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Discussione in Aula delle mozioni sul sistema carcerario italiano

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CAMERA DEI DEPUTATI - XVI LEGISLATURA

Mozione dell’On. Vietti sulla Situazione Carceri Italiane

Atto Camera - Mozione 1-00288

Presentata da Michele Giuseppe Vietti mercoledì 23 settembre 2009, seduta n. 219

 

·       La Camera,

premesso che: secondo quanto emerge dal sesto rapporto sulle carceri, presentato il 30 giugno 2009 dall'associazione Antigone che opera per la difesa dei diritti negli istituti di pena in Italia, i detenuti hanno raggiunto una quota superiore a 63.000, ben 20 mila in più rispetto alla capienza regolamentare e oltre anche la cosiddetta capienza tollerabile, l'indice che individua il limite massimo per la stessa amministrazione penitenziaria;

·       il 52,2 per cento delle persone oggi detenute nel nostro Paese - sottolinea il rapporto - è sottoposto a custodia cautelare: si tratta di una delle percentuali più alte d'Europa che fotografa «un'anomalia tutta italiana»;

·       una situazione questa che definire «allarmante» è quasi riduttivo: sono 11 infatti le regioni italiane «fuori legge» per sovraffollamento;

·       nel febbraio 2009, il Ministro Alfano aveva trionfalmente annunciato il varo di un piano carceri e la nomina di un commissario con poteri speciali che avrebbe dovuto risolvere l'emergenza del sovraffollamento;

·       ad oggi, nessun effetto del piano carceri si è prodotto o armeno è stato portato a conoscenza del Parlamento;

·       se il trend dovesse continuare, a fine anno la popolazione carceraria raggiungerebbe quota 70 mila detenuti, fino ad arrivare nel giugno 2012 a 100 mila unità, a fronte di un calo di 5.500 agenti già da otto anni, stando alla denuncia delle organizzazioni sindacali della polizia carceraria;

·       nello specifico, l'organico degli agenti di custodia, fissato l'ultima volta proprio nel 2001, prevedeva un numero di 42.268, a fronte di 55.000 detenuti. Oggi i carcerati, come sopra anticipato, sono diventati più di 63.000 e gli agenti in servizio sono 40.000, ma diventano 38.000 se si considerano i duemila in malattia o in aspettativa per motivi di salute o in via di pensionamento;

·       con questi numeri, ovviamente pesano le unità, le centinaia, le migliaia di agenti sottratti ai loro compiti principali per essere dirottati su mansioni amministrative o di servizio agli uffici;

·       in una circolare del 6 luglio 2009, avente per oggetto la «tutela della salute e della vita delle persone detenute», il Dipartimento per l'amministrazione penitenziaria (Dap) ha fortemente raccomandato ai provveditori regionali di offrire ai reclusi più colloqui e maggiori occasioni di intrattenimento, di aumentare le ore d'aria, di tenere aperte le porte delle celle e di non far mancare l'acqua;

·       di carcere si può anche morire: un terzo dei decessi che si verificano dietro le sbarre sono dovuti a suicidio, come rivelano i dati raccolti dal centro di ricerca «Ristretti orizzonti» del carcere di Padova;

·       come se non bastasse, da circa un anno i detenuti sono in sostanza privi di assistenza psicologica: le 384 persone che lavorano su tutte le 205 carceri italiane sono in grado di offrire soltanto tre ore di trattamento annuo, compreso il tempo per la lettura dei fascicoli e le riunioni;

·       infine, e questo costituisce il dato più inquietante, nei sedici asili nido funzionanti negli istituti penitenziari stanno crescendo 70 bambini sotto i tre anni di età, figli di detenute, mentre circa una trentina di donne sta trascorrendo i tmesi di gravidanza in cella: una situazione che, come ha dimostrato uno studio condotto nel 2008 nel nido del carcere di Rebibbia, può avere gravi conseguenze sul nascituro;

·       ciò esprime la contraddizione di una politica forte con i deboli e debole con i forti che introduce nuovi reati e immette nel circuito giudiziario e carcerario un gran numero di nuovi detenuti, specie immigrati;

·       quanto denunciato costituisce, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, una palese violazione dei principi della Carta costituzionale, in particolare dell'articolo 32, che tutela la salute come «fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività», e dell'articolo 27, secondo il quale «le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato»;

·       in una sentenza del 16 luglio 2009, la Corte europea dei diritti dell'uomo ha condannato per la prima volta l'Italia per violazione dell'articolo 3 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (divieto di tortura e delle pene inumane e degradanti), proprio in ragione delle condizioni di sovraffollamento sopra descritte;

·       infatti, secondo gli standard di riferimento utilizzati dalla Corte di Strasburgo, ogni detenuto ha diritto a 7 metri quadrati di spazio in cella singola e 4,5 metri quadrati in quella multipla: questa è la ragione per cui il nostro Paese è stato condannato al risarcimento di mille euro per aver inflitto un danno morale al cittadino bosniaco Sulejmanovic, un rom condannato per furto nel 2002,

impegna il Governo:

a) ad adottare una politica carceraria tendente a contenere il sovraffollamento, attraverso la riduzione dei tempi di custodia cautelare, la rivalutazione delle misure alternative al carcere, la riduzione delle pene per chi commette fatti di lieve entità, nonché l'attuazione immediata del piano carceri, presentato il 27 febbraio 2009 dal capo del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, con l'indicazione delle reali coperture finanziarie;

b) a garantire le risorse necessarie per una dotazione di polizia giudiziaria adeguata a gestire una situazione a dir poco «esplosiva»;

c) ad assumere un congruo numero di psicologi, indispensabili per la vita dei reclusi;

d) ad adottare le iniziative necessarie per istituire un organo di monitoraggio indipendente che controlli i luoghi di detenzione, in linea con quanto stabilito dal protocollo addizionale alla Convenzione Onu contro la tortura, firmato anche se non ancora ratificato dall'Italia, che ne prevede l'istituzione in tutti gli Stati aderenti entro il termine di un anno dalla ratifica;

e) a stipulare eventuali accordi internazionali per far scontare ai detenuti stranieri le pene nei rispettivi Paesi d'appartenenza.

(1-00240)
«Vietti, Rao, Mantini, Volontè, Compagnon, Naro, Ciccanti».

 

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CAMERA DEI DEPUTATI - XVI LEGISLATURA

Mozione del Pd sulla Situazione Carceri Italiane

Atto Camera

Depositata venerdì 08 gennaio 2009

 

La Camera,

·       premesso che: i detenuti ospitati nelle strutture carcerarie italiane sono circa 66.000, una cifra che è destinata ad aumentare nei prossimi mesi;

·       si tratta di un “primato” mai raggiunto nella storia repubblicana che pone problemi molto rilevanti. I 206 istituti di pena possono, infatti, “tollerare” 64.237 detenuti nonostante, da Regolamento, non potrebbero ospitarne più di 43.087, come del resto confermano le dichiarazioni del direttore del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria (Dap), Franco Ionta, che, in una recente audizione in commissione Giustizia, ha parlato di “situazione in grado di compromettere la sicurezza del Paese”,

·       siamo, dunque, ampiamente oltre la soglia massima di tolleranza, in una situazione di emergenza che investe l’intero territorio nazionale come ha evidenziato il Presidente della Repubblica nel suo discorso di fine anno, ricordando “i detenuti in carceri terribilmente sovraffollate, nelle quali non si vive decentemente, si è esposti ad abusi e rischi e di certo non si rieduca”,

·       di fronte a una tanto grave situazione, anche nella recente audizione davanti alla Commissione giustizia, il dott. Ionta non ha saputo rispondere esaurientemente su tempi effettivi e fonti di finanziamento, limitandosi a ripetere (come del resto aveva già detto il ministro sin dal mese di agosto) che il Piano Carceri “costerà” circa 1 miliardo e 600 milioni di euro, dei quali sarebbero disponibili solo 250 milioni, ai quali la legge finanziaria 2010 ha aggiunto un finanziamento di soli 500 milioni di euro, per un importo complessivo che, quindi, non raggiunge la metà delle ipotizzate necessità di investimento. Peraltro, i tagli alle risorse destinate alla giustizia conseguenti alla cosiddetta finanziaria triennale dell’estate 2008 (D.L. 112/2008, convertito nella legge 133/2008), stanno causando, invece, esiziali difficoltà di gestione ed efficienza amministrativa in tutti gli istituti penitenziari, difficoltà che, in taluni casi, raggiungono punte di vera e propria «emergenza umanitaria», in palese contraddizione con i diritti costituzionalmente garantiti,

·       diverse associazioni hanno lanciato l’allarme sulle condizioni delle carceri: dall’Unione delle camere penali, all’Associazione dei dirigenti dell’amministrazione carceraria, dal SAPPE (sindacato della polizia penitenziaria), da CGIL, CISL e UIL al Garante dei detenuti della Regione Lazio, tutti concordi nell’affermare che le condizioni attuali di vita carceraria sono spesso lontane dai normali livelli di civiltà e di rispetto della dignità del detenuto;

·       il drammatico sovraffollamento degli istituti di pena è all’ordine del giorno in tutto il Paese, con punte molto preoccupanti in alcune realtà regionali (Campania, Emilia Romagna, Lombardia, Puglia, Sicilia, Toscana e Veneto);

·       è evidente che il sovraffollamento sarà destinato ad aumentare sempre più se le carceri continueranno ad essere considerate il luogo in cui riversare tutti gli esclusi sociali e i soggetti deboli della società, in un regime che per nulla garantisce il rispetto del dettato costituzionale;

·       ulteriori dati preoccupanti derivano dall’analisi dello status della popolazione detenuta. Il 50% del totale dei detenuti sono imputati in attesa di giudizio, costretti per periodi di tempo troppo lunghi a convivere fianco a fianco con i già condannati. Assolutamente insufficiente appare il ricorso alle misure alternative alla detenzione. Va ancora rilevato, più in generale, che accanto ad un sovraffollamento che è definibile come quantitativo, esiste anche un affollamento di carattere qualitativo. Esso si può ricondurre alle diverse tipologie di popolazione detenuta, ciascuna di essa portatrice di diverse istanze ed esigenze. La forzata convivenza in pochi metri quadri, per mancanza di idonee strutture, di detenuti giovani e adulti, imputati e condannati, di diverse razze e religioni, soggetti sani e con problemi psichiatrici e/o di tossicodipendenza (quando non addirittura di sieropositività; i dati più recenti dimostrano, infatti, che solo un terzo dei nuovi giunti in carcere si sottopone a screening volontario per l’accertamento del virus HIV), crea notevoli problemi di promiscuità e di tensione anche in situazioni dove l’affollamento non è particolarmente rilevante;

·       relativamente al programma per le carceri, riguardante sia nuovi interventi edilizi che la ristrutturazione di quelli esistenti, si deve prendere atto dei ritardi di tale programma e del progressivo degrado di molti degli istituti penitenziari. Oltre alla assoluta inosservanza degli standard europei sulla dimensione e gli spazi delle celle, sono da rilevare carenze gravi nell’igiene, nell’illuminazione, nel decoro e nel clima delle celle (riscaldamento e refrigerazione); nella presenza difettosa dei presidi sanitari (infermerie, centri clinici, numero di medici), il che aggrava a sua volte le patologie più frequenti. Nonché carenze negli spazi destinati alla socialità e all’attività di studio e di lavoro dei detenuti, cui si deve aggiungere l’effetto deleterio dei recenti ulteriori tagli anche sulle mercedi e il lavoro dei custoditi. E la patente violazione, in particolare, del principio della territorializzazione della pena, così come garantito dalla inapplicata legge n. 354 del 1975 e successive modifiche, laddove all’articolo 4, stabilisce che «nel disporre i trasferimenti deve essere favorito il criterio di destinare i soggetti in istituto prossimi alla residenza delle famiglie»;

·       preoccupano poi le frequenti segnalazioni di maltrattamenti e violenze, i casi di morte in carcere (da ultimi i casi di Stefano Cucchi e Uzoma Umeka) e quelli di suicidio. D’altronde, il citato aumento esponenziale delle aggressioni ad agenti di polizia penitenziaria, la paventata rivolta carceraria dell’estate 2009, le reiterate proteste delle associazioni sindacali del personale carcerario, sono tutti segnali di un malessere ormai ad un punto di non ritorno;

·       d’altra parte l’aumento della popolazione carceraria risulta essere inversamente proporzionale alla presenza del personale di polizia penitenziaria. Nel 2001 erano presenti 41.608 agenti penitenziari a fronte di 53.165 detenuti, nel 2009 gli agenti sono 39.000 e i detenuti 64.859. La pianta organica della polizia penitenziaria è fissata per legge in 45.121 unità. Ci troviamo, pertanto, con circa 6.000 unità in meno, per di più rispetto ad un organico ormai certamente di per sé inadeguato. A ciò si devono sommare le carenze di personale amministrativo e l’assoluta inadeguatezza delle presenze degli assistenti sociali, degli psicologi e degli educatori. Senza parlare degli effetti negativi di una transizione senza fine dalla sanità penitenziaria alle Asl, il che si riverbera in una drastica riduzione dei servizi di cura e recupero per i detenuti;

 

 impegna il Governo:

 

 a) ad affrontare concretamente, mediante una mirata e lungimirante programmazione, la grave emergenza del sovraffollamento degli istituti di pena, ponendo particolare attenzione alle condizioni di vita dei detenuti, allo stato dell’edilizia penitenziaria, agli spazi detentivi e a quelli comuni, in relazione anche al profilo specifico dei detenuti medesimi (tossicodipendenti e malattie psichiatriche), e la cui pericolosità sociale è ridotta ab origine; dovendosi ritenere superata l’attuale unicità del modello strutturale e organizzativo del carcere;

b) a disporre in tempi brevi un monitoraggio delle strutture penitenziarie esistenti al fine di individuare quelle che in una prima fase sperimentale possano prestarsi all’attivazione e espansione delle esperienze di trattamento avanzato quali quelle realizzate nell’istituto penitenziario di Milano Bollate, anche con il supporto di sistemi di controllo a distanza (cosiddetto braccialetto elettronico), opportunamente tarati per i soggetti, condannati o in misura cautelare, anche nuovi giunti, ai quali non siano attribuiti fatti-reato caratterizzati da abituale violenza;

c) ad ampliare la tipologia delle misure alternative in favore di quelle specificamente supportate da progetti professionalmente strutturati volti al reinserimento sociale quali l’istituto della messa alla prova, positivamente sperimentato nel campo del trattamento dei minori, ovvero di patti per il reinserimento e la sicurezza sociale fondati su attività di giustizia riparativa a favore delle vittime dei reati, programmi di istruzione, di attività sociali e culturali, di formazione professionale e di inserimento lavorativo;

d) a sostenere il sistema delle misure alternative alla pena detentiva mediante un sistema di cofinanziamento dei progetti finalizzati al reinserimento sociale dei detenuti e degli internati, garantito da una parte dai fondi della Cassa delle ammende e dall’altro dalla reti integrate degli interventi e dei servizi sociali territoriali previste dalla legge 328 del 2000, anche mediante l’istituzione di centri di accoglienza per le pene alternative per i condannati che non dispongano di supporto sociofamiliare;

e) ad evitare il susseguirsi di interventi normativi settoriali in campo penale, volti al mero inasprimento delle pene, all’irrigidimento degli strumenti processuali che non realizzano un’efficace e coordinata azione di contrasto alla criminalità, ma acuiscono le problematiche connesse al sovraffollamento carcerario;

f) a sostenere, in Parlamento, una riforma di sistema che preveda la riduzione dell’area dell’illecito penale laddove riferito a comportamenti di scarso disvalore sociale con un ampliamento ed una differenziazione delle tipologie sanzionatorie, con l’affiancamento alla pena detentiva di altre pene interdittive, ma non privative delle libertà personali, irrogabili dal giudice penale di cognizione allo scopo di ridurre il ricorso alla pena detentiva, laddove non necessaria e nel contempo rendere più efficace il sistema sanzionatorio nel suo insieme, soprattutto con riferimento ai reati non gravi;

g) ad intensificare l’azione diplomatica per concludere accordi finalizzati a far scontare ai detenuti stranieri, per quanto possibile, la detenzione nei Paesi d’origine, nella garanzia del rispetto dei diritti fondamentali della persona;

h) a vigilare sull’applicazione della normativa in materia di edilizia carceraria al fine di superare l’attuale modello di istituto penitenziario per affrontare le nuove esigenze e i nuovi bisogni dei detenuti, anche nell’ambito degli interventi di ristrutturazione in corso, cui dare priorità; a garantire, nell’ambito dei progetti della nuova edilizia penitenziaria, i criteri di trasparenza delle procedure e l’economicità delle opere fissando regole rigorose per la valutazione del patrimonio dello Stato in relazione al cosiddetto project financing, evitando il ricorso a procedure straordinarie anche se legislativamente previste;

i) ad accertare la corretta e compiuta attuazione dei regolamenti penitenziari, in particolare per la parte concernente le garanzie dei diritti delle persone detenute nonché a garantire la piena applicazione dell’articolo 4 della legge n. 354 del 1975 concernente il principio della territorializzazione della pena;

l) a verificare l’adeguatezza in proporzione alla popolazione carceraria delle piante organiche riferite non solo al personale di Polizia penitenziaria ma anche alle figure degli educatori, degli assistenti sociali e degli psicologi; avviando un nuovo piano programmato di assunzioni che vada oltre al turn-over dovuto ai pensionamenti previsto dalla legge finanziaria 2010 e che garantisca le risorse umane e professionali necessarie all’attivazione delle nuove strutture penitenziarie, anche distribuendo meglio il personale sul territorio, concentrandolo nei compiti di istituto e sottraendolo ai servizi estranei, consentendogli un adeguato, costante ed effettivo aggiornamento professionale;

m) a risolvere le attuali disfunzioni della sanità penitenziaria acuitesi in concomitanza della delicata fase di trasferimento delle funzioni al Sistema sanitario nazionale, assicurando sia adeguate risorse finanziarie alle Regioni sia prevedendo l’adozione, da parte delle Regioni stesse, di modelli organizzativi adeguati alla specificità del contesto carcerario che sconta, oltre la particolarità delle patologie, specifiche ed inderogabili esigenze di sicurezza; ad affrontare una buona volta le cause dell’elevato numero di morti e di suicidi in carcere ed i fenomeni di autolesionismo e di violenza in genere; ad affrontare con nuovi strumenti normativi il problema dei detenuti tossicodipendenti, in particolare valutando la possibilità che l’esecuzione della pena avvenga in istituti a custodia attenuata, idonei all’effettivo svolgimento di programmi terapeutici e socio-riabilitativi;

n) ad assicurare, con adeguati provvedimenti organizzativi e di finanziamento, l’attuazione del diritto allo studio e al lavoro in carcere;

o) a garantire l’effettiva destinazione alla realizzazione dei programmi di riabilitazione e reinserimento sociale dei condannati, dei fondi a ciò vincolati della Cassa delle Ammende;

p) a favorire l’approvazione di una legge per l’istituzione a livello nazionale del Garante dei diritti dei detenuti ossia di un soggetto che possa lavorare in coordinamento con i garanti regionali e comunali e con la magistratura di sorveglianza, in modo da integrare quegli spazi di intervento rispetto alle diffuse situazioni di difficoltà del nostro sistema carcerario, che non possono essere risolte in via giudiziaria;

q) all’applicazione concreta della legge 22 giugno 2000, n. 193, la cosiddetta Legge Smuraglia, al fine di incentivare la trasformazione degli Istituti penitenziari da meri luoghi di permanenza di persone in condizioni di prevalente e permanente inerzia di per sé distruttiva, in soggetti economici capaci di svolgere parte attiva e competitiva sul mercato anche al fine di autoalimentare le risorse economico-finanziarie necessarie per operare riducendo così gli oneri a carico dello Stato e quindi della collettività;

r) ad eliminare gli ostacoli che ancora non permettono alle madri e ai loro piccoli, quelli di età compresa tra zero a tre anni, di scontare la pena detentiva in un luogo diverso dal carcere; nonché ad istituire le case famiglia protette, al di fuori delle strutture penitenziarie, da considerarsi una forma detentiva privilegiata quando sia indirettamente coinvolto un bambino.

 

 

FIRMATARI:

Franceschini, Ventura, Maran, Villecco Calipari, Amici, Boccia, Giachetti, Lenzi, Quartiani, Rosato, Ferranti, Orlando Andrea, Melis, Samperi, Tidei, Touadi, Bernardini, Capano, Cavallaro, Ciriello, Concia, Cuperlo, Farina Gianni, Rossomando, Tenaglia, Vaccaro, Bellanova, Boccuzzi, Bossa, Binetti, Braga, Brandolini, Capodicasa, Causi, Cenni, De Biasi, De Pasquale, De Torre, Di Serio D’antona, Esposito, Ferrari, Fontanelli, Garavini, Ghizzoni, Gnecchi, Lovelli, Lucà, Margiotta, Mattesini, Mazzarella, Murer, Narducci, Rigoni, Rugghia, Schirru, Vannucci, Vassallo, Zucchi

 

 


 

 

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CAMERA DEI DEPUTATI - XVI LEGISLATURA

 

  

 

 

   

Atto Camera - Mozione 1-00301

 

   

 

 

   

  Mozione Idv - presentata l'11/01/2010

 

 

La Camera,

premesso che,

la situazione delle carceri italiane era ed è, purtroppo, in una fase emergenziale. Un surplus di 23mila detenuti, circa 66mila presenze a fronte dei 43mila possibili; una deficienza organica del Corpo di polizia penitenziaria di circa 5.500mila unità. La gran parte delle strutture penitenziarie sono fatiscenti, obsolete e non adatte;

la popolazione delle carceri continua a crescere, con tutte le relative valenze connesse al pericolo e al trattamento e gli agenti penitenziari sono costretti a lavorare in condizioni sempre peggiori, così come gli educatori, psicologi, medici. Sono in costante aumento gli attacchi al personale che ormai è demotivato, stanco e malpagato;

su tutto il territorio nazionale si registrano manifestazioni e proteste, giustificate dalle condizioni di insicurezza in cui sono costretti a lavorare. Mediamente un agente deve sorvegliare 100 detenuti di giorno, circa 250 nei turni notturni; per garantire le traduzioni il personale è costretto a viaggiare anche per 20 ore consecutive su mezzi non idonei;

sebbene il Presidente del Consiglio abbia reso noto il famoso Piano Carceri, della cui copertura finanziaria non vi è certezza, i primi risultati, qualora vi fossero, non arriveranno prima di due anni;

solo pochi mesi fa la Corte europea dei diritti dell’uomo  ha condannato l’Italia a risarcire con mille euro un detenuto costretto a stare per due mesi e mezzo in una cella sovraffollata. Una pena naturalmente simbolica, ma che mette in evidenza un terribile realtà.  Ogni detenuto nelle carceri italiane ha mediamente a disposizione meno di tre metri quadrati di spazio, ben al di sotto dei 7 metri stabiliti dal Comitato europeo per la prevenzione della tortura. Ciò vuol dire che normalmente una cella deve ospitare tre detenuti, oggi nei penitenziari italiani ce ne sono in media nove  in ogni cella. La popolazione delle carceri continua a crescere, con tutte le relative valenze di pericolo e di trattamento e gli agenti penitenziari sono costretti a lavorare in condizioni sempre peggiori, così come gli educatori, psicologi, medici. Dall’inizio dell’anno, 65 sono i suicidi verificatisi all’interno delle strutture;  

bisogna dare luce ad una realtà penitenziaria taciuta, ignorata o dimenticata, emarginata e abbandonata per mettere in evidenza l’emergenza del sistema carcere con il rischio sommosse e il rischio morte presenti ogni giorno. Un sistema che alimenta gli effetti criminogeni delle pene. Un sistema in cui  l’Art.27 della nostra Costituzione che prevede che “ l’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva” e che “le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato” e l’Art. II-64 della Costituzione europea che stabilisce che “nessuno può essere sottoposto a tortura, né a pene o trattamenti inumani o degradanti”  non trovano applicazione.

l’Unione europea si fonda sul rispetto dei diritti dell’uomo, delle istituzioni democratiche e dello Stato di diritto. La Carta dei diritti fondamentali sancisce tutti i diritti - personali, civili, politici, economici e sociali - dei cittadini dell’Unione. Nel marzo 2007 l'UE ha istituito l'Agenzia europea per i diritti fondamentali, che ha il compito di aiutare l'UE e gli Stati membri ad elaborare la normativa in questo campo e di sensibilizzare l'opinione pubblica ai diritti fondamentali. Del resto, in un mondo globalizzato, è fondamentale che i paesi dell’Unione europea collaborino efficacemente per combattere la criminalità e il terrorismo;

dal giugno 2004 l'Unione europea ha adottato un Trattato che, attraverso le tappe previste, ambisce a diventare una Costituzione per l'intero continente. La creazione di uno spazio europeo di libertà, sicurezza e giustizia, richiede necessariamente un coordinamento dei sistemi giuridico-penali dei Paesi membri. Uno spazio sovranazionale deve essere però altresì capace di farsi garante del riconoscimento e del rispetto dei diritti umani di tutti i cittadini, europei e extracomunitari, che vivono e risiedono in Europa. Il diritto penale è stato sempre confinato nei limiti del territorio nazionale, ancorato al principio della territorialità. Uno dei baluardi della sovranità nazionale è appunto l'esclusività del sistema penale. D'altro canto, a partire dal 1948, il diritto internazionale classico, ossia quello interstatuale, è progressivamente stato eroso da una nuova concezione del diritto internazionale che sostituisce all'inter-governativismo la sovranazionalità. Il processo, lento e fortemente contrastato dagli Stati-Nazione, ha avuto il suo culmine con la nascita della Corte Penale Internazionale. Il suo Statuto, firmato solennemente a Roma nel 1998, contiene all'interno embrioni del superamento del principio della nazionalità nel sistema processuale penale laddove vi siano gravi violazioni dei diritti umani (crimini di guerra, genocidii, crimini contro l'umanità). Sia nella fase del riconoscimento che in quella della progressiva omogeneizzazione dei sistemi penali vanno tenute presenti garanzie e tutele irrinunciabili, vanno identificati minimi e massimi edittali delle pene, vanno enucleati i comuni ed essenziali interessi da proteggere in Europa con gli strumenti del diritto penale, evitando che i singoli Stati si limitino ad adattarsi al diritto penale di derivazione europea, conservando allo stesso tempo intatto tutto il proprio armamentario repressivo;

i diritti delle persone sottoposte a procedimento giudiziario, a misure penali o detenute vanno tutelati, senza eccezioni e senza timori. La dignità umana non può essere calpestata in alcuna circostanza. L'esperienza europea degli ultimi anni ci suggerisce l'attivazione di organismi indipendenti di nomina parlamentare che abbiano poteri informali di visita e controllo dei luoghi di detenzione. Tali organismi svolgono una funzione di riconciliazione sociale, di mediazione e di soluzione in chiave preventiva dei conflitti. Si tratterebbe di una sorta di difensore istituzionale dei diritti in carcere. Per i quali va data altresì piena attuazione sia alla sentenza della Corte Costituzionale del febbraio del 1999 che prevede la tutela giurisdizionale dei diritti dei detenuti, sia al nuovo regolamento di esecuzione che nelle sue norme vuole migliorare la qualità della vita in carcere;

lotta al razzismo, libera circolazione delle coppie senza discriminazioni fondate sull'orientamento sessuale e difesa delle donne, dei minori e degli immigrati. E' quanto chiede il Parlamento per lo spazio europeo di giustizia, auspicando più diritti per i detenuti e fondi UE per la costruzione di nuove carceri. Occorre combattere la criminalità informatica, garantire una maggiore solidarietà tra i paesi UE per l'accoglienza dei rifugiati e tutelare i cittadini da terrorismo e criminalità. Il Parlamento Europeo , in tal senso , qualche giorno fa ha adottato una Risoluzione con la quale indica la sua posizione riguardo al cosiddetto Programma di Stoccolma che stabilisce le priorità europee nel campo della giustizia e degli affari interni per i prossimi cinque anni. Il Parlamento chiede norme minime relative alle condizioni delle carceri e dei detenuti e una serie di diritti comuni per i detenuti nell'UE, "incluse norme adeguate in materia di risarcimento dei danni per le persone ingiustamente arrestate o condannate". Auspica inoltre la messa a disposizione da parte dell'Unione europea di sufficienti risorse finanziarie per la costruzione "di nuove strutture detentive negli Stati membri che accusano un sovraffollamento delle carceri e per l'attuazione di programmi di reinsediamento sociale". Sollecita anche la conclusione di accordi fra l'Unione europea e i paesi terzi sul rimpatrio dei loro cittadini che hanno subito condanne e la piena applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle sentenze penali ai fini della loro esecuzione nell'Unione europea. Sostiene poi la necessità di uno strumento giuridico globale sull'ammissibilità della prova nei procedimenti penali;

l’attuale Legge Penitenziaria stabilisce “Le misure alternative alla detenzione”, esse danno la possibilità di scontare le pene non in carcere e vengono concesse solo a determinate condizioni. Esse si applicano esclusivamente ai detenuti definitivi.

le misure alternative sono numerose e con caratteristiche peculiari, ciascuna tendente comunque alla risocializzazione del condannato. Esse sono a) Affidamento in prova al servizio sociale (pena residua 3 anni), art. 47 LP; b) Detenzione domiciliare (pena residua 4 anni o nei casi di condizioni di salute incompatibili con il regime detentivo pena residua anche superiore ai 4 anni), art. 47 ter LP; c) Semilibertà (metà pena o 2/3 se reati gravi (reati dell'art 4 bis) o 6 mesi solo dalla libertà), artt. 46, 50 LP; d) Liberazione condizionale (pena residua 5 anni); art 176 cp; e) Sospensione della pena per gravi motivi di salute (incompatibilità con il regime detentivo - qualunque sia la durata della pena ) art. 147 cp.  

queste misure, però, non possono essere la soluzione concreta e definitiva all’emergenza carceri e al sovraffollamento. Al di là di ciò, aspettando il piano carceri, è necessario avviare una riflessione e pensare ai processi brevi e alla certezza della pena dando strumenti e risorse. In sostanza, il carcere- servizio pubblico- deve essere un luogo che produce sicurezza collettiva, nel rispetto della dignità dei detenuti;

lo scorso mese di Agosto si è svolta l’iniziativa nazionale “Ferragosto in carcere 2009” che ha visto coinvolti deputati, senatori, consiglieri regionali di tutta Italia e di tutte le forze politiche. L’obiettivo di tale iniziativa era di verificare e conoscere meglio le condizioni tanto dei detenuti, quanto di direttori, agenti, medici, psicologi, educatori che lavorano al suo interno al fine di poter proporre proposte legislative o organizzative adeguate;

tra suicidi, morti, vite salvate, tentate evasioni, evasioni compiute e spazi che mancano nelle nostre prigioni è sempre più evidente l’emergenza soluzioni. A fronte di questa spaventosa e preoccupante situazione tutto il personale penitenziario, tra l’altro, è chiamato ad operare senza alcuna linea guida, senza mezzi idonei e con scarsissime risorse;

nella Gazzetta Ufficiale n. 30 del 16 aprile 2004 veniva bandito un concorso pubblico per esami a 397 posti nel profilo professionale di Educatore, Area C, posizione economica C1, indetto con PDG 21 novembre 2003. Dopo ben quattro anni di procedura concorsuale, il 15 dicembre 2008 nel Bollettino Ufficiale del Ministero della Giustizia n. 23, viene pubblicata la graduatoria ufficiale definitiva del suddetto concorso;

ad oggi il Dipartimento dell´Amministrazione Penitenziaria ha assunto solo i primi 97 vincitori, a cui, si spera a breve, seguirà l'assunzione dei restanti 300,dopo aver proceduto alle istanze di interpello annuale nazionale di mobilità interna del personale;

queste nuove forze potranno, sicuramente, rappresentare un valido supporto, ma si rivelano palesemente e gravemente insufficienti. Infatti, per questa figura professionale sono state già apportate drastiche riduzioni, tanto da portare la pianta organica del 2009 a sole 1088 unità,rispetto alla pianta del 2008 che ne prevedeva circa 1400 in organico (riduzione operata dal Dap per adeguarsi alle disposizioni del  decreto Brunetta che ha imposto un ridimensionamento delle piante organiche in diminuzione delle unita' affinche' le pubbliche amministrazioni possano procedere all'assunzione di nuovo personale ). In realtà, ad oggi, in servizio ci sono soltanto 686 educatori a cui si aggiungeranno i 300 restanti vincitori,giungendo ad una quota di 968 unità, a fronte di una popolazione detenuta di circa 66.000 unità, ancora in crescita;

è lampante,pertanto,la mancanza di ben 102 educatori rispetto alla pianta organica del 2009 (mancanza ancor maggiore se riferita alla pianta organica del 2008 ed pari a circa 400 unita' di educatori) - e quindi negli istituti di pena - a cui andranno ad aggiungersi tutti quegli educatori che verranno collocati in pensione, avendone ormai maturato i requisiti;

la sostanziosa assenza dei citati operatori aggrava ed aggraverà ancor più il clima e la vita detentiva dei ristretti e dei medesimi operatori ancora in servizio, oltre ad accrescere l´inadempienza al dettato legislativo vigente, dal momento che la maggior parte dei detenuti non riescono ad avere per anni colloqui con gli educatori, non riuscendo, pertanto, a conseguire alcun giovamento dall´ingresso in carcere;

disposizione quest´ultima, che viene chiaramente disattesa nelle realtà carcerarie italiane, com´è noto dal caso Castrogno, uno dei tanti emersi negli ultimi tempi, ma anche dall´aumento dei suicidi, degli atteggiamenti autolesionistici, della richiesta di psicofarmaci e non ultimo dell´aggressività dei detenuti nei confronti del personale penitenziario ad ulteriore dimostrazione dell´emergenza in cui i circuiti detentivi versano a causa della mancanza di operatori a fronte di uno spropositato aumento del numero di detenuti ospitati in strutture inidonee ed evidentemente non a norma dal punto di vista strutturale e delle risorse umane;

bisogna, inoltre, anche specificare che nonostante l'assunzione dei restanti 300 vincitori del concorso per il profilo da Educatore, il Dap avrà un avanzo di fondi a disposizione per assumere subito all´incirca 70 unità lavorative, grazie al DPCM approvato dal Consiglio dei Ministri del 31 luglio u.s. che ha deliberato l´autorizzazione all´assunzione di un contingente di 1.370 unità di personale a tempo indeterminato per l´anno 2009 per le Amministrazioni dello Stato;

in particolare, per il Ministero della Giustizia le nuove assunzioni autorizzate sono 223 unità, di cui 110 per l´Amministrazione Penitenziaria, che dovrebbero essere ripartite tra vincitori ed idonei di tutti i concorsi aventi graduatorie ancora valide presso quest´ultima amministrazione. Stando, tuttavia, alle allarmanti condizioni delle carceri italiane buona parte di questi fondi che avanzeranno dovranno essere destinati primariamente e celermente, senza indugio alcuno, all´assunzione degli idonei al concorso per Educatori per incamminarsi verso quella condizione di rieducazione che il carcere deve dare a chi ne entra a far parte, per non smarrire quella presa di coscienza e civiltà che la nostra carta costituzionale gli affida.

è necessario, pertanto, attivare dei seri e proficui percorsi di rieducazione dei detenuti la cui realizzazione è promossa e attivata dagli educatore penitenziari, veri coordinatori e catalizzatori degli strumenti utili per la composizione di tali iter risocializzativi - come la norma del 1975 dispone - affinché la dimensione del vissuto carcerario sia foriera di profonda autoriflessione delle proprie apicalità e crei momenti di autoprogettazione, di formazione e costruzione di un sé nuovo, positivo, propositivo, generatore di valori riconosciuti e condivisi dal comune senso civico,

Occorrono soluzioni e un modello di recupero e di rieducazione prima di pensare a nuove strutture, al fine di un immediato e concreto supporto al mondo penitenziario;

impegna il Governo

a convocare i sindacati di polizia penitenziaria e le rappresentanze di tutto il personale penitenziario al fine di un confronto concreto e costruttivo sulle problematiche delle carceri in Italia e degli operatori;

a procedere all´assunzione immediata dei restanti educatori penitenziari previsti dalla pianta organica, da attingersi dagli idonei della vigente e menzionata graduatoria risultata dal concorso bandito per tale profilo professionale, affinché anche costoro possano partecipare ai previsti corsi di formazione che il DAP deve attivare per questi operatori prima dell´ingresso nelle carceri a cui sono destinati, onde evitare sprechi di danaro per doverli riattivare in seguito;

a prorogare di almeno un quinquennio la validità della graduatoria di merito del concorso sopra citato  stando agli odierni orientamenti dettati dal Ministro Brunetta e dal progetto di legge 2462 presentato il 21 maggio 2009, nonché alle disposizioni in materia di razionalizzazione delle spese pubbliche in vigore - per permetterne un graduale scorrimento parimenti all´avvicendarsi dei fisiologici tourn-over pensionistici, al fine di evitare l´indizione di nuovi concorsi per il medesimo profilo che comporterebbero inutili oneri pubblici. In effetti, questa medesima procedura di scorrimento della graduatoria con assunzione di tutti i suoi idonei trova già un precedente nel panorama legislativo-procedurale italiano, poiché effettuata per le graduatorie dei concorsi banditi dall´Agenzia delle Entrate per 1500 posti di funzionari per la Terza Area Funzionale, fascia retributiva F1, attività amministrativa-tributaria bandito da Agenzia delle Entrate
 (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale serie speciale concorsi n. 84 del 21 ottobre 2005);

a stabilire una norma che preveda lo stanziamento di fondi necessari per completare l'organico di educatori previsti dalla pianta organica attualmente vigente presso il DAP. Lo sforzo economico che si chiede al Governo è annualmente molto esiguo , ma necessaria che per far funzionare meglio ed in modo più umano una branca importantissima del nostro sistema giustizia che non può più attendere;

a procedere all’alienazione di immobili ad uso penitenziario siti nei centri storici e costruzione di nuovi e moderni istituti penitenziari in altro sito;

a procedere alla dismissione di immobili ad uso penitenziario e rassegnazione del ricavato al Ministero della Giustizia per il potenziamento dell’edilizia penitenziaria esistente;

al rifinanziamento dell’art. 6 della Legge 259/2002 in sede di predisposizione della Finanziaria 2010, prevedendo limiti di impegno per un arco di tempo compatibile con l’utilizzo della locazione finanziaria;

in relazione all’esperienza europea degli ultimi anni, all'attivazione di organismi indipendenti di nomina parlamentare che abbiano poteri informali di visita e controllo dei luoghi di detenzione al fine di svolgere una funzione di riconciliazione sociale, di mediazione e di soluzione in chiave preventiva dei conflitti;

secondo quanto stabilito dal Parlamento europeo, ad utilizzare le risorse finanziarie  per la costruzione "di nuove strutture detentive negli Stati membri che accusano un sovraffollamento delle carceri e per l'attuazione di programmi di reinsediamento sociale;

ad istituire nel più breve tempo possibile, data l’allarmante situazione, la Commissione di Inchiesta parlamentare sulla situazione delle carceri in Italia come richiede la Proposta di Inchiesta parlamentare n. 13 presentata il 24 Novembre scorso;

in relazione al Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 1 Aprile 2008 recante “Modalità e criteri per il trasferimento al Servizio Sanitario Nazionale delle funzioni sanitarie, dei rapporti di lavoro, delle risorse finanziarie e delle attrezzature e beni strumentali in materia di sanità penitenziaria”, a dare conto della sua applicazione, dei risultati ed illustrare e definire, nel passaggio delle competenze, funzioni e risorse.

 

(1-00301) “Di Stanislao, Donadi, Paladini”.

(11 Gennaio 2010)

 

 


 

 

Mozione Rita Bernardini