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Dopo l'indulto l'Unione riparte dal vertice del Dap, P.Gonnella, Il Manifesto, 23/9/06

Finalmente una buona notizia. Le carceri non sono sovraffollate: i detenuti sono circa 38 mila, qualche migliaio in meno rispetto alla capienza regolamentare. Non capitava dal 1992. C'è qualche chance, oggi, per chi entra in galera di vedere rispettati i propri diritti umani. E' giunta l'occasione per programmare politiche penali e penitenziarie che non riproducano la drammatica situazione pre-indulto.
L'intervista di ieri sul manifesto di Luigi Manconi segna una discontinuità rispetto al passato. Se ne doglierà Marco Travaglio. Vanno abrogate la ex Cirielli sulla recidiva, la Fini-Giovanardi sulle droghe, la Bossi-Fini. Giuliano Pisapia è stato incaricato di riscrivere il codice penale. Ci sono tutte le premesse per una riforma nel segno della minimizzazione dei reati e delle pene. Ci aspettiamo che vi sia una anticipazione sui tempi di lavoro. L'amministrazione penitenziaria, nel frattempo, ha una occasione storica: mettere mano a tutto il sistema, applicare finalmente le leggi dimenticate (sanità, lavoro, regolamento sugli standard di vita interni), restituire senso al trattamento penitenziario, assicurare il rispetto dei diritti e una condizione di detenzione conforme alle norme interne e internazionali.
Ma un obiettivo di tale portata non può essere lasciato nelle mani di chi è stato nominato dall'ex ministro Castelli per non governare il sistema penitenziario e lasciarlo decadere nell'oblio, di chi non ha fiatato quando le carceri venivano definite provocatoriamente dal ministro leghista «hotel a 5 stelle», di chi non ha fatto nulla di nulla per ripristinare la legalità penitenziaria, di chi ha creato organismi oscuri di intelligence carceraria, di chi infine ha definito noi di Antigone contigui agli anarco-insurrezionalisti e quindi pericolosi per la sicurezza


Giovanni Tinebra tra qualche settimana dovrebbe tornare a fare il procuratore. Non può dunque essere lui il capo del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria (Dap) dell'Unione al governo ma non può neanche esserlo chi ha condiviso le sue politiche. In questi mesi sono circolati nomi diversi, si parla di ritorni illustri, di illustri sconosciuti, di persone da sistemare. Il metodo non può essere questo. Con l'unica eccezione di Alessandro Margara, nominato da Flick nel '97, i capi del Dap sono stati di due categorie: magistrati a cui bisognava trovare una collocazione e magistrati amici mai interessatisi alla questione penitenziaria. E i risultati si sono visti. Le carceri sono fuorilegge e nessuno si è preoccupato di applicare le norme, come se l'illegalità fosse funzionale alla sicurezza. Oggi l'indulto offre un'occasione storica che non va vanificata. Nominare la persona sbagliata significa gettarla via, dando argomenti forti a chi ha contrastato il provvedimento di clemenza.
Non abbiamo bisogno di un capo del Dap che tolleri a fatica l'articolo 27 della Costituzione secondo cui la pena deve tendere alla rieducazione del condannato e non deve consistere in trattamenti contrari al senso di umanità. Non abbiamo bisogno di un capo del Dap che sia per forza magistrato. Qualunque sia la sua provenienza - giudice, procuratore, manager, professore, funzionario, esperto - deve usare la Costituzione e le leggi come il vangelo, deve avere uno staff che non remi contro, deve essere capace di governare un'organizzazione complessa come non poche. La legislatura berlusconiana si è aperta con i fatti di Genova e con le violenze tollerate (dai capi) dei poliziotti penitenziari a Bolzaneto. Speriamo che in questa legislatura cose del genere non accadano. Speriamo che la tortura divenga reato e chi da anni lotta per contrastarla non sia considerato un nemico. La teoria delle mele marce è una teoria auto-assolutoria. Una mela diventa marcia quando qualcuno l'ha fatta maturare troppo.