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Clandestini a casa propria, Il Manifesto, 26/11/06

Clandestini a casa propria
La carovana di «cancellati» sloveni al parlamento di Strasburgo. Investita anche la Corte europea
Ali e gli altri sloveni radiati in segreto dai registri di «cittadinanza» e chiusi nei Cpt


Roberto Pignoni *
Novembre, venerdì 17, giornata uggiosa, e dall'interno del Cpt di Postumia, incastonato dalla griglia bianca delle sbarre, il cielo è ancora più grigio. Siamo venuti qui a trovare un amico, Ali Berisha, rinchiuso da una settimana con la moglie e i 5 figli. L'ultimo, Valon, nato prematuro tre mesi fa, giace in una cesta sul pavimento, il viso congestionato, gli occhi chiusi.
Valon non è l'unico bimbo nel Cpt di Postumia. Giusto Catania, europarlamentare della Sinistra europea, si è precipitato qui da Strasburgo e incalza il direttore, il sig. Konc. In sloveno "konec" significa "fine" - my only friend, the end, cantava Jim Morrison. Konc è un funzionario preparato, laureato a pieni voti con una tesi sul «trattamento umano degli stranieri nel processo della loro rimozione dalla Repubblica Slovena».
Il sig. Fine consulta un librone fitto di statistiche. Giusto Catania prende appunti: «È vero che il centro è stato realizzato con fondi europei? Che ci sono minori non accompagnati trattenuti anche per un anno?». Konc annaspa, poi conferma. Il suo aplomb lo perde definitivamente quando ci vede abbracciare Berisha. Ali è una colonna del movimento dei «cancellati» - i cittadini che il 26 febbraio '92, otto mesi dopo l'indipendenza della Slovenia, furono segretamente radiati dai registri di «residenza permanente» della Repubblica perché in possesso solo di documenti jugoslavi. Fino a quel giorno godevano degli stessi diritti degli altri; di punto in bianco persero lavoro, casa, assistenza sanitaria... La morte civile per decine di migliaia di persone.
Per oltre un anno, Ali Berisha rimase all'oscuro della sua nuova condizione. Se ne rese conto nell'estate del '93: al rientro dalle ferie gli confiscarono il passaporto e lo caricarono su un aereo per Tirana. Ali è un rom, nato in Kosovo, con l'Albania non ha niente a che fare: gli albanesi lo rispedirono al mittente. Fu chiuso nel Cpt a Lubiana; dopo qualche giorno evase, si rifugiò in Germania.
I tedeschi non volevano sentir parlare di «cancellati». Affluivano a centinaia dalla Slovenia, ma per ottenere il duldung, la protezione umanitaria, erano costretti a fingersi profughi di qualche zona di guerra. Ali fu classificato «rifugiato dal Kosovo». Del resto, anche l'Italia nega il permesso di soggiorno ai "cancellati": Velimir Dabetic, il giovane di Capodistria incarcerato a giugno per violazione della Bossi-Fini, e assolto dal Tribunale di Mantova (il manifesto 30-7-06), è ancora clandestino, senza documenti.
Un anno e mezzo fa, Ali Berisha è rientrato in Slovenia per far valere le proprie ragioni. La Corte costituzionale aveva più volte accolto le istanze dei "cancellati", proibendo di espellerli e imponendo di reintegrarli nei loro diritti. Nel 2003, ha perfino imposto al parlamento un termine di sei mesi per legiferare in materia: un'indicazione che rimasta lettera morta.
Poco dopo il loro rientro, il governo sloveno ha cercato di rimandandare i Berisha in Germania, dove li attendeva un aereo per il Kosovo. Una tempestiva mobilitazione internazionale impedì la deportazione.
Ali era diventato un personaggio pubblico. In febbraio, quando il governo varò una legge liberticida sull'asilo, fu il primo firmatario di un ricorso alla Corte costituzionale che riuscì a bloccarla. Quest'estate, durante le mobilitazioni antirazziste a cavallo della frontiera, la sua sagoma tondeggiante in calzoncini tirolesi si stagliava su un cocuzzolo davanti al Cpt di Postumia, lanciando al megafono messaggi ai ragazzi imprigionati.
La goccia che ha fatto traboccare il vaso è il ricorso alla Corte di Strasburgo, che Ali ha presentato a luglio insieme ad altri 10 "cancellati". Il ricorso chiama il governo sloveno a rispondere di gravissime violazioni dei diritti umani ed è il risultato del lavoro comune dei "cancellati", di un agguerrito nucleo di universitari lubianesi e degli avvocati italiani coordinati da Anton Giulio Lana. In questi giorni la Corte di Strasburgo ha deciso di esaminarlo con procedura d'urgenza.
Le vicissitudini di Ali mettono in luce le complicità dei governi europei nella "cancellazione", ma anche la rete di alleanze che i "cancellati" hanno consolidato: disobbedienti, Sans Papiers, Amnesty International, metalmeccanici della Fiom, europarlamentari della Sinistra europea...
Un quarto d'ora dopo l'ispezione di Giusto Catania al CPT di Postumia, i Berisha sono stati liberati - in tempo utile per partecipare ai preparativi dell'iniziativa che porterà i "cancellati" a Bruxelles. La carovana partirà domani da Lubiana, facendo scalo al Consiglio Regionale del Friuli Venezia Giulia (alle 10,30) e ai cantieri navali di Monfalcone (alle 12,30). Martedì, i "cancellati" saranno a Parigi: conferenza stampa al Parlamento, seguita da un'iniziativa con i Sans Papiers. Mercoledì 29, infine, entreranno al Parlamento Europeo. Questa volta, per i responsabili delle istituzioni comunitarie, sarà difficile fingere di non vedere.
*Karaula MiR-MigrazioniResistenze