Mentre tutti discutono dei provvedimenti contro i lavavetri, la politica dimentica la legge Bossi Fini
A dir la verità, l’ordinanza che a Firenze, la Giunta di centro-sinistra ha messo in campo contro i lavavetri, non ha certo il sapore di una novità.
Se oggi l’oggetto dell’attenzione è chi ai semafori cerca di guadagnare qualche spicciolo, nei mesi scorsi, al centro della scena erano finite prostitute, “accattoni”, Rom e Sinti: ogni città, ogni amministrazione, ha intrapreso la sua piccola battaglia contro il degrado individuando in questo o quel soggetto il problema da eliminare.
Come nelle altre occasioni, il provvedimento di turno, porta con se anche lo strascico di dichiarazioni, prese di posizioni, divergenze e plausi che vengono offerti dal dibattito politico. Non mancano le dichiarazioni di intenti, a volte superficiali, come quelle secondando cui, provvedimenti di questo tipo potrebbero servire ad eliminare il racket e lo sfruttamento, altre aberranti come quelle di chi definisce quello di Firenze “un provvedimento per evitare di diventare razzisti”. In altre parole, un provvedimento razzista che dovrebbe evitare proprio la diffidenza e l’ostilità nei confronti dei migranti.
Il confronto si gioca, come ormai accade da tempo, sempre e solo sul terreno della sicurezza. Si parla dell’efficacia e dell’opportunità dei provvedimenti, soffocando nel vortice securitario i nodi veri della discussione.
Il quadro complessivo, la sequenza ormai inarrestabile di ordinanze, regolamenti, azioni, intraprese dalle amministrazioni e dal governo centrale è così teso a produrre l’idea che le contraddizioni e i problemi che attraversano le nostre città, vadano affrontati con la politica del divieto e della proibizione.
Il rischio insomma è quello di far digerire questo dibattito come fosse l’unica strada con cui guardare alle vicende del nostro tempo. Non di meno, quello di aprire spazi per i crescenti episodi di razzismo e discriminazione che vengono registrati.
Ma guardando complessivamente a quello che sta avvenendo in questi tempi, non possiamo non rilevare come tutte queste vicende omettano sempre le questioni cruciali che sono invece i punti chiave, le prospettive privilegiate da cui guardare ciò che ci sta intorno.
Se le nostre città si trovano travolte da una presunta “invasione” che ne minaccerebbe lo stato di salute, cioè, molto più semplicemente, se le città che abitiamo si ritrovano più che mai attraversate da fenomeni sociali legati alla povertà, alla discriminazione, alla non-accoglienza, basta spostare lo sguardo verso Sud per trovare le coste bagnate dal mediterraneo travolte invece dalla vera emergenza, quella legata ai viaggi disperati che attraversano i nostri mari, ai respingimenti, all’assenza di canali legali d’accesso al nostro paese, quella per cui chi salva un naufrago può trovarsi imputato in un processo ingiusto.
Se il nostro paese è ormai costellato da una infinità di micro-provvedimenti repressivi, è soprattutto orfano di una proposta vera, efficace e giusta in materia di immigrazione. Ancora la legge Bossi Fini è in vigore, mentre la proposta Amato Ferrero, impantanata nel suo farraginoso iter parlamentare, non sembra essere in grado di dare prospettive di inversione di tendenza.
Città più sicure? Cominciamo cambiando le leggi che producono discriminazione e povertà. Ma il dibattito politico questo sembra sempre scordarlo.