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Italia-Libia, un «dialogo di civiltà», Il Manifesto, 28/11/06

Cooperazione culturale ed economica all'ordine del giorno di un incontro a Tripoli
Italia-Libia, un «dialogo di civiltà»

Stefano Liberti
Tripoli
«Il 2007 sarà l'anno di una svolta storica tra Italia e Libia». Il ministro degli esteri della Jamahiriya Abdurrahman Shalgam non usa mezzi termini. Nell'aprire i lavori del «X incontro italo-libico per la cooperazione culturale scientifica ed economica», l'ex ambasciatore libico a Roma - oggi responsabile delle relazioni con l'estero e della cooperazione internazionale - sottolinea la ritrovata sintonia tra le due sponde del Mediterraneo, dopo il gelo registrato negli ultimi mesi del governo Berlusconi. I tempi bui dello show del ministro Roberto Calderoli, che ha mostrato in televisione la maglietta con le vignette satiriche su Maometto, e della successiva manifestazione virulenta culminata con la distruzione del consolato di Bengasi sembrano lontani anni luce. Oggi, i rapporti italo-libici volgono di nuovo al sereno, soprattutto dopo la conferenza Unione africana-Unione europea su «immigrazione e sviluppo».
Fortemente voluta dall'Italia, la conferenza internazionale si è appena chiusa nella capitale libica; gli striscioni che raccomandano di «consolidare l'economia dei paesi che producono emigranti per mettere fine all'immigrazione illegale» sventolano ancora sulla Piazza verde e sul lungomare baciato da un sole autunnale, un po' oscurati dai ritratti del «leader» che commemora il 37esimo anniversario della rivoluzione. Ma, al di là delle vaghe dichiarazioni d'intenti e delle fumose promesse di un'Europa interessata principalmente a bloccare i flussi migratori dall'Africa, un risultato la conferenza l'ha indubbiamente registrato: il riavvicinamento tra Roma e Tripoli, sancito dal doppio tête-à-tête di Gheddafi con i ministri D'Alema e Amato.
In questo clima di ritrovata comprensione, l'incontro italo-libico - che, per coincidenza, si tiene a due giorni della conferenza Ua-Ue - assume una valenza tutta particolare. L'obiettivo ambizioso che si dà - creare sinergie e collaborazioni in campo culturale, scientifico ed economico - appare improvvisamente realistico. Organizzato dall'Accademica libica in Italia, presieduta dallo stesso Shalgam e coordinata dal professor Ibrahim Magdud, libico d'origine ma palermitano d'adozione, l'incontro registra la partecipazione di una folta delegazione italiana, composta da professori universitari, ricercatori, sindacalisti, rappresentanti di Ong ed esperti vari, e di un altrettanto nutrito gruppo di libici: intellettuali, accademici, avvocati, a rappresentare la società civile di in un Paese che esce da anni d'embargo e appare più che desideroso di aprirsi al mondo.
Le discussioni si muovono in tutte le direzioni. Il dolente punto delle rivendicazioni per i contenziosi ancora aperti dall'epoca coloniale - prima fra tutte, la famosa autostrada costiera dalla Tunisia all'Egitto che un Berlusconi senza freni promise nel 2004 al colonnello Gheddafi - non viene affrontato. Si parla però di cooperazione scientifica - scambi di studenti tra Libia e Italia, creazione di una fondazione universitaria italo-libica -; di micro-credito; di relazioni commerciali. Si parla, anche e soprattutto, di «dialogo di civiltà». In un'epoca dominata dai teorici catastrofisti dello scontro di civiltà e da una campagna di demonizzazione dell'islam che, come ricorda la professoressa Biancamaria Scarcia Amoretti, «è cominciata ben prima dell'11 settembre 2001», si individua la necessità di riattivare gli scambi, far rivivere lo spazio mediterraneo, stabilire - come propone il grande intellettuale Ali Mustapha al-Misrati - una «mappa di comprensione tra Libia e Italia».
Dalla scienza all'economia, si affrontano i problemi e le grandi opportunità offerte dalla Jamahiriya: un Paese che galleggia su un mare di petrolio, ma che produce poco o nulla. «Ripensare questo sistema economico è una priorità», sostiene più di un relatore. La Libia ha i capitali, ma non il know-how. Così, guarda a Nord. In particolare all'Italia, cui rimane legata da un rapporto di amore-odio, oltre che dal cordone ombelicale del gasdotto che la unisce alla costa sicula. Dopo due giorni di discussioni, si sigla un documento finale, in cui si cerca di sistematizzare la congerie di idee e pensieri emersi dai vari partecipanti. E ci si dà appuntamento per una prima verifica ad aprile prossimo quando, grazie all'interessamento dell'Ipalmo, la delegazione si riunirà nuovamente a Roma. Con la speranza che la cooperazione italo-libica non si limiti ai pattugliamenti congiunti delle coste per bloccare gli immigranti, ma possa rilanciare un'amicizia salutare per tutto lo spazio mediterraneo.