E’ allarme ritardo, ma disguidi e lungaggini per i migranti non sono più una novità.
Rimbalza sulle prime pagine della stampa locale l’ "emergenza" ritardo dei nulla osta del decreto flussi. Sono passati sei mesi e sono stati rilasciati solo 100 nulla osta.
Anche la Prefettura si è accorta che sei mesi di ritardo, a fronte dei 40 giorni previsti dalla normativa, sono davvero troppi.
Dal Prefetto arriva così la richiesta di soccorso a sindacati, enti pubblici ed associazioni di categoria che già avevano siglato il Protocollo con Questura e Prefettura per coaudiuvare l’Ufficio Stranieri nelle procedure standard di rinnovo e rilascio dei permessi di soggiorno.
Lo Sportello Unico della Prefettura lamenta carenza di personale ed eccessivo lavoro arretrato, spiegano che non hanno potuto trattare le oltre 14000 domande di nulla osta all’assunzione spedite dai datori di lavoro a partire dal 14 marzo perché impegnati ad esaminare 2500 istanze di ricongiungimento familiare e 1000 richieste di nulla osta al lavoro stagionale.
Eppure tutte le procedure in questione sono previste dal Testo Unico e non sono misure straordinarie, ci si aspetta che la loro sostenibilità sia stata ampiamente valutata dal legislatore, così come i tempi necessari per ogni passaggio. Non è un mistero, invece, che la Questura impieghi dai 3 ai 4 mesi per rinnovare un normale permesso di soggiorno ed addirittura ben sette mesi per rilasciare una carta di soggiorno, non parliamo poi del rilascio del permesso per motivi familiari in seguito ad un ricongiungimento familiare, può passare addirittura un anno.
Per chi ha a che fare spesso con lo Sportello Unico per gli stranieri (Questura più Prefettura) questo ritardo nell’assegnazione della quota per l’assunzione di un migrante era ampiamente prevedibile.
Ma ora, nel denunciare la difficoltà, il Prefetto in persona chiede addirittura un prestito di personale ai Comuni, ai sindacati e alle associazioni di impresa "per una questione di civiltà".
Ma se i sindacati sembrano concordare su un "non se ne parla", il CNA prospetta l’ipotesi di destinare fondi ed infrastrutture per cooperare, mentre dagli enti locali per ora nessuna risposta.
La vicenda si fa sempre più grottesca, le candide rivelazioni che l’applicazione del T.U., così come regolamentata dal relativo decreto attuativo, non dispone di una copertura finanziaria lasciano interdetti, tanto più che gli interessati hanno pagato allo Stato € 14,62 per ogni kit spedito.
Allo stato attuale non si profila alcuna soluzione credibile, in Prefettura sembrano lavorare sodo ed hanno addirittura messo al lavoro 4 tirocinanti dell’Unibo con il cui lavoro di formazione si tenta invano di mantenere in equilibrio un dispositivo di regolamentazione degli ingressi completamente illusorio quanto responsabile di sacrifici inutili, sprechi e perdite di tempo sia per i cittadini, italiani e migranti, che per le amministrazioni.
E’ ora di resettare il sistema, di abrogare le leggi in vigore, di promuovere il libero ingresso di lavoratori dall’estero.
Neva Cocchi, Melting Pot Europa