Free cookie consent management tool by TermsFeed Policy Generator Galere d'Italia, di Patrizio Gonnella, Il Manifesto, 2 aprile 2009

Galere d'Italia, di Patrizio Gonnella, Il Manifesto, 2 aprile 2009

Erano 60.036 il 26 febbraio. Sono oggi 61.003. I detenuti aumentano a ritmi incontrollabili, insostenibili dall’attuale amministrazione penitenziaria. Negli ultimi due anni e mezzo la popolazione detenuta è cresciuta in maniera esponenziale. Venticinquemila  nuovi detenuti in trenta mesi. Un record giustificabile solo se corrispondesse al vero uno dei tre seguenti assiomi:
1) è aumentata la criminalità;
2) è aumentato il contrasto da parte delle forze dell’ordine;
3) è aumentata la criminalizzazione.
Posto che tutte le statistiche aggiornate confermano che il numero complessivo dei reati denunciati è in calo, posto che è rimasto sostanzialmente stabile il numero di nuovi ingressi dalla libertà indice di una ordinaria attività delle forze di polizia, è evidente che la crescita dei detenuti è dovuta, come direbbero i giuristi, al combinato disposto criminalizzante di tre leggi oramai andate a regime: la Bossi-fini sull’immigrazione, la Fini-Giovanardi sulle droghe, la ex Cirielli sulla recidiva; si iniziano ora a vedere i risultati in termini di repressione penale e carceraria. Sono leggi approvate una nel 2002 e le restanti due a cavallo tra il 2005 e il 2006. Visto che in Italia un processo penale dura in media tre-quattro anni, si spiega perché solo ora si subiscono gli effetti inflattivi di quelle tre leggi. Esse  prevedono in sequenza: reclusione per lo straniero non comunitario che contravviene all’ordine di espulsione, pena aumentata se si è irregolari (questa è una novità dell’estate del 2008), equiparazione ai fini del trattamento penale del consumatore abituale di droghe leggere allo spacciatore di droghe pesanti, aumento delle pene per chi traffica sostanze stupefacenti, più pene e meno benefici per i pluri-recidivi. Quasi due detenuti su cinque sono dentro per motivi legati alla criminalizzazione dell’uso delle droghe. Per tutte queste ragioni accade che il sovraffollamento raggiunge cifre da capogiro. Il tasso di sovraffollamento supera il 190% in Emilia Romagna, la regione peggio messa d’Italia, il 160% in Veneto, il 153% in Lombardia, il 150% in Puglia. Nelle prigioni emiliane i posti letto regolamentari sono 2274 e i detenuti presenti oltre quattro mila e 300, quasi il doppio. Carlo Giovanardi, sottosegretario con delega alle tossicodipendenze, nonché autore dell’omonima infausta legge sulle droghe insieme a Gianfranco Fini, è di recente andato a visitare il carcere di  Modena. Immaginiamo che sicuramente avrà visto come per terra, nelle celle, vi sono materassi e coperte, perché i letti non sono sufficienti. Allo stesso modo accade dappertutto in giro per l’Italia. A Bolzano i detenuti vivono in dieci in una cella dove faticano a muoversi; i termosifoni non funzionano, e Bolzano non è proprio un luogo dove in inverno fa caldo. A Bari, dove invece è sicuramente più caldo, l’estate prossima sarà molto dura visto che in una cella prevista per un detenuto (nove metri quadri) ce ne sono ben cinque. In Basilicata è stato chiesto di non inviare più detenuti da altre regioni avendo raggiunto il limite massimo di capienza tollerabile. Al carcere Marassi di Genova si arriva fino a sette persone in dodici metri quadri. I detenuti sono 700 rispetto ai 340 previsti. A Marassi i detenuti fanno i turni per stare in piedi, per frequentare le scuole ma anche per accedere agli impianti sportivi durante le ore d’aria. In Campania vi sono due mila detenuti in più rispetto alla capienza regolamentare. Nel 2009 si sono registrati già tre suicidi.  Il caso paradigmatico è costituito da Poggioreale con mille e duecento detenuti in più rispetto alla capienza globale di mille e quattrocento posti letto. Oramai è difficile stare anche in piedi. Così nel caos passa inosservata la morte nel carcere di Foggia di Leonardo Di Modugno, venticinquenne, impiccatosi nella sua cella. Contro il sovraffollamento protestano gli agenti di tutte le sigle sindacali, dall’Osapp alla Cgil. Un po’meno quelli del Sappe. Il più rappresentativo dei sindacati di polizia, che spesso stipula patti di ferro con i ministri di turno. Indimenticabile per ilarità quello con Oliviero Diliberto, laddove il poliziotto Donato Capece chiedeva a Cossutta di non uscire dal governo ai tempi della guerra in Kosovo perché non si poteva rischiare di perdere un ministro così bravo e così dalla parte della Polizia. Fu lui infatti, per noi questo è altresì indimenticabile, a cacciare da capo del dipartimento dell’amministrazione penitenziaria Sandro Margara, magistrato, gentiluomo, garantista.
In una situazione come quella attuale serve un controllo esterno, indipendente delle condizioni di detenzione. Vista la latitanza parlamentare noi abbiamo costituito il nostro difensore civico (Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.). Si moltiplicano le segnalazioni, molte legate agli effetti negativi del sovraffollamento: trasferimenti coatti in luoghi lontani da casa, assenza di progetti educativi, riduzione al minimo dei rapporti con gli operatori. E poi la violenza. Quella istituzionale e quella individuale. Di fronte a tutto questo è minimalista, inutile e sbagliato puntare sull’edilizia penitenziaria come fanno il ministro Angelino Alfano e il nuovo capo del Dap, nonché commissario straordinario alla costruzione di nuove carceri, Franco Ionta. Minimalista perché non si affrontano i nodi profondi del sovraffollamento, ossia l’ipertrofia penale. Inutile perché per costruire un carcere ci vogliono un tempo così lungo e così tanti soldi che non si arriverà mai a risolvere il problema del sovraffollamento se contemporanemente continuano a crescere i detenuti. Sbagliato perché bisognerebbe puntare decisamente sulla depenalizzazione, sulla de-criminalizzazione e sulla de-carcerizzazione. Di fronte all’emergenza carceraria o a casi come quello del detenuto suicidatosi Velletri (nel solo mese di marzo ben dieci detenuti si sono tolti la vita), dentro per furto e in stato di depressione, va costruito un movimento di opinione che ci aiuti a fare resistenza all’ondata di follia repressiva. Facciamo un invito a intellettuali, uomini dello spettacolo, politici, giornalisti: andate in carcere e vedete cosa è oggi una galera e raccontatelo all’esterno. Scriveteci, noi saremo con voi.

* Presidente di Antigone