Via Anelli un anno dopo, dal muro alla gabbia attorno al ghetto vuoto
A giorni lo sgombero definitivo del Bronx di Padova. E ora si apre la vera partita: chi speculerà di più sugli immobili?
Ernesto Milanesi
Padova Via Anelli, un anno dopo. Il «muro» che ha fatto, letteralmente, il giro del mondo è ancora lì. Del Bronx di Padova rimane il simulacro: sei palazzine vuote di mini appartamenti inagibili. I migranti sono diventati inquilini di alloggi pubblici in centro a ridosso delle mura cinquecentesche come nei complessi Ater dei nuovi quartieri. In via De Besi (la stradina che confina con il complesso verde marcio) c'è ancora la recinzione di lamiera più fotografata e telegenica del pianeta. Dall'altra parte, si procede all'ultimo sgombero (al civico 29): precede la «celebrazione» della definitiva chiusura del ghetto affidata a Moni Ovadia con la banda civica.
Dopo un anno, Padova prende atto della realtà. Il «muro» ha diviso la città, la sinistra, i movimenti. Se ne profila all'orizzonte un altro, ben più consistente e resistente: una «gabbia» circonderà l'intero condominio di via Anelli diventato un'area di cantiere da proteggere in vista del piano di riqualificazione. Un'operazione che la giunta Zanonato (l'embrione dei «democratici», due correnti dello Sdi, la Civica e il Prc, senza più i Verdi dal 2005) dovrà gestire insieme ai proprietari. Il comune ha in «portafoglio» un centinaio dei quasi 300 «loculi» di via Anelli. Alloggi di 28 metri quadri, che in passato erano arrivati a rendere più di mille euro al mese di affitto in nero, incassati tramite amministratori compiacenti da piccole immobiliari e padroncini di mezzo Veneto. Il nuovo accordo di programma (firmato con Regione, Ater e Esu) ridisegna la cubatura di via Anelli con almeno il 51% di residenziale, più alloggi per gli studenti universitari, negozi e uffici. Sarà un'altra impresa per l'Amministrazione, come sembrava una missione impossibile svuotare il Bronx e dare un tetto dignitoso a centinaia di famiglie migranti assediate nel «supermarket della droga».
Il «caso via Anelli» risale agli anni '90. Le prostitute (italiane) ai proprietari dei mini rendevano meno delle bande di malviventi. Padova aveva lo stesso sindaco e una giunta di centrosinistra. Ma ai margini della città, forse, faceva comodo concentrare la nuova geografia del crimine che ereditava i traffici dalla mala di Felicetto Maniero. Anche allora esplose d'improvviso la guerra per bande con tanto di elicottero a volteggiare sul cielo. In cinque anni di centrodestra, la novità fu l'apertura del commissariato di polizia giusto di fronte al Bronx di Padova. Il 5 marzo 2005, invece, la nuova giunta Zanonato comincia a liberare la prima palazzina di via Anelli. Con un'ordinanza motivata dalle condizioni igienico-sanitarie. I proprietari reagiscono: raffica di ricorsi, ma il comune procede. Gli sgomberi si replicano il 15/11/2005 e il 15/3/2006: la bonifica di via Anelli è giusto a metà del guado, quando la situazione torna di colpo fuori controllo.
La sera del 26 luglio 2006 si era innescata una vera e propria guerra fra magrebini e nigeriani. Al tramonto scatta il primo regolamento di conti. Spuntano bastoni e coltelli, volano elettrodomestici, comincia la caccia all'uomo. E' l'inizio dell'allarme rosso in via Anelli: due giornate di panico. I magrebini si danno appuntamento in riva al Piovego: si muove un vero e proprio corteo. Armati di mazze da baseball, pronti a scatenare la rabbia sui nigeriani che avevano preso di mira il locale del cortile adibito a moschea. Fino a mattina succede di tutto. Cariche con i lacrimogeni per disperdere l'assalto. Un nigeriano resta comunque a terra, con il braccio squarciato. Arrivano i vigili del fuoco con le fotoelettriche: dentro via Anelli le forze dell'ordine effettuano un controllo a tappeto. L'intero quartiere della Stanga viene isolato. I magrebini si disperdono fra i binari della ferrovia e la periferia. I nigeriani restano «prigionieri» nelle sei palazzine. Dalle finestre vola un chilo di cocaina, arrivano i blindati. Notte in bianco per questore Alessandro Marangoni e il sindaco Ds, Flavio Zanonato. Il bilancio è impressionante: 21 magrebini arrestati per devastazione, saccheggio e violenza; 174 nigeriani identificati, di cui 22 trasferiti nei Cpt per l'espulsione; sequestrati due chili di droga e l'arsenale con mannaie, machete e roncole.
In piena estate, Padova finisce sotto i riflettori. Il «muro» diventa l'icona mediatica di via Anelli, dove «fioriscono» i check point di cemento a protezione della zona off limits per tutti: clienti e spacciatori, auto e curiosi. Massima emergenza di ordine pubblico, drastiche misure adottate anche dal comune che accende la videosorveglianza e pianifica la bonifica del Bronx, dopo i primi sgomberi. Zanonato sindaco del «muro» debutta nell'occhio di bue della scena nazionale: è la sicurezza declinata all'ombra della Quercia. Daniela Ruffini, assessore alla casa e all'immigrazione del Prc, ogni giorno è in via Anelli «in trincea» insieme al ministro Paolo Ferrero. Lo scenario, per altro, era già ben descritto dal libro-inchiesta «Ai margini della città. Forme del controllo e risorse sociali del nuovo ghetto» (Carocci). Un drappello di ricercatori (precari) dell'Università di Padova aveva scandagliato le palazzine di via Anelli. Devi Sacchetto ricorda: «A partire dal 2004, ci siamo misurati su più fronti. Una ricerca sulle delibere del comune, mettendo a confronto le scelte delle giunte di centrosinistra e centrodestra. Un'inchiesta vera e propria: contatti diretti, osservazione sul campo, giornate e serate intere vissute lì. Infine, ci siamo misurati con il ghetto costruito mediaticamente e con le politiche di sicurezza».
Il 28 ottobre 2006 il comune svuota la quarta palazzina, «accompagnando» le famiglie degli extracomunitari nel trasloco. Sul filo del rasoio, in assenza dell'intesa nero su bianco con il governatore Giancarlo Galan, il 31 marzo si inizia anche il quinto sgombero. L'ultimo, definitivo e sancito dall'accordo con la Regione è in calendario dal 16 luglio. Un anno dopo, via Anelli non è più il Bronx.
Era il peggior inferno che potesse produrre il Veneto. Nordextra, il crocevia di vite disperate. Lavoratori immigrati con famiglie e bambini ostaggio dei pusher al servizio dei tossici all'ultimo stadio, dei professionisti in Mercedes e delle principessine con il cognome tedesco. Via Anelli è stato anche il catasto del cinismo speculativo: economia immobiliare, pura rendita spesso senza contabilità nelle partite Iva. Per lustri, l'altra faccia della medaglia. Tutto marcio, rotto, violato, devastato. Porte scardinate, sporcizia accumulata, garage diventati fogne a cielo aperto, scale come dormitori di fortuna, violenza che si respira ad ogni angolo.
Estate 2007: via Anelli si prepara a diventare un guscio. Solo specchio dell'indecenza. Vuoto a perdere, come l'anima nera di Padova. Sei palazzine di frontiera ingabbiate dalla più moderna recinzione da cantiere. Un anno dopo, la sicurezza dipende solo dalla «riqualificazione urbanistica» sulle macerie del ghetto. Di muri ne serviranno ancora...