Unione divisa. L'authority sui detenuti confluisce nella «Commissione diritti umani»
Un «supergarante» dei diritti umani che assorba al suo interno i compiti di controllo indipendente per le persone private della libertà. E' il colpo di scena venuto alla luce in aula alla camera quando la maggioranza ha approvato il rinvio in commissione affari costituzionali della votazione sulla nuova autorità di garanzia dei detenuti. Nonostante questa figura esista in molti paesi europei e sia espressamente prevista nel programma dell'Unione, l'Italia dei valori non ha nascosto i suoi dubbi temendo un (improbabile) indebolimento della magistratura di sorveglianza.
La soluzione da quella che rischia di essere una grave impasse la immagina il presidente della commissione affari costituzionali Luciano Violante (Ds) rilanciando su una proposta più ambiziosa che prevede di allargare da cinque (come erano in origine) a nove i commissari della nuova authority chiamandola «Commissione nazionale dei diritti umani», potrà esprimersi su qualsiasi atto di governo o parlamento riguardi la tutela dei diritti fondamentali e cinque dei suoi membri si occuperanno specificamente all'attività di garanzia sui diritti delle persone private della libertà. Come ha spiegato lo stesso Violante in aula, la Dichiarazione Onu di Parigi del 1993 «prevede che ogni stato istituisca un garante dei diritti umani, l'Italia è tra i pochi paesi a non averlo fatto e a maggio l'Onu deciderà di istituire un council per affrontare questi problemi». «Il nostro paese - conclude Violante in aula - chiede di far parte di questo gruppo perché al momento è anche nel Consiglio di sicurezza». Ma non può farlo se non c'è una commissione interna ad hoc.
La proposta dunque ha tutta l'aria di un avanzamento, una sorta di treno legislativo da prendere al volo per sanare due gravi mancanze nel nostro ordinamento. Il garante dei detenuti del resto è già previsto in diverse regioni e comuni italiani: manca ora una figura nazionale che possa procedere a controlli indipendenti in galere, Cpt, commissariati, etc., analoghi a quelli consentiti al Comitato europeo per la prevenzione della tortura.
Su un clima apparentemente favorevole però sono scoppiati quasi a ciel sereno da un lato il ripensamento di Forza Italia (che nella scorsa legislatura aveva invece sostenuto la proposta), dall'altro la minaccia di un no dell'Italia dei valori che, soprattutto in senato, potrebbe essere decivisivo. «A palazzo Madama il terreno è sdrucciolevole, la nuova proposta può guadagnare più consensi», assicura un sostenitore del provveidmento come il sottosegretario alla giustizia Luigi Manconi (Ds). A gennaio il nuovo testo dovrebbe essere pronto e potrebbe ricevere la corsia preferenziale da parte del governo e essere così approvato a primavera. Alle perplessità dell'Italia dei valori Graziella Mascia (Prc) risponde che «non sarà una figura simbolica e non entrerà in conflitto con il magistrato di sorveglianza ma andrà a colmare una lacuna del nostro ordinamento istituendo un organismo indipendente con poteri ispettivi».
Qualche dubbio però arriva anche dalle ong. Antigone e Amnesty international, per esempio, pur essendo d'accordo nel merito temono che una proposta così ampia possa incontrare invece più difficoltà: «Stravolgere il testo per metterlo in un calderone più grande fa correre il rischio di una perdita di tempo - dice Patrizio Gonnella di Antigone - la camera invece aveva la possibilità di dire sì in una settimana sia alla legge che proibisce la tortura sia al garante dei detenuti, dando così un segnale di svolta rispetto a vent'anni di inadempienze». Dubbioso ma anche lui «con speranza» anche Antonio Marchesi di Amnesty: «Sono perplesso, se il lungo lavoro sul garante dei detenuti può agevolare la commissione sui diritti umani ben venga, tuttavia se non ci sono le condizioni penso sia meglio tornare al testo originario sottoscritto nel programma dell'Unione».