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Per una nuova cultura giuridica, di P.Gonnella, inedito, 10/10/06

Il dibattito politico-culturale successivo all’approvazione dell’indulto è stato un dibattito povero, immiserito da molte falsità. C’è stata la rincorsa dei media a scovare storie di indultati eccellenti, pericolosi, truci, recidivi, violenti, irrecuperabili. Il grande rischio è che quel dibattito vada a condizionare tutte le successive politiche sulla giustizia e sull’esecuzione penale, rendendo oltremodo timorose le forze politiche dell’Unione, in quanto sensibili all’ondata di reazioni negative successive al provvedimento di clemenza. Per questo è una buona notizia leggere che lo scorso 2 ottobre l’intero gruppo di Rifondazione Comunista ha presentato una proposta di legge per l’abolizione dell’ergastolo

Una proposta che ricalca quella del 1998 che aveva superato lo scoglio dell’approvazione in Senato, senza mai, però, essere discussa alla Camera. L’abolizione dell’ergastolo è un segno di civiltà giuridica. Giovani democrazie come quella spagnola e portoghese l’hanno abolito con previsione costituzionale. La pena perpetua si scontra palesemente con la finalità rieducativa che la nostra Costituzione, all’articolo 27, assegna alla pena detentiva. Con un illogico sofisma la Corte Costituzionale ha sostenuto che l’ergastolo è legittimo proprio in quanto nella pratica non viene effettivamente scontato. Si tratta di un ragionamento contraddittorio che è confutabile dal punto di vista teoretico e dal punto di vista empirico. In primo luogo non può mai essere una valutazione di fatto a far decidere circa la costituzionalità di una norma. Il sistema giuridico deve reggersi su architravi di principio, altrimenti basterebbe una maggiore durezza dei giudici di sorveglianza nel concedere i benefici a far venir meno quell’obiezione. Da un punto di vista più strettamente empirico va ricordato che attualmente gli ergastolani sono ben 1262, di cui 29 donne. Grazie all’indulto alcuni di loro  potranno, forse, accedere più rapidamente alle misure alternative. I numeri alti non sembrano confermare la tesi secondo cui l’ergastolo nella pratica penitenziaria non esiste.

Giuliano Pisapia è stato incaricato di presiedere la commissione ministeriale di riforma del codice penale. La revisione del sistema sanzionatorio deve essere il primo obiettivo da perseguire. L’abolizione dell’ergastolo potrebbe avere un virtuoso effetto a cascata determinando la riduzione di tutti i massimi edittali. La permanenza della pena dell’ergastolo nel nostro ordinamento giuridico risponde a una esigenza di rassicurazione sociale. Il superamento del codice Rocco, che ha oltre tre quarti di secolo di vita, deve essere un obiettivo politico in cui credere tenacemente. Il tema è oggi ripreso da Rifondazione che senza troppi indugi decide di lanciare, a partire da l’Aquila e con il suo segretario Franco Giordano in prima fila, una campagna per l’abolizione della pena dell’ergastolo.  Se di questi temi si riuscisse a parlare senza alzare troppo la voce, evitando cadute demagogiche, confrontandosi su questioni alte di portata giuridico-filosofica, ascoltando le ragioni degli abolizionisti senza gridare al lupo, probabilmente la contrarietà dell’opinione pubblica si assottiglierebbe e si riuscirebbe a decidere senza troppe angosce para-elettorali. Se invece a dominare la scena mediatica resterà, come è accaduto in queste settimane a proposito dell’indulto, il solo Travaglio con i suoi facili discorsi giustizialisti, probabilmente la partita socio-giuridico-culturale potrà dirsi definitivamente perduta.