differenza del numero dei detenuti, non sembra proprio voler tornare a crescere. A fronte degli oltre 14.700 tossicodipendenti detenuti nelle nostre in carceri alla fine del 2008, nello stesso periodo quelli in affidamento terapeutico erano poco più di 1.200, meno di un terzo rispetto all’inizio del 2006. Le ragioni di questa paralisi del sistema delle misure alternative, nel momento in cui ne avremmo più bisogno per decongestionare le carceri, vanno cercate nella crescente diffidenza del legislatore e dell’opinione pubblica nei confronti delle misure alternative stesse. Leggi come la cd. ex Cirielli (o “salva Previti”), o il recente pacchetto sicurezza, e la stessa legge Fini-Giovanardi, che pur dichiarava di avere tra le proprie finalità quella di portare in carcere gli spacciatori ed in comunità i tossicodipendenti, in realtà rendono sempre più difficile l’accesso alle misure alternative, ed è così che dal 2006 ad oggi il numero dei tossicodipendenti in carcere è in costante crescita, mentre quello dei tossicodipendenti in comunità, che siano o meno autori di reato, è costantemente in calo.
Al sistema penitenziario viene dunque affidata la maggiore responsabilità nel contrasto al fenomeno delle tossicodipendenze, e tutto questo quando è in realtà noto a tutti come il carcere, soprattutto per un tossicodipendente, non serva assolutamente a niente, ed infatti i tossicodipendenti che escono dal carcere presentano tassi di recidiva elevatissimi. I tassi di recidiva per chi sconta la propria pena in misura alternativa sono molto più bassi, ed i costi di gestione del sistema delle misure alternative sono molto inferiori a quelli del sistema penitenziario. Ciò nonostante quella a cui assistiamo è una vera e propria crociata contro le misure alternative al carcere e, come tutte le crociate, ai dati ed alla ragione contrappone la fede.