Free cookie consent management tool by TermsFeed Policy Generator Le mille facce del lavoro nero, meltingpot.org, 14/06/07

Le mille facce del lavoro nero, meltingpot.org, 14/06/07

Le mille facce del lavoro nero

L’esempio dell’edilizia

Il lavoro nero non è solo quello che solitamente definiamo come lavoro prestato al di fuori della normativa contrattuale, ma investe una più ampia sfera di situazioni in cui solitamente a rimetterci è il lavoratore, soprattutto se immigrato. Ad essere coinvolti non sono solamente gli immigrati clandestini, ma anche chi possiede un regolare permesso di soggiorno, dato che dal lavoro dipende la permanenza stessa nel paese.


Molte forme di lavoro nero sono ben visibili nel settore dell’edilizia, dove lavorano tanti migranti provenienti da differenti paesi di origine. Le verifiche effettuate da parte dei vari Ispettorati del lavoro hanno nel tempo portato i proprietari delle ditte ad escogitare nuove strategie per eludere i controlli, senza naturalmente prendere in considerazione la possibilità di regolarizzare i lavoratori all’interno dei propri cantieri.

Come viene reclutata, innanzitutto, la manodopera a basso prezzo?
La figura che svolge questo compito viene comunemente chiamata caporale .Il caporale, molto spesso, non è il capo squadra del cantiere, ma colui che si occupa di ricercare personale per la ditta. In ogni città il caporale agisce con modalità e in luoghi differenti a seconda delle situazioni, anche se, trattandosi spesso di sfruttamento di manodopera clandestina, i luoghi di ritrovo devono essere poco visibili e nascosti agli occhi della città in cui opera. Fino a poco tempo fa il caporale era solito reclutare i dipendenti all’alba, in alcuni luoghi prestabiliti. La contrattazione delle modalità di lavoro per l’intera giornata avveniva direttamente lì. Questa strategia, in molte città, è ormai superata poiché questi luoghi d’incontro, nel tempo, sono cominciati ad essere troppo visibili agli occhi dei passanti che si trovavano nelle vicinanze, e di conseguenza portati all’attenzione mediatica. Ma il fatto di non vedere più i cosiddetti “furgoni della vergogna” non significa di certo che il fenomeno sia esaurito. I caporali ora si incontrano nei bar, in posti più protetti, e contattano i lavoratori attraverso l’uso dei telefoni cellulari, specialmente scambiando sms che permettono, almeno per il momento, una riservatezza maggiore. Infatti è attraverso i messaggi che si perfeziona l’accordo rispetto all’ora in cui trovarsi, il prezzo per la giornata, il cantiere da raggiungere.
Fino a qualche anno fa gli operai clandestini, nonostante fossero disposti ad affrontare rischi e pericoli, avevano almeno la certezza di avere una paga, anche se misera, insignificante, contraria ad ogni tabella sindacale, appena sufficiente per mangiare. Ora la situazione è peggiorata perchè i caporali e i proprietari delle ditte hanno imparato a sfruttare la Legge Bossi-Fini a proprio vantaggio. I clandestini, per mesi, non ricevono la paga, e quando la reclamano per rivendicare i loro diritti la risposta è lapidaria:“Non ti pago e se vuoi denunciami pure”.

Dall’altra parte, come si tutelano i proprietari delle ditte da eventuali controlli e conseguenti sanzioni per lo sfruttamento della manodopera clandestina?
Il fenomeno è recidivo e va tenuto in considerazione il fatto che risulta più conveniente pagare sanzioni piuttosto che risarcire ai lavoratori le cifre che realmente spettano loro per il lavoro svolto. I titolari delle imprese edili si sono muniti in questi anni di alcune precauzioni : chiedono ai lavoratori di portare loro una fotocopia del permesso di soggiorno di un connazionale e una foto-tessera. Il datore di lavoro mette la foto-tessera del lavoratore sopra il permesso di soggiorno del connazionale e ne ricava una nuova fotocopia. Addirittura molti proprietari hanno già a loro disposizione fotocopie di permessi di soggiorno, così basta chiedere al lavoratore solamente la foto. In questo modo, per ogni eventuale controllo, i datori di lavoro sono tutelati: il lavoratore ha dato loro il permesso di soggiorno e quindi non sussiste sfruttamento della manodopera clandestina. Per il datore di lavoro il lavoratore soggiorna regolarmente in Italia. Uno degli ultimi escamotage è quello di chiedere al lavoratore la partita Iva di un connazionale. In questo modo la loro tutela si duplica, al loro servizio non hanno più un operaio ma un lavoratore autonomo, al quale, al momento del pagamento, possono persino richiedere una fattura. Altra strategia per non pagarlo: “Se non mi porti la fattura non posso pagarti”.

Come vanno le cose invece per chi ha un regolare permesso di soggiorno?
Attualmente è quasi impossibile lavorare come dipendenti presso un cantiere edile. I proprietari delle imprese richiedono lavoratori autonomi con partita Iva perchè un regolare contratto di lavoro è, dicono, troppo costoso e poco conveniente. Per questo nell’ultimo anno si è registrato un incremento di imprese nel settore dell’edilizia. Di fatto i nuovi artigiani continuano a svolgere le stesse mansioni, ad essere dipendenti a tutti gli effetti senza però che gli vengano più pagate le ferie, i contributi Inps e l’assicurazione Inail. Inoltre, a volte, le ditte non vogliono fatture per il lavoro svolto, così che oltre a non far quadrare i conti all’artigiano e a mascherare situazioni che di fatto sono di lavoro nero, mettono in serio pericolo il rinnovo del permesso di soggiorno che richiede il requisito di un reddito minimo e quindi la dimostrazione di determinate entrate economiche. Chi si ritrova in questa condizione è costretto ad emettere fatture cercando altri modi, spesso pagando un’altra ditta che si presta al gioco.
Per chi invece rinuncia a diventare artigiano continua la situazione di lavoro in nero. Il datore di lavoro si tutela dall’accusa di sfruttamento della manodopera clandestina avendo in mano il permesso di soggiorno del lavoratore e al lavoratore rimane come unica possibilità quella di comprare presso un’altra ditta un contratto di lavoro che gli possa permettere di rinnovare poi il permesso di soggiorno.

Le tutele offerte vanno a vantaggio dei datori di lavoro più che dei lavoratori, come d’altronde era già chiaro ormai da tempo. Non è tutelato il lavoratore, né che si tratti di clandestino, né di straniero regolarmente soggiornante in Italia. Gli escamotage e le nuove strategie che i datori di lavoro, possedendo una conoscenza maggiore del territorio e delle normative presenti in materia di edilizia, adottano e inventano con una regolarità quasi impressionante, negano la possibilità di condizioni di vita decenti. Soprattutto considerando il fatto che tantissime imprese edilizie vivono proprio grazie a questi lavoratori. Il problema è che fino a quando il soggiorno nel nostro paese sarà vincolato ad un contratto di lavoro, i vari aspetti del lavoro nero continueranno ad evolversi e ad inventarsi per aggirare la normativa presente, riempendo le tasche dell’economia sommersa. Fino a quando esisteranno persone che possono essere ricattate usando la legge ci saranno forme di sfruttamento. Fino a quando non ci sarà il diritto di difendersi assisteremo alle diverse forme di schiavitù moderna.

Redazione Melting Pot Reggio Emilia