Quei 119 spariti dalla Polonia e adesso scomparsi in Puglia
di GIULIANO FOSCHINI e LORENZA PLEUTERI
BARI - Pawel è in posa. Storte, a riempirgli la faccia, due lenti da secchione. Quella di Leszek , invece, sembra una foto segnaletica. Teresa in una altra istantanea abbraccia la figlia, forse la nipote: è un giorno di festa, porta i capelli con la piega appena fatta, un giro di perle, un vestito rosso. Pawel, Leszek e Teresa sono cittadini polacchi. Le loro facce e i loro nomi da venerdì sono sul sito Internet della polizia polacca, insieme a quelle di 116 connazionali. Non sono latitanti. Non sono delinquenti. Sono scomparsi. Centodiciannove donne e uomini che dal 2000 al 2006 hanno lasciato la fame e la miseria delle regioni del sud della Polonia, sono sbarcati in Italia per fare i braccianti o le badanti e sono spariti. Inghiottiti dal nulla. Ora, con l'appello e con le schede on line, li cercano gli investigatori della policja di Varsavia, i parenti, gli amici, i diplomatici. In Puglia, soprattutto. Provincia di Foggia, tavoliere, terra di pomodori e di caporali.
È lì, in particolare, che gli uomini e le donne polacche, reclutati in patria con annunci trappola, erano stati indirizzati da agenzie e intermediari con promesse di un lavoro decente e di guadagni sicuri. È lì, ed è più di una ipotesi, che molti di loro sono finiti a vivere da schiavi. Umiliati. Picchiati selvaggiamente. Torturati. E forse anche uccisi o lasciati morire. La Direzione distrettuale antimafia e i carabinieri del Ros di Bari, chiusa a luglio una prima inchiesta su sfruttati e sfruttatori, in questi giorni stanno indagando su quindici morti "anomale": quattordici polacchi e un lituano trovati senza vita - strangolati, bruciati, investiti, affogati - all'interno del triangolo del pomodoro rosso, lo stesso che sembra aver inghiottito i desaparecidos.
"Le proprie famiglie non hanno cancellato i ricerchi" scrive in un italiano tenero e stentato la polizia polacca, parlando di Piotr, Ilona, Ewa, Zoltan, Bogumila, Pawel e via elencando. "Chiunque sappia il luogo del loro presente soggiorno, viene pregato di informare la questura più vicina". Alla questura di Foggia, dove per mesi le denunce di scomparsa hanno preso polvere, così come nelle piccole caserme dei carabinieri di provincia, si sono finalmente messi al lavoro: la Mobile ha cominciato un controllo incrociato tra la lista pubblicata su Internet, le banche dati, le informazioni contenute in operazioni di servizio. Ma non è semplice cercare gli invisibili.
Lo sanno anche a Varsavia. Dove, per fermare una strage ufficialmente senza morti e per non dover aggiornare continuamente il sito, i detective hanno cominciato a lavorare anche sulla prevenzione. Sulla home page, prima delle foto dei desaparecidos, c'è il vademecum per non diventare schiavi in quella terra promessa chiamata Italia: non trattare con gli sconosciuti che si offrono come intermediari; non fidarsi degli annunci pubblicati sui giornali da privati; rivolgersi soltanto alle agenzie di collocamento riconosciute e chiedere sempre l'indirizzo e il numero di telefono del datore di lavoro; esigere sempre da lui un contratto scritto e soprattutto accettare soltanto impieghi legali, con contratti scritti. E ancora: portare e nascondersi addosso un minimo di soldi per essere in grado di fuggire e di tornare a casa, se le cose si dovessero mettere al peggio. Le croci polacche piantate nella Spoon river del Tavoliere sono già troppe. Cesar, scappato dalla fame, in Puglia c'è venuto a morire. Così Dariusz, Lezek, Czeslaw. E Slamovit, classe '61, bracciante per forza, come quasi tutti gli altri. Lo trovarono bruciato, il 2 luglio 2005, dentro l'ex macello di Stornara. I carabinieri dissero che era morto per caso, un incidente, aggredito dalle fiamme appiccate dai contadini per bruciare stoppie all'esterno del vecchio edificio. Ma il passaporto poggiato sul suo corpo, carbonizzato, devastato dalle fiamme, era integro, intatto.
E scenari inquietanti sono emersi anche dalle intercettazioni dell'operazione chiusa a luglio. Un caporale dell'Est specializzato in braccianti polacchi, arrabbiato perché due dei suoi schiavi erano riusciti a scappare, al telefono annunciava alla fidanzata: "Andrò in campagna. Non gli permetterò di comportarsi così. Ho detto che oggi ne ammazzo uno o due come esempio. Sono andato dal padrone. Mi ha riferito che due se ne sono andati con degli zaini. Ho preso in prestito due coltelli. Li ho sempre nella mano. Due coltelli, carini. Vado e ne ammazzo almeno due in campagna. Io oggi devo fare ordine in campagna".
Quei 119 spariti dalla Polonia e adesso scomparsi in Puglia
di GIULIANO FOSCHINI e LORENZA PLEUTERI
BARI - Pawel è in posa. Storte, a riempirgli la faccia, due lenti da secchione. Quella di Leszek , invece, sembra una foto segnaletica. Teresa in una altra istantanea abbraccia la figlia, forse la nipote: è un giorno di festa, porta i capelli con la piega appena fatta, un giro di perle, un vestito rosso. Pawel, Leszek e Teresa sono cittadini polacchi. Le loro facce e i loro nomi da venerdì sono sul sito Internet della polizia polacca, insieme a quelle di 116 connazionali. Non sono latitanti. Non sono delinquenti. Sono scomparsi. Centodiciannove donne e uomini che dal 2000 al 2006 hanno lasciato la fame e la miseria delle regioni del sud della Polonia, sono sbarcati in Italia per fare i braccianti o le badanti e sono spariti. Inghiottiti dal nulla. Ora, con l'appello e con le schede on line, li cercano gli investigatori della policja di Varsavia, i parenti, gli amici, i diplomatici. In Puglia, soprattutto. Provincia di Foggia, tavoliere, terra di pomodori e di caporali.
È lì, in particolare, che gli uomini e le donne polacche, reclutati in patria con annunci trappola, erano stati indirizzati da agenzie e intermediari con promesse di un lavoro decente e di guadagni sicuri. È lì, ed è più di una ipotesi, che molti di loro sono finiti a vivere da schiavi. Umiliati. Picchiati selvaggiamente. Torturati. E forse anche uccisi o lasciati morire. La Direzione distrettuale antimafia e i carabinieri del Ros di Bari, chiusa a luglio una prima inchiesta su sfruttati e sfruttatori, in questi giorni stanno indagando su quindici morti "anomale": quattordici polacchi e un lituano trovati senza vita - strangolati, bruciati, investiti, affogati - all'interno del triangolo del pomodoro rosso, lo stesso che sembra aver inghiottito i desaparecidos.
"Le proprie famiglie non hanno cancellato i ricerchi" scrive in un italiano tenero e stentato la polizia polacca, parlando di Piotr, Ilona, Ewa, Zoltan, Bogumila, Pawel e via elencando. "Chiunque sappia il luogo del loro presente soggiorno, viene pregato di informare la questura più vicina". Alla questura di Foggia, dove per mesi le denunce di scomparsa hanno preso polvere, così come nelle piccole caserme dei carabinieri di provincia, si sono finalmente messi al lavoro: la Mobile ha cominciato un controllo incrociato tra la lista pubblicata su Internet, le banche dati, le informazioni contenute in operazioni di servizio. Ma non è semplice cercare gli invisibili.
Lo sanno anche a Varsavia. Dove, per fermare una strage ufficialmente senza morti e per non dover aggiornare continuamente il sito, i detective hanno cominciato a lavorare anche sulla prevenzione. Sulla home page, prima delle foto dei desaparecidos, c'è il vademecum per non diventare schiavi in quella terra promessa chiamata Italia: non trattare con gli sconosciuti che si offrono come intermediari; non fidarsi degli annunci pubblicati sui giornali da privati; rivolgersi soltanto alle agenzie di collocamento riconosciute e chiedere sempre l'indirizzo e il numero di telefono del datore di lavoro; esigere sempre da lui un contratto scritto e soprattutto accettare soltanto impieghi legali, con contratti scritti. E ancora: portare e nascondersi addosso un minimo di soldi per essere in grado di fuggire e di tornare a casa, se le cose si dovessero mettere al peggio.
Le croci polacche piantate nella Spoon river del Tavoliere sono già troppe. Cesar, scappato dalla fame, in Puglia c'è venuto a morire. Così Dariusz, Lezek, Czeslaw. E Slamovit, classe '61, bracciante per forza, come quasi tutti gli altri. Lo trovarono bruciato, il 2 luglio 2005, dentro l'ex macello di Stornara. I carabinieri dissero che era morto per caso, un incidente, aggredito dalle fiamme appiccate dai contadini per bruciare stoppie all'esterno del vecchio edificio. Ma il passaporto poggiato sul suo corpo, carbonizzato, devastato dalle fiamme, era integro, intatto.
E scenari inquietanti sono emersi anche dalle intercettazioni dell'operazione chiusa a luglio. Un caporale dell'Est specializzato in braccianti polacchi, arrabbiato perché due dei suoi schiavi erano riusciti a scappare, al telefono annunciava alla fidanzata: "Andrò in campagna. Non gli permetterò di comportarsi così. Ho detto che oggi ne ammazzo uno o due come esempio. Sono andato dal padrone. Mi ha riferito che due se ne sono andati con degli zaini. Ho preso in prestito due coltelli. Li ho sempre nella mano. Due coltelli, carini. Vado e ne ammazzo almeno due in campagna. Io oggi devo fare ordine in campagna".