Spesso l'attenzione sull'istituzione carceraria è determinata da episodi eclatanti, i quali rendono difficile una serena riflessione su un tema così delicato quale il rapporto tra carcere e società. In questi ultimi anni il dibattito sul tema dell'istituzione carceraria e sulle finalità della pena (retributiva, di deterrenza, di prevenzione generale, rieducativa) si è incentrato soprattutto sulla questione del sovraffollamento. Non si è invece sviluppato un altrettanto approfondito dibattito sulle forme di controllo della legalità nei luoghi di privazione della libertà personale e i meccanismi di tutela dei diritti fondamentali delle persone detenute. L'eccessivo cumulo di funzioni poste a carico dei magistrati di sorveglianza (sempre più giudici delle misure alternative e con sempre meno tempo a disposizione per esercitare funzioni di controllo) e la presenza massiccia negli istituiti penali di soggetti socialmente deboli, quali tossicodipendenti ed extracomunitari (quasi il 50 per cento della popolazione detenuta), più esposti al rischio di violenze, rendono attuale e urgente la necessità di interventi per un carcere più "trasparente". E' necessario individuare nuove forme di controllo della legalità nei luoghi di detenzione, senza mettere in discussione quelle esistenti: a questa esigenza risponde la proposta di istituire un nuovo soggetto di controllo e di verifica delle condizioni di detenzione, al quale sia garantita un'effettiva autonomia e indipendenza. Un'idea, attinta dalla tradizione nord-europea, ma non estranea ad altri Paesi dell'area mediterranea (come Portogallo e Spagna), è quella del difensore civico. Oggi in Italia il garante della legalità interna alle carceri è il magistrato di sorveglianza. I parlamentari dispongono di un potere di visita. La legge individua, infine, i soggetti, quasi tutti interni all'amministrazione penitenziaria, a cui i detenuti possono rivolgere reclamo. Non esistono, invece, forme di ispezione nei commissariati della Polizia di Stato, nelle caserme dei Carabinieri e della Guardia di Finanza, nei Centri di assistenza e permanenza temporanea. Del difensore civico delle persone limitate o private della libertà (che da ora in poi diremo difensore civico) come concreta possibilità da istituirsi in Italia se ne è parlato per la prima volta in un convegno organizzato nel 1997 a Padova dall’associazione Antigone. In un carcere - come in ogni altro luogo in cui le persone vengono private della libertà personale - gli equilibri sono estremamente precari, e basta poco per far crescere le tensioni. Ogni intervento ab externo deve tenere conto della fragilità e della difficoltà dei rapporti fra la popolazione detenuta ed il personale di polizia penitenziaria. Detenuto ed agente di polizia, seppur soggetti conflittuali, presentano tratti comuni di debolezza. Il difensore civico avrebbe diverse finalità: l'allentamento delle tensioni, la mediazione, la raccolta e la organizzazione di un utile patrimonio informativo, la funzione di deterrenza rispetto a tentazioni di maltrattamenti, la funzione di rendere trasparente il carcere e quella di essere un punto di partenza per una periodica discussione parlamentare (partendo dalla relazione annuale) sui temi del carcere e dei diritti delle persone private della libertà personale. Il difensore civico potrebbe, inoltre, funzionare da cassa di risonanza dell'inadeguatezza delle piante organiche, che drammaticamente si ripercuote sulla realizzazione in concreto del diritto al giusto trattamento. Potrebbe inoltre nellire le procedure, ridimensionare la litigiosità, informare correttamente l'opinione pubblica sulla situazione all'interno delle carceri in modo da superare le emergenze legislative: questi potrebbero essere i compiti del difensore civico. Alcuni esempi:
a) abbreviare i tempi per un ricovero ospedaliero;
b) fornire le informazioni per l'accesso al patrocinio gratuito per i non abbienti;
c) sollecitare l'effettuazione dei lavori necessari per migliorare le condizioni igienico-sanitarie di un istituto;
d) garantire, tramite visite ispettive, una continua verifica del rispetto di standard elevati di trattamento;
e) verificare la congruità e la compatibilità con la legge delle circolari ministeriali;
f) monitorare i regolamenti interni, verificare la loro compatibilità con condizioni dignitose di detenzione e con gli standard europei, la fruibilità da parte degli extracomunitari.
Per assicurare queste, come altre funzioni di controllo della legalità nelle carceri, è assolutamente necessario dotare il difensore civico di un penetrante potere, coordinando e dirigendo il lavoro degli eventuali difensori civici delle persone limitate o private della libertà (a volte definiti garanti) istituiti da regioni e enti locali. All'interno dei suoi rapporti, il Comitato europeo per la prevenzione della tortura, delle pene e trattamenti inumani o degradanti (CPT) ha costantemente sollecitato i governi a dotarsi di organi interni di controllo delle condizioni di detenzione e ha altrettanto spesso utilmente attinto informazioni attendibili dalle relazioni del difensore civico nazionale (o mediateur, o ombudsman, o supervisore). Significative al riguardo sono alcune osservazioni del CPT contenute nel rapporto sulla Danimarca dopo la visita effettuata nel 1990: "La delegazione del CPT ha sentito diverse lamentele circa il sistema penitenziario: alcune riguardavano l'eccessivo tempo utilizzato per esaminare i reclami dei detenuti, altre che il Dipartimento penitenziario accoglieva sempre il punto di vista delle autorità del carcere senza effettuare una seria investigazione. Un'altra lamentela era che, durante le ispezioni del carcere da parte dei responsabili del servizio ispettivo nazionale, i detenuti non avevano l'impressione di dialogare con organismi indipendenti dalle autorità carcerarie (...) Il CPT ritiene auspicabile prevedere ispezioni da parte di specifichi organismi indipendenti a garanzia di un dignitoso trattamento di tutte le persone private della libertà personale". In occasione della tavola rotonda degli Ombudsmen europei, organizzata dal Consiglio d'Europa e tenutasi a Limassol (Cipro) nel maggio 1996, Constantin Economides, allora membro del CPT, ha sottolineato che l'istituto dell'Ombudsman costituisce un qualificato ed utile contributo alla protezione dei diritti delle persone private della libertà personale. Vale la pena, a supporto della proposta di istituire anche nel nostro Paese il difensore civico, segnalare alcune esperienze di altri Paesi, dove esistono simili organismi che hanno avuto un ruolo estremamente positivo. Il Garante dei detenuti esiste in Inghilterra e Scozia dove svolge un ruolo specifico all’interno dell’amministrazione penitenziaria. E’ dotato di ampi poteri di ispezione e tutela dei detenuti dagli abusi dell’amministrazione. Le prerogative del garante inglese e di quello scozzese sono tra le più ampie della UE, anche per via del suo ruolo specifico. I paesi scandinavi generalmente prevedono la figura del garante all’interno delle carte costituzionali e incaricano il parlamento di nominarlo. La figura dell’Ombudsman (creato proprio in Svezia), dispone dei poteri sufficientemente ampi per tutelare i cittadini dagli abusi della pubblica amministrazione. L’organo è collegiale in Finlandia e Svezia, diviso in dipartimenti in Danimarca. L’ombudsman generale (o un dipartimento nel caso della Danimarca) ha riconosciuta la competenza anche per ciò che attiene ai diritti e agli interessi dei soggetti ristretti nella libertà e dispone di poteri sufficientemente ampi per la salvaguardia degli stessi. Data la esiguità della popolazione carceraria, non è stata avvertita l’esigenza di articolazioni locali dell’ufficio. In Francia sul piano locale sono partite delle sperimentazioni finanziate dal Ministero della giustizia che prevedono l’istituzione di uffici locali specializzati nella tutela dei diritti dei detenuti. A seguito di un corso di formazione ai delegati di tali uffici viene attribuita la facoltà di entrare una volta alla settimana in carcere e di presentare semestralmente un rapporto alle autorità governative. In Olanda, sia sul piano nazionale sia sul piano locale, esistono organi indipendenti di supervisione nei luoghi di detenzione. In Belgio e in Austria vi è una maggiore attenzione rispetto alle problematiche connesse alla detenzione in stazioni di polizia rispetto alla detenzione in carcere. Nell’est europeo l’Ombudsman è istituito dalle carte costituzionali. L’ombudsman è un organo collegiale che ha competenza per tutto ciò che attiene alla protezione e alla promozione dei diritti fondamentali. In quasi tutti i paesi dell’est è poi previsto che un dipartimento o singoli funzionari dell’ufficio abbiano competenza in materia penitenziaria, con l’attribuzione di ampi poteri ispettivi e di controllo. In Portogallo dal 1996 opera l'IGAI che dispone di penetranti poteri ispettivi diretti a verificare la legalità dell'operato delle Forze di polizia. La legislazione italiana, almeno allo stato, si presenta carente: non è previsto nell'ordinamento penitenziario un organo indipendente dall'Amministrazione della giustizia avente poteri ispettivi. La presente proposta di legge, tesa all'introduzione del difensore civico delle persone limitate o private della libertà nel nostro ordinamento, risponde alla necessità di colmare le lacune accennate; necessità resa ancor più urgente, in considerazione del Protocollo alla Convenzione Onu contro la tortura e i trattamenti disumani e degradanti che impone agli Stati l’adozione di meccanismi indipendenti di tutela nei luoghi di detenzione. La presente proposta è stata presentata nella tredicesima e nella quattordicesima. Molti enti locali, nel frattempo e in via sperimentale, hanno istituito figure di garanzia dei diritti delle persone limitate o private della libertà. Con la presente proposta di legge tali figure vengono dotate di poteri ispettivi. Il loro lavoro viene inquadrato in quello del difensore civico nazionale.
Infine, la presente proposta di legge tenta di rimediare a una lacuna normativa. La sentenza della Corte costituzionale n. 26 dell'11 febbraio 1999 ha sollevato la questione della insufficiente tutela giurisdizionale dei diritti dei detenuti. La Corte ha infatti sostenuto che il nostro sistema penitenziario non presenta meccanismi procedurali di garanzia per le persone private della libertà personale di fronte ad atti dell'amministrazione penitenziaria lesivi dei loro diritti. La lettura del combinato disposto degli articoli 35 e 69 della legge 26 luglio 1975, n. 354 (ordinamento penitenziario), evidenzia una lacuna di tutela giurisdizionale. Il detenuto puó presentare reclamo al magistrato di sorveglianza, in base all'articolo 35, ma il successivo articolo 69, al comma 6, prevede una procedura giurisdizionalizzata solo per due casi di reclamo, sicuramente non fra i piú ricorrenti nella vita detentiva, ossia: " a) l'attribuzione della qualifica lavorativa, la mercede e la remunerazione, nonché lo svolgimento delle attività di tirocinio e di lavoro e le assicurazioni sociali; b) le condizioni di esercizio del potere disciplinare, la costituzione e la competenza dell'organo disciplinare, la contestazione degli addebiti e la facoltà di discolpa".
Afferma invece la Corte: "Il procedimento che si instaura attraverso l'esercizio del diritto di reclamo, delineato nell'articolo 35 dell'ordinamento penitenziario, nonchè nell'articolo 70 del regolamento di esecuzione (decreto del Presidente della Repubblica 29 aprile 1976, n. 431), é, all'evidenza, privo dei requisiti minimi necessari perchè lo si possa ritenere sufficiente a fornire un mezzo di tutela qualificabile come giurisdizionale. (...) Nulla é previsto circa le modalità di svolgimento della procedura o l'efficacia delle decisioni conseguenti. Solo per il reclamo a coloro i quali, rispetto all'esecuzione delle pene, sono investiti di una specifica responsabilità - l'amministrazione penitenziaria e il magistrato di sorveglianza - é previsto un obbligo di informazione, verso il detenuto che ha presentato il reclamo, (...), un obbligo generico cui non corrisponde alcun rimedio in caso di violazione e che, comunque, é fine a se stesso, non essendo preordinato all'esercizio conseguente di un diritto di impugnativa da parte dell'interessato. E in effetti é consolidata giurisprudenza che la decisione del magistrato é presa de plano, al di fuori cioè di ogni formalità processuale e di ogni contraddittorio; che la decisione che accoglie il reclamo si risolve in una segnalazione o in una sollecitazione all'amministrazione penitenziaria, senza forza giuridica cogente e senza alcuna specifica stabilità, e che avverso la decisione del magistrato di sorveglianza non sono ammessi né ulteriori reclami al tribunale di sorveglianza, nè, soprattutto, il ricorso per cassazione. Da tutto questo si trae che il reclamo di detenuti o internati, ancorché rivolto al magistrato, non si distingue da una semplice doglianza, in assenza di alcun potere dell'interessato di agire in un procedimento che ne consegua. Ció si presenta, senza necessità di alcun'altra considerazione, contrario alla garanzia che la Costituzione prevede nel caso della violazione dei diritti". La persona detenuta vive in una situazione di sofferenza determinata dallo stato di privazione della libertà personale e di movimento. La pena detentiva non deve aggravare le sofferenze inerenti ad essa. La difficile quotidianità della vita in carcere e le altrettanto complesse esigenze connesse al trattamento impongono il riconoscimento dei diritti fondamentali dei detenuti. Il detenuto deve essere considerato soggetto titolare di diritti e di aspettative legittime che egli può tutelare e difendere senza bisogno di mediazioni. A ragione dunque, Giancarlo Zappa, già presidente del Tribunale di sorveglianza di Brescia, nella sua relazione al Convegno internazionale promosso da Antigone sull' Ombudsman e la tutela dei diritti umani delle persone private della libertà personale, tenutosi a Padova nel 1997, esprimeva meraviglia riguardo al fatto che dottrina e giurisprudenza continuassero a negare natura di diritto alle legittime aspettative del detenuto determinate da atti unilaterali dell'amministrazione penitenziaria, atti sui quali peraltro i Tar si erano da tempo dichiarati incompetenti rispetto alle prerogative della magistratura di sorveglianza.
Il diritto alla salute, il diritto alle relazioni affettive, il diritto alla corrispondenza riservata, il diritto alla privacy , il diritto al trattamento non possono essere liberamente disponibili proprio perchè non é sulla loro compressione che deve fondarsi la carcerazione. Anzi, per dare attuazione al dettato costituzionale e cioè affinché la pena sia umana e risocializzante, al detenuto deve essere assicurata integrale tutela dei propri diritti riconosciuti dall'ordinamento. Con la presente proposta di legge si vuole rimediare a questa lacuna normativa nel rispetto della decisione della Corte costituzionale, ed anzi dando compiuto seguito alla espressa sollecitazione che ne é venuta al legislatore. La proposta é costituita da un unico articolo che estende le garanzie giurisdizionali previste all'articolo 69, comma 6, dell'ordinamento penitenziario, a tutti i reclami dei detenuti e degli internati concernenti atti dell'amministrazione penitenziaria lesivi dei loro diritti. La procedura giurisdizionale prescelta é quella di cui all'articolo 14- ter dell'ordinamento penitenziario, già prevista per le altre ipotesi di reclamo al magistrato di sorveglianza su atti dell'amministrazione. Essa assicura il diritto al contraddittorio, il diritto alla difesa ed il diritto al ricorso in cassazione. Ogni diritto violato merita simili garanzie. É ovviamente vero che la nuova tutela giurisdizionale dei diritti dei detenuti sollecitata dalla Corte costituzionale potrebbe indurre un carico di lavoro eccessivo per i magistrati che rischierebbero di essere invasi da istanze di reclamo dei detenuti. Proprio per evitare ció, e per evitare che la tutela giurisdizionale dei diritti dei detenuti si riduca ad un ulteriore aggravio burocratico per i magistrati di sorveglianza, nel formulare questa proposta si ribadisce la necessità di introdurre nel nostro ordinamento figure non giurisdizionali di tutela dei diritti dei detenuti, cosí come prefigurato in diverse proposte di legge presentate sia nella scorsa, che nell’attuale legislatura, alla Camera e al Senato, relativamente all’istituzione del Difensore civico delle persone private della libertà personale, abilitato a svolgere efficacemente un ruolo preventivo, mediatorio e propositivo rispetto alle legittime richieste dei detenuti, cosí riducendo i casi in cui risulti necessario rivolgersi al giudice.
(Oggetto della legge)
1. É istituito il difensore civico delle persone private o limitate della libertà personale, unico su base nazionale e di nomina parlamentare
Art. 2.(Nomina)
1. Il difensore civico delle persone limitate o private della libertà é eletto dalla Camera dei deputati, a maggioranza assoluta dei suoi componenti.
2. Il difensore civico delle persone private della libertà personale é un organo indipendente e dotato di autonomia di azione
Art. 3.(Organizzazione territoriale)
1. Il difensore civico delle persone limitate o private della libertà per l'esercizio delle sue funzioni deve avvalersi degli eventuali difensori civici delle persone limitate o private della libertà istituiti a livello regionale, provinciale o comunale. Questi ultimi sono coordinati e diretti dal difensore civico istituito su base nazionale.
Art. 4.(Funzioni e poteri)
1. Il difensore civico delle persone limitate o private della libertà personale, i componenti del suo ufficio, i difensori civici delle persone private della libertà istituiti a livello regionale, provinciale o comunale, hanno diritto di accesso, anche senza preavviso, in tutti gli istituti penitenziari, gli ospedali psichiatrici giudiziari, gli istituti penali per minori, i centri di detenzione per immigrati, le caserme dei carabinieri e della guardia di finanza, i commissariati di pubblica sicurezza, ove vi sono camere di sicurezza. Quelli regionali o locali sono nei territori di competenza.
2. Durante la visita i soggetti di cui al comma 1 possono visitare qualunque luogo di detenzione ed incontrare chiunque senza restrizioni; se richiesto, possono non essere accompagnati
3. I soggetti di cui al comma 1 hanno diritto di consultare qualsiasi fascicolo personale o cartella medica, anche di detenuti in attesa di giudizio, senza il previo nulla osta dell'Autorità giudiziaria.
4. Il responsabile della struttura, l'amministrazione periferica e centrale hanno l'obbligo di fornire tutte le informazioni richieste, anche per vie informali
5. In caso di mancata risposta alla richiesta di informazioni o chiarimenti, il difensore civico delle persone limitate o private della libertà puó:
a) accedere in qualsiasi ufficio delle strutture di cui al comma 1;
b) esaminare e fare copia dei documenti richiesti, senza che possa essere opposto il segreto di ufficio;
c) convocare il responsabile della struttura detentiva o del comportamento contestato.
6. Il difensore civico delle persone limitate o private della libertà é tenuto al segreto su quanto acquisito da atti esclusi al diritto di accesso o nelle ipotesi di atti riservati. 7. Nel caso in cui venga opposto il segreto di Stato, il difensore civico delle persone private della libertà personale richiede l'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri affinché, entro trenta giorni, confermi o meno l'esistenza del segreto
Art. 5.(Destinatari)
(Attivazione)
(Meccanismi di sanzione)
1. Il difensore civico delle persone private della libertà personale dispone di un potere raccomandatorio.
2. Il difensore civico delle persone private della libertà personale, rispetto ai casi segnalati, ed a seguito di inchiesta, cercherà in prima istanza di svolgere una funzione di persuasione nei confronti dell'amministrazione interessata, affinché si adegui a quanto raccomandato
3. Il funzionario o l'organo competente possono:
a) provvedere nel senso e nei termini indicati dal difensore civico delle persone private della libertà personale;
b) comunicare il loro dissenso motivato.
4. Il difensore civico delle persone private della libertà personale, nei casi di illegittima omissione di provvedimenti dovuti, puó chiedere all'autorità competente l'ottemperanza a quanto segnalato, rivolgendosi ai soggetti superiori gerarchicamente rispetto a quelli rimasti inerti. 5. In caso di riscontrata persistente inadempienza a quanto raccomandato, il difensore civico delle persone limitate o private della libertà emana una dichiarazione pubblica di biasimo, che verrà pubblicizzata tramite i massmedia. 6. Nei casi piú gravi, il difensore civico delle persone private della libertà personale puó richiedere all'autorità competente l'attivazione di un procedimento disciplinare. L'esito del procedimento disciplinare, obbligatoriamente attivato entra trenta giorni dalla ricevuta informazione, deve essere comunicato al difensore civico delle persone private della libertà personale. Art. 8.(Ipotesi di reato)
(Relazione annuale)
1. Il difensore civico delle persone private della libertà personale ha l'obbligo di presentare entro il 30 aprile di ogni anno la propria relazione annuale sull'attività svolta, relativa all'anno precedente, al Parlamento, indicando il tipo e la natura degli interventi messi in atto, gli esiti degli stessi, le risposte dei responsabili delle strutture interessate, le proposte utili a migliorare le condizioni di detenzione, lo stato dei diritti umani negli istituti di pena e negli altri luoghi visitati
2. La relazione annuale é altresí trasmessa al Comitato europeo per la prevenzione della tortura e di ogni altra forma di trattamento inumano, crudele o degradante ed al Comitato ONU contro la tortura.
3. La relazione annuale deve essere trasmessa a tutti i ministeri interessati e da questi divulgata a tutte le strutture periferiche.
4. Nei programmi di formazione delle scuole di tutte le forze di polizia vi deve essere un insegnamento sul sistema delle garanzie poste a tutela dei diritti umani delle persone private della libertà personale e sulla figura del difensore civico
Art. 10.(Collaborazioni)
1. Il difensore civico delle persone private della libertà personale puó avvalersi del contributo di organizzazioni non governative, di centri universitari di studio e ricerca, di associazioni che si occupano di diritti umani e di condizioni di detenzione
Art. 11.(Caratteristiche)
(Durata della carica)
1. Il difensore civico delle persone private della libertà personale rimane in carica per quattro anni non prorogabili.
2. Il difensore civico delle persone private della libertà personale rimane in carica in regime di prorogatio sino alla nomina del suo successore, le cui procedure devono essere attivate almeno due mesi prima della scadenza del mandato
3. Ognuno dei quattro componenti l'organo del difensore civico delle persone private della libertà personale puó essere anticipatamente sostituito in caso di rinuncia all'incarico, di impedimento fisico o psichico, di decesso
Art. 13.
(Cause di impedimento, di incompatibilità1. Il difensore civico delle persone private della libertà personale puó essere sostituito dalla Camera, con la stessa procedura di nomina, a seguito di impedimento fisico o psichico che ne ostacoli l'esercizio delle funzioni o di comportamento non conforme all'incarico svolto.
2. La carica di difensore civico delle persone private della libertà personale é incompatibile con qualsiasi altro incarico governativo, istituzionale, o con l'esercizio di qualsiasi altra attività professionale in conflitto di interessi.. Analogamente vale per gli eventuali difensori civici regionali, provinciali e locali.
3. Nei casi di sopravvenuta incompatibilità si procede alla sua sostituzione.
Art. 14.(Ufficio del difensore civico delle persone private della libertà personale)
1. Alle dipendenze del difensore civico é posto un ufficio composto da dipendenti dello Stato e di altre amministrazioni pubbliche, collocati fuori ruolo nelle forme previste dai rispettivi ordinamenti, il cui servizio presso il medesimo ufficio é equiparato ad ogni effetto di legge a quello prestato nelle rispettive amministrazioni di provenienza. Il relativo contingente é determinato, in misura non superiore a venti unità, su proposta del difensore civico medesimo, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica e con il Ministro per la funzione pubblica, entro novanta giorni dalla data di elezione del difensore civico.
2. Le spese di funzionamento dell'ufficio del difensore civico sono poste a carico di un fondo stanziato a tale scopo nel bilancio dello Stato e iscritto in apposito capitolo dello stato di previsione del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica. Il rendiconto della gestione finanziaria é soggetto al controllo della Corte dei conti.
3. Le norme concernenti l'organizzazione e il funzionamento dell'ufficio del difensore civico, nonché quelle dirette a disciplinare la gestione delle spese, anche in deroga alle disposizioni sulla contabilità generale dello Stato, sono adottate con regolamento emanato con decreto del Presidente della Repubblica, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, sentito il Consiglio di Stato, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, e con il Ministro di grazia e giustizia, e su parere conforme dello stesso difensore civico.
4. Nei casi in cui la natura tecnica o la delicatezza dei problemi lo richiedano, il difensore civico puó avvalersi dell'opera di consulenti, i quali sono remunerati in base alle vigenti tariffe professionali.
5. Al difensore civico compete un'indennità di funzione non inferiore a quella di magistrato di Cassazione, determinata con il regolamento di cui al comma 1, in misura tale da poter essere corrisposta a carico degli ordinari stanziamenti
Art. 15. (Della tutela giurisdizionale dei diritti)1. Il comma 6 dell'articolo 69 della legge 26 luglio 1975, n. 354, é sostituito dal seguente:
" 6. Decide, con ordinanza impugnabile soltanto per Cassazione, secondo la procedura di cui all'articolo 14- ter, sui reclami dei detenuti e degli internati concernenti atti dell'amministrazione penitenziaria lesivi dei loro diritti"