Free cookie consent management tool by TermsFeed Policy Generator Lavoro nero e morti bianche, i più esposti sono i migranti, Liberazione, 16/11/07

Lavoro nero e morti bianche, i più esposti sono i migranti, Liberazione, 16/11/07

Lavoro nero e morti bianche, i più esposti sono i migranti
A furia di dipingere il migrante come un nemico, l'Italia è diventata un paese strabico. Un paese dove se in una tragica giornata di fine ottobre un balordo di origini romene ammazza una donna italiana, si scatena la caccia al romeno; e poco importa che di nazionalità romena è anche la donna che ha denunciato l'assassino. Se invece a morire è un migrante, magari appena ventenne, come l'operaio caduto ieri da un'impalcatura in una fabbrica di Brescia, nessuno se ne cura. Per conformismo o per convenienza, si nascondono verità scomode. Come la statistica che vede gli stranieri, specie se irregolari, sempre più spesso vittime di incidenti sul lavoro o sfruttati nell'economia sommersa.
Da qui nasce l'iniziativa di alcune associazioni Onlus che ieri a Roma hanno proposto la creazione di un comitato per contrastare il lavoro nero e per dotare di maggiori tutele i migranti vittime di infortuni e i loro familiari. «Gli incidenti sul lavoro colpiscono di più i lavoratori stranieri - ha spiegato l'avvocato Arturo Salerni - perché sono impiegati in lavori più gravosi, hanno problemi con la lingua, carenza di formazione e sono sottoposti a stress maggiori». Il migrante vive una condizione di debolezza sociale che lo espone di più al ricatto del posto di lavoro. Colpa anche dell'attuale legislazione, che costringe parecchi migranti irregolari a lavorare in nero. Il risultato è che gli incidenti denunciati, tranne quando ci scappa il morto, sono molti meno di quelli che effettivamente si verificano. Per questo le associazioni chiedono al governo la creazione di un fondo apposito per quei migranti vittime di infortuni ma privi di assicurazione e per i loro familiari. Servono inoltre interventi sui permessi di soggiorno: spesso infatti i familiari di chi muore sul lavoro, anche se costui era in regola, incontrano enormi difficoltà per entrare in Italia e partecipare ad eventuali azioni giudiziarie. E' stato fatto l'esempio del Bangladesh, dove il documento di identità che viene rilasciato su dichiarazione individuale non viene riconosciuto dalle ambasciate italiane.
Secondo Piergiovanni Alleva, docente di diritto del lavoro all'Università di Ancona, «è dalla lotta al sommerso che bisogna partire». Gli incentivi, osserva Alleva, non hanno funzionato. Allora una strada può essere quella dell'«autotutela collettiva e individuale», per cui il migrante impiegato al nero che denuncia la propria condizione deve avere diritto al permesso di soggiorno.
Rosa Rinaldi, sottosegretaria al Lavoro, ha sottolineato i positivi risultati ottenuti dal governo su questo fronte: «Grazie alle nuove norme, come quella che impone la comunicazione obbligatoria dell'assunzione 24 ore prima o come quella che prevede il sequestro dei cantieri con almeno il 20% di manodopera non in regola, siamo riusciti nel periodo agosto 2006-settembre 2007 a far emergere dal "nero" 170mila operai».
Stefano Galieni, responsabile immigrazione del Prc, propone di «lavorare molto sulla prevenzione oltre che sul danno procurato. Se non si decide una sanatoria generalizzata per tutti quelli che vivono e lavorano in Italia sarà impossibile - avverte - attuare una reale emersione del lavoro nero».
Il dibattito, a cui hanno partecipato anche migranti e rappresentanti di alcune comunità straniere, è stato concluso dal ministro della Solidarietà Sociale, Paolo Ferrero, salutato da un caloroso applauso: «La modifica della Bossi-Fini è la condizione - ha detto Ferrero - per ricostruire la possibilità per i lavoratori migranti di far valere i propri diritti e quindi di unificare il mondo del lavoro». Il ministro ha sottolineato, a questo proposito, alcuni dei punti della nuova legge sull'immigrazione, attualmente all'esame della Camera, tra cui il ritorno dello sponsor individuale e l'abolizione del contratto di soggiorno, «per cui non ci sarà più un rapporto così stretto tra rapporto di lavoro e permesso di soggiorno». Inoltre se hai almeno 18 mesi di permanenza regolare e diventi clandestino puoi tornare a essere regolare con un meccanismo di emersioni. Ferrero ha anche ricordato l'altro disegno di legge all'attenzione della Camera, quello che stabilisce che un lavoratore clandestino che denuncia il proprio datore di lavoro per supersfruttamento potrà avere diritto al permesso di soggiorno.