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Eurispes: all'Italia il record degli irregolari, Metropoli, 29/01/07

Eurispes: all'Italia
il record di irregolari

L'Italia ha il primato europeo di immigrati privi di permesso di soggiorno (circa 700.000), ed è anche uno dei paesi con la più alta percentuale di extracomunitari (rispetto al totale) e di immigrati disoccupati o sottoccupati. E' l'analisi del rapporto Eurispes "Italia 2007", che fotografa e analizza la realtà italiana in tutte le sue componenti. Il rapporto ricorda come il disagio abitativo rimanga uno dei problemi maggiori degli stranieri e di come siano aumentati gli acquisti di case e i matrimoni misti

ROMA - L'Italia è ancora il primo paese europeo per il numero, assoluto e relativo, di immigrati irregolari, così come è uno dei paesi con la più alta percentuale di extracomunitari sul totale degli immigrati e d'immigrati disoccupati e sottoccupati. Emerge dal rapporto Eurispes “Italia 2007”, che analizza e fotografa la realtà italiana. Secondo gli ultimi dati, poco meno della metà (47%) degli stranieri con un lavoro regolare è impiegata nel settore terziario (servizi domestici e alla persona, alberghi, ristorazione, commercio, imprese di pulizia, portinerie, sanità), oltre un quarto (26%) è inserito nel settore secondario (cave e miniere, edilizia, fonderie, ceramifici e, specialmente nelle regioni settentrionali, piccola e media industria) e un altro ottavo (12%) lavora nel primario (agricoltura e pesca).

Gli stranieri dell'Europa orientale si collocano come prima componente dell'immigrazione italiana rappresentando il 33% degli individui residenti al 1° gennaio 2006. All'interno di questo gruppo si posizionano al primo posto l'Albania e la Romania con un peso rispettivamente del 13,1% e dell'11,1% sul totale. I paesi dell'Africa del Nord, invece, si collocano al secondo posto con il 19,4%. È la Romania a registrare l'aumento più vistoso decuplicando la presenza di immigrati; al contrario sono gli immigrati provenienti dai paesi dell'ex-Jugoslavia e quelli giunti dalla Tunisia e dall'Egitto a registrare gli incrementi minori. In relazione alle aree geografiche di provenienza, sempre più numerosi sono gli stranieri provenienti da paesi dell'Europa Orientale, seguiti da quelli arrivati dagli Stati latinoamericani (i peruviani sono cresciuti di sei volte) e dall'Asia (i cinesi registrano un indice per il 2003 di 526, mentre gli immigrati provenienti dal Bangladesh presentano un indice di 539).

Il disagio abitativo continua a essere uno dei principali problemi. Sono fino a 860.000 le persone straniere che vivono in situazioni e condizioni di disagio o quantomeno di “precarietà anagrafica” per motivi immobiliari (circa 250.000), cioè legalmente soggiornanti ma impossibilitati a iscriversi in Comune come residenti. Per circa il 12-15% degli immigrati, il problema della casa è stato risolto con l'acquisto dell'immobile in cui essi vanno ad abitare divenendone proprietari (secondo la stima più alta, 506.000 persone): solo nel 2005 sono stati 116.000 coloro che hanno acquistato un alloggio (addirittura il 20% a Roma); mentre il 72% vive in case in affitto.

Si stanno inoltre diffondendo agenzie immobiliari gestite da stranieri e specializzate in servizi di consulenza per la compravendita. Generalmente gli extracomunitari tendono ad acquistare in gruppi di tre o quattro persone, dividendosi in questo modo la rata del mutuo, ed evitano di comprare nelle zone popolate da immigrati per meglio radicarsi nel tessuto sociale italiano.

Gli immigrati, per quanto riguarda l'affitto, subiscono un tipo di canone “speciale” con un incremento del prezzo pari al 10%-20% rispetto agli affitti pagati dagli italiani e sono sottoposti a particolari discriminazioni: la maggior parte dei proprietari di case non affitta a stranieri o affitta dietro pretesa di un costo aggiuntivo, e in alcuni casi anche di una fideiussione bancaria; il più delle volte l'affitto è transitorio e in nero

Decisamente in controtendenza rispetto ai matrimoni fra italiani – in costante diminuzione, 32,4%, con un decremento medio annuo dell'1,1% – appaiono i cosiddetti “matrimoni misti”. Tanto è vero che se negli anni '90 la contrazione dei matrimoni fra italiani è diventata costante, la percentuale, al contrario, di matrimoni misti passa dal 3,3% del 1993 al 14,3% del 2005. I matrimoni tra uomini italiani e donne straniere sono quindi più che raddoppiati (da 6 a 12mila nel decennio 1992-2003).

La composizione dei matrimoni misti evidenzia che nella maggior parte dei casi (59,1%, pari a 21.210) si tratta di uomini italiani che sposano donne straniere; seguono i matrimoni tra due coniugi stranieri (27,45%), che passano da 1.600 del 1995 a 8.793 nel 2005, mentre scende al 13,4% (4.809 in valori assoluti), l'incidenza delle nozze tra donne italiane e uomini stranieri. Gli uomini italiani, diversamente dalle donne, intorno ai 40 anni sposano, prevalentemente, straniere con circa 10 anni di meno. Le donne, invece, preferiscono in genere uno sposo straniero coetaneo.

La solidità dei matrimoni misti è comunque piuttosto bassa. Il valore percentuale dei divorzi e delle separazioni si aggira attorno all'80%. In pratica una coppia mista su tre si separa e il tasso di divorzio è circa il doppio di quello italiano. Il tasso di fallimento di questi matrimoni, comunque, sembra suggerire il fatto che molte coppie non siano all'altezza della sfida del rapporto interculturale.

(da Redattore sociale)